Polizze vita, stop dell’Ivass alle clausole vessatorie

di David Canaletto -

Le compagnie non potranno più inserire nei contratti previsioni troppo onerose per i consumatori

I contenuti di una dura condanna, inflitta dalla Corte di Cassazione nei confronti di una compagnia di assicurazione (sentenza n. 17024 dello scorso 20 agosto), sono stati fatti propri dall’authority di controllo del mercato assicurativo (Ivass), che ha recentemente emanato un’apposita lettera al mercato. Nella missiva l’Ivass invia alle compagnie il perentorio invito a recepire le indicazioni della sentenza in occasione della stesura di clausole da inserire nei nuovi contratti di assicurazione sulla vita e, per i contratti già in essere, di attenersi al contenuto della sentenza in caso di richieste di risarcimento.

La sentenza della Corte riguardava il rifiuto, da parte di una compagnia, di corrispondere un indennizzo per una polizza vita in conseguenza della morte dell’assicurato, avvenuta 15 giorni dopo la stipula del contratto, a causa di un ictus. Le argomentazioni processuali sostenute a favore della compagnia sono state ritenute dai giudici singolarmente gravose e nel complesso “…formano un cocktail giugulatorio ed opprimente per il beneficiario senza alcun reale vantaggio per l’assicuratore, che non sia quello di frapporre formalistici ostacoli al pagamento dell’indennizzo…”.

Dietro l’eccessivo formalismo c’era dunque l’interesse della compagnia a ritardare o non liquidare un rischio assicurato (per esempio con la consegna cartelle cliniche relative a ricoveri della persona deceduta non soggetta a limiti temporali e quindi di “notevole latitudine”).

Il rifiuto ai beneficiari del pagamento della somma assicurata dipendeva dalla presunzione addotta dall’ufficio liquidazione che il contraente, al momento della stipula del contratto, avesse mentito sul proprio stato di salute. Inoltre il beneficiario non aveva allegato alla sua richiesta alcuni documenti ritenuti necessari da un apposito articolo delle condizioni di polizza, tra cui la relazione medica sulle cause della morte, e la dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà dimostrante la sua qualità di erede.

Quell’articolo è stato così ritenuto nullo, sia dal giudice di appello che dalla Cassazione, le relative clausole sono state giudicate vessatorie ai sensi della legge a tutela del consumatore.

Alla luce della sentenza della Cassazione, le cui motivazioni sono state fatte proprie in toto dall’Ivass, gli adempimenti eccessivamente onerosi da non richiedere in futuro ai beneficiari dopo la morte dell’assicurato sono i seguenti:

a) sottoscrivere una domanda su apposito modulo predisposto dall’assicuratore, e per di più farlo presso l’agenzia di competenza;
b) produrre una relazione medica sulle cause della morte, scritta da un medico su un modulo predisposto dall’assicuratore;
c) produrre una dichiarazione del medico autore della relazione di cui sopra, nella quale questi attesti di avere “personalmente curato le risposte”;
d) produrre, a semplice richiesta dell’assicuratore, le cartelle cliniche relative ai ricoveri subiti dall’assicurato;
e) produrre un atto notorio “riguardante lo stato successorio” dell’assicurato deceduto;
f) produrre l’originale della polizza.