Il principio di indeterminazione

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Nella storia dello sviluppo economico, i maggiori fattori di progresso sono stati le innovazioni tecnologiche e l’aumento degli scambi commerciali.

Nei vent’anni che chiamiamo globalizzazione l’integrazione delle economie si è amplificata, le esportazioni sono arrivate a valere quaranta volte il valore di un secolo fa. Negli anni più recenti il commercio internazionale ha perso vigore, al dato fisiologico dello spostamento della spesa dei consumatori dai beni ai servizi, si aggiungono le crescenti tensioni geopolitiche e le interruzioni delle catene di approvvigionamento.

Il conflitto in Medio Oriente e la recente crisi nello Yemen amplificano i rischi di escalation, ulteriore ipoteca sulla crescita globale.

Eppure, trarre dalle condizioni economiche e dallo scenario geopolitico conclusioni negative sarebbe altrettanto azzardato che scommettere su un 2024 replica dell’anno precedente.

“Se conosciamo in modo preciso il presente, possiamo prevedere il futuro. Di questa affermazione, non è falsa la conclusione, ma la premessa” in quanto, in linea di principio, non è possibile conoscere il presente in tutti i suoi dettagli. Il fisico Werner Karl Heisenberg smontava così il principio deterministico secondo il quale i fenomeni sono originati da relazioni di completa conoscibilità causale. Infatti, scrive Heisenberg, “le leggi naturali non consentono la piena determinazione di ciò che accade nello spazio e nel tempo; l’accadere […] è piuttosto rimesso al gioco del caso”.

I mercati finanziari presentano dinamiche che non sono prevedibili con precisione.

Le previsioni dell’Economist per il 2020 non facevano nessun riferimento al Covid-19 né quelle del 2022 alla guerra in Ucraina. Non si tratta di errori, semplicemente entrambi i fenomeni non erano prevedibili a una determinata data.

L’inizio di ogni anno finanziario è sempre sotto il segno dell’imprevedibilità, alcune delle dinamiche che hanno favorito il recupero dei mercati nell’ultima parte dell’anno scorso potrebbero proseguire nel 2024.

Cominciando dalla geopolitica, le prime dichiarazioni del governo cinese al risultato di Taiwan mostrano un cambiamento nei toni, ora l’accento è sul calo dei consensi del Partito Democratico Progressista che “non può assolutamente rappresentare l’opinione pubblica dell’isola”. Le pressioni cinesi su Taiwan continueranno ma saranno soprattutto ad uso interno, se il nuovo premier William Lai Ching-te non farà passi formali verso l’indipendenza e verrà mantenuto lo status quo, è interesse anche della Cina non spingere sull’acceleratore, almeno fino alle elezioni americane e confidando nella vittoria di Trump.

Negli ultimi anni l’economia globale ha dato prova di notevole elasticità, ha tenuto botta al peggioramento delle condizioni finanziarie e geopolitiche generali, il PIL globale ha superato i livelli pre-pandemia, il sistema manifatturiero ha riorganizzato la logistica, una resistenza che potrebbe proseguire nei prossimi mesi.

Un altro elemento positivo è offerto dalla vivacità del settore tecnologico.

L’entusiasmo per l’intelligenza artificiale generativa ha spinto il mercato azionario nel 2023. È molto probabile che la ricerca continuerà a svilupparsi e la domanda a crescere, siamo all’inizio di una corsa pluriennale che trasformerà l’intelligenza artificiale in una tecnologia onnipresente.

Non essere investiti nella tecnologia, in modo particolare nelle Big Seven, sarebbe stato un errore esiziale per le performance del 2023; per l’investitore il settore tecnologico è diventato quasi un settore difensivo, per le aziende l’intelligenza artificiale generativa costituirà l’indispensabile investimento nel miglioramento dei processi e nell’aumento della produttività.

Il settore è sorretto da almeno tre elementi di forza:

  • gli investitori hanno cercato azioni grandi, liquide, sicure e relativamente economiche;
  • c’è stata preoccupazione per la crescita economica e una buona parte di questi nomi si basa su ricavi sensibili dal punto di vista economico;
  • nel maggio 2023 si sono visti i risultati del lancio di Chat GPT alla fine dello scorso anno, uno dei maggiori successi, anche in termini economici, degli ultimi anni.

Certo, le valutazioni delle Big Seven sono eccessive rispetto al resto del mercato: lo S&P 500 tratta a 18 volte gli utili previsti per il 2024, più della media degli ultimi trent’anni, ma con l’indice equamente ponderato gli utili trattano a 14 volte, un valore che si pone nella parte inferiore dell’intervallo medio degli ultimi trent’anni.

Il settore tecnologico resta sugli scudi, nel 2024 è probabile che altre società si affianchino alle Big Seven; ci sono molte società “Tier 2”, meno note al grande pubblico e attive nell’intelligenza artificiale applicata ad ambiti dalle grandi potenzialità come la sanità, le spedizioni, lo storage e il Software as a Service (SaaS) che si rivolge principalmente alle piccole e medie imprese.

Il modesto premio al rischio azionario, ovvero l’eccesso di rendimento richiesto per attività rischiose rispetto al rendimento di un’attività sicura, non ha dissuaso dal continuare a scommettere sulle azioni; nella prospettiva del lungo termine i temi ai quali volgere l’attenzione sono a nostro giudizio le potenzialità del settore tecnologico americano e le opportunità di crescita di mercati emergenti e Cina. Le strategie multi-asset rispondono all’indeterminazione coprendo con la diversificazione tutte le basi, all’allocazione azionaria, motore di performance, si affiancano gli investimenti che hanno la funzione di attenuare la volatilità. Guardiamo con favore al credito, alle cartolarizzazioni, al debito subordinato, alle obbligazioni legate alle assicurazioni (Cat Bond), alle obbligazioni governative di buona qualità.