Le Mid-Small Cap hanno le carte in regola per sovraperformare il mercato

Andrea Randone, Head of Mid Small Cap Research di Intermonte -

· Performance (+). Il mercato azionario italiano (prezzi al 17 gennaio 2024) ha registrato una performance negativa dello 0,8% nell’ultimo mese ed è in calo dello 0,9% su base annua. L’indice FTSE Italy Mid-Cap (+0,5%) ha sovraperformato l’indice principale dell’1,3% nell’ultimo mese (-0,1% su base annua), mentre l’indice FTSE Italy Small Caps (+0,8%) ha registrato una performance dell’1,6% superiore al mercato e del -2,6% su base relativa dall’inizio del 2024. Guardando alle performance delle mid/small cap in Europa, l’indice MSCI Europe Small Caps è sceso del 2,7% nell’ultimo mese, registrando una performance peggiore rispetto alle mid/small cap italiane.

· Stime (=). Dall’inizio del 2024, abbiamo attuato una revisione al ribasso del -0,2/-0,3% delle nostre stime sugli EPS per il 2023/2024; concentrandoci sulla nostra copertura mid/small cap, invece, abbiamo lasciato invariate le stime sugli EPS per il 2023, mentre abbiamo ridotto quelle 2024 di un importo simile (-0,3%). In particolare, nell’ultimo mese le variazioni sono rimaste pressoché inalterate.

· Valutazioni (+). Se confrontiamo la performance YtD con la variazione delle stime per l’esercizio ‘23 nello stesso periodo, vediamo che i titoli del FTSE MIB hanno registrato un de-rating YtD dello 0,6% (invertendo il trend positivo registrato un mese fa); le mid-cap hanno registrato un de-rating dell’1,0%, mentre le small-cap del 3,8%. Su base P/E, il nostro panel è scambiato con un premio del 33% rispetto alle large cap, ben al di sopra del premio medio storico (17%), ma leggermente al di sotto del livello di un mese fa (35%).

· Liquidità (+/-). Osservando l’andamento degli indici ufficiali italiani, notiamo che la liquidità delle large cap nell’ultimo mese (misurata moltiplicando i volumi medi per i prezzi medi in un determinato periodo) è superiore del 15% rispetto allo stesso periodo di un anno fa ed è in crescita del 6,9% a livello annuale. Il quadro è più preoccupante per le mid/small cap: nello specifico, la liquidità per le mid cap è scesa del 6,6% YoY, mentre per le small cap è scesa del 6,3% YoY, nonostante il miglioramento dell’ultimo mese, dovuto soprattutto a una significativa rimodulazione di portafoglio.

· Strategia d’investimento. All’interno dello strategy report che abbiamo recentemente presentato, abbiamo illustrato le nostre previsioni per un calo graduale dei tassi d’interesse nel corso del primo semestre del 2024, un allentamento della stretta monetaria da parte delle Banche Centrali che potrebbe essere meno aggressivo di quanto attualmente previsto dal mercato. Nonostante le tensioni geopolitiche e la performance positiva registrata dai mercati nel 2023, la nostra view sul mercato italiano resta costruttiva: ci aspettiamo che le mid/small cap riacquistino slancio dopo la sottoperformance del 2023, generata dalla rotazione di portafoglio (dai titoli Growth a quelli Value) e dai riscatti dei fondi PIR. Riteniamo che all’interno di questo segmento vi siano ancora titoli con ottime prospettive di crescita e valutazioni interessanti. In particolare, le nostre preferenze vanno ai titoli con un’elevata visibilità sulle stime e modelli di business resilienti, come le società legate alla trasformazione digitale, le utility, alcuni industriali legati a piani di investimento a lungo termine e i consumer che godono di un forte posizionamento e di un buon pricing power. Le operazioni di M&A potrebbero tornare a interessare quei titoli che generano abbondante liquidità e sono alla ricerca di opportunità di crescita, così come le società che sono un possibile target per acquisizioni o delisting.

I deflussi dai PIR sono proseguiti anche in ottobre

Nella sua revisione trimestrale del 22 novembre 2023, Assogestioni ha pubblicato i dati aggiornati sulla raccolta PIR del terzo trimestre ‘23. Nel corso del trimestre, i PIR ordinari hanno registrato deflussi per 731 milioni di euro, mentre i PIR alternativi hanno registrato afflussi per 7,5 milioni di euro. In termini di AuM, i PIR ordinari hanno gestito 16,3 miliardi di euro, mentre 1,5 miliardi di euro sono stati investiti in fondi PIR alternativi.

Secondo l’Osservatorio PIR del Sole 24 Ore, i dati sui deflussi in ottobre e novembre sono rimasti poco incoraggianti, rispettivamente pari a -172,1 milioni di euro e -153,8 milioni di euro, portando i deflussi dei primi undici mesi dell’anno a un totale di 2,48 miliardi di euro.

Ricordiamo che le caratteristiche del PIR 3.0 sono le seguenti: almeno il 70% del fondo deve essere investito in titoli emessi da società quotate italiane o comunitarie con stabile organizzazione in Italia; di questo 70%, il 25% (cioè il 17,5% del totale del fondo) deve essere investito in titoli non presenti nell’indice principale (FTSE MIB nel caso di titoli quotati in Italia). La principale novità del nuovo regolamento è un investimento minimo obbligatorio del 5% del 70% (o del 3,5% del fondo totale) in small cap non quotate né nel FTSE MIB né nel FTSE MID. Questa misura dovrebbe convogliare i flussi verso un universo di piccole imprese che si prevede possano trarre particolare beneficio dal rinnovato interesse degli investitori. La nuova normativa consente inoltre ai fondi pensione italiani di investire fino al 10% del loro patrimonio in fondi PIR. Il beneficio fiscale (invariato) riguarda ancora l’eliminazione dell’imposta sulle plusvalenze a condizione che l’investimento sia stato mantenuto nel fondo per almeno 5 anni.

Il PIR alternativo è un wrapper con benefici fiscali simili a quelli del PIR (esenzione fiscale delle plusvalenze per gli investimenti detenuti per almeno 5 anni) e a sua volta è in grado di investire in ELTIF, fondi di private equity o fondi di private debt. A causa degli investimenti in attività illiquide (più vicine all’economia reale ma più rischiose), gli investitori affluent sono i clienti target. L’importo massimo investibile all’anno è di 300.000 euro per persona (contro i 40.000 euro dei PIR) fino a un massimo cumulativo di 1,5 milioni di euro per persona. Inoltre, il limite di concentrazione (cioè il massimo investimento cumulativo in un singolo titolo) è stato fissato al 20% (il 10% è il limite per i normali fondi PIR).

Questi strumenti alternativi sarebbero infatti adatti a superare la volatilità del mercato, dato il loro impegno a lungo termine, e sono complementari ai fondi PIR in senso più ampio (sono pensati per investitori semi-professionali piuttosto che retail).

Le nostre stime per i PIR ordinari rischiano, ancora una volta, di essere troppo ottimistiche

I dati di Assogestioni relativi ai primi nove mesi del 2023 mostrano 2.156 milioni di euro di deflussi e i dati preliminari di mercato relativi ad ottobre e novembre confermano questo trend negativo. Al momento prevediamo deflussi pari a 2,5 miliardi di euro, ma è probabile che i dati si dimostrino ancora peggiori.

Se si guarda alle ragioni dei riscatti dai fondi PIR, si può certamente ipotizzare che molti investitori, per via delle performance positive alla scadenza dei 5 anni (periodo di investimento minimo necessario per godere dei benefici fiscali sulle plusvalenze), abbiano deciso di incassare per poter indirizzare i propri risparmi verso altri fondi e mercati.

Una nota positiva è rappresentata dalla recente approvazione da parte del governo italiano di un nuovo emendamento che consente agli investitori di detenere più di un piano di risparmio personale (PIR). Il piano non comporterà alcun costo aggiuntivo per il governo, poiché il tetto di investimento di 40.000 euro all’anno per persona (o 200.000 euro in 5 anni) rimane invariato. Accogliamo con grande favore questa iniziativa, che ci auguriamo possa rilanciare gli afflussi verso i fondi PIR, in quanto il vantaggio di diversificare su più prodotti PIR potrebbe aumentare gli investimenti dei singoli.

Nel lungo termine, ci aspettiamo che l’interesse per questo prodotto rimanga piuttosto elevato grazie al beneficio fiscale e, dal punto di vista del distributore, al fatto di poter contare su un impegno a lungo termine da parte dell’investitore.

Le principali ipotesi alla base delle nostre attuali stime sono le seguenti:

Per il 2023, ipotizziamo una raccolta lorda di nuovi sottoscrittori di PIR pari a 50 milioni di euro;
Per quanti sottoscrivono Pir in modo continuativo, prevediamo che la raccolta complessiva nel secondo anno sarà pari a una parte della somma accantonata nel primo anno (dal 35% al 40% nel nostro modello); nei restanti anni (cioè dal terzo al quinto anno) prevediamo una raccolta stabile, pari in media al 50% degli investimenti effettuati nel secondo anno;
Infine, calcoliamo che l’ammontare del capitale che verrà ritirato dagli investitori che decideranno di uscire dal fondo sarà pari al ~18% degli Assets under Management nel 2023.