Decreto sulle Comunità per le Energie Rinnovabili. Contributo a fondo perduto. E l’energia nucleare?

Andrea Franceschi -

LE COMUNITA’ ENERGETICHE, L’IDROGENO E IL NUCLEARE

di Andrea Franceschi — 

E’ in arrivo entro fine mese dal GSE il regolamento attuativo del decreto sulle Comunità per le Energie Rinnovabili, che concede un’agevolazione tariffaria a famiglie, individui e PMI che si associano per produrre, consumare, scambiare e vendere l’energia in eccesso per uso privato da fonti rinnovabili. A ciò si aggiunge un contributo a fondo perduto fino al 40% dell’investimento sostenuto nei comuni fino a 5.000 abitanti. Il budget è elevato: 5,7 miliardi di euro, di cui 2,2 miliardi a fondo perduto finanziati dal PNRR. Si stimano 20.000 comunità potenzialmente interessate (target prosumer) per una capacità installata di 7 Gigawatt.

Consultazione pubblica

E’ inoltre in corso una consultazione pubblica sulla bozza di decreto attuativo dedicato all’incentivazione della produzione di idrogeno strutturato come contratto per differenza (Cfd), ovvero se il prezzo di contratto (cioè il valore economico minimo della quota di produzione assegnata) è inferiore al prezzo di riferimento fissato dal decreto (5 euro/kg o 4 euro/kg a seconda che l’impianto abbia una potenza maggiore o minore di 10MKw; bioidrogeno 3 euro/Kg), il Gse dovrà pagare la differenza ai produttori e viceversa. Si tratta della principale misura per stimolare gli investimenti nei settori dell’Hard to Abate e dei trasporti, con l’obiettivo di accelerare l’introduzione dell’idrogeno rinnovabile come vettore energetico.

L’energia nucleare

Per quanto riguarda l’energia nucleare e in particolare le nuove centrali nucleari, l’Europa è spaccata in due e ci sono diversi Paesi che non credono nelle potenzialità delle mini centrali. In realtà, 12 dei 27 Stati membri dell’UE ospitano centrali nucleari. La Francia è il leader indiscusso con i suoi 19 impianti e 56 reattori. Sul lato opposto del fiume abbiamo la Germania come leader tra coloro che hanno deciso di voltare le spalle al nucleare, che anche nel bel mezzo della crisi del gas russo ha confermato la sua decisione di puntare tutto sulle energie rinnovabili.

Secondo uno studio presentato al Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, da Edison, Ansaldo Nucleare, Enea, Politecnico di Milano e Nomisma Energia, “si potrebbero costruire 15-20 mini centrali, con l’apertura del primo cantiere nel 2030, da completare nel 2035, e da lì un nuovo reattore all’anno. L’operazione movimenterebbe oltre 100 miliardi di euro di fatturato (compreso l’indotto) per sostituire i combustibili fossili”, ma non tutti credono nel potenziale delle mini-centrali. Il think tank indipendente Electricity&Gas sostiene (discutibilmente) che si tratta di “una tecnologia che comporta tutti i problemi di sicurezza di una centrale a fissione nucleare e di smaltimento delle scorie. E che, in ogni caso, è ancora a livello sperimentale”.