Buoni AF, nuova tegola per Poste Italiane

Rosaria Barrile -
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L’Arbitro bancario ha ribadito che, in determinate condizioni, ai fini del rimborso di un buono fruttifero fa fede quanto riportato sul documento cartaceo anche nel caso in cui un decreto ministeriale sia intervenuto per tagliare i tassi. Come per un buono della Serie AF rimborsato allo sportello alle condizioni della serie AA1…

Ennesima tirata d’orecchie a Poste Italiane da parte dell’Arbitro bancario finanziario che continua a ribadire come nel caso dei Buoni fruttiferi postali, nel conteggio degli interessi da rimborsare ai risparmiatori, fa fede quanto riportato sul documento cartaceo consegnato al momento dell’emissione del buono. Un principio più volte sottolineato dallo stesso arbitro in occasione dei numerosi ricorsi presentati dai risparmiatori per ottenere il rimborso integrale di alcuni buoni postali il cui rendimento era stato ridotto in maniera retroattiva attraverso un decreto ministeriale entrato in vigore nel 1986.

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Nel caso specifico, il Collegio di Roma, attraverso la decisione nr. 2465 del 9 marzo 2017 ma pubblicata solo poche settimane fa, ha dato ragione ad un risparmiatore che si era visto negare il rimborso di un Buono fruttifero postale emesso nel 2001, del valore di un milione di vecchie lire, recante sul retro le seguenti indicazioni: “l’importo raddoppia dopo 9 anni e 6 mesi e triplica dopo 14 anni al lordo delle ritenute erariali”.

Poste invece lo aveva rimborsato sulla base delle condizioni peggiorative approvate attraverso un decreto precedente all’emissione del buono. A quel punto il risparmiatore si è rivolto all’Arbitro per chiedere che gli fosse pagato da Poste l’importo esatto derivante dalla tabella riportata sul retro del buono in suo possesso.

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Perché Poste Italiane rifiuta di rimborsare l’importo?
Davanti all’Arbitro Poste Italiane ha dichiarato che il buono contestato emesso in data 6 giugno 2001 e del valore di Lit. 1.000.000, appartiene alla serie “serie AA2” anche se sul retro reca la stampigliatura dei tassi della serie “AF”.

Il D.M. Ministero del Tesoro del 19 dicembre 2000, pubblicato su Gazzetta Ufficiale n.300 del 27/12/2000, istitutivo dei BFP della serie AA2, dispone che i titoli appartenenti alla “serie AA1”, siano liquidati, in linea capitale e interessi, al termine del sesto anno successivo a quello di emissione; alla scadenza di questo periodo è riconosciuto all’avente diritto, unitamente al capitale, un interesse lordo pari al 35% del capitale sottoscritto. A decorrere dalla data di introduzione della nuova normativa, i rendimenti e le condizioni dei BFP sono state riportate nei fogli informativi rilasciati all’atto dell’emissione dei buoni e pubblicati anche sul sito internet www.cassadep.it. In particolare secondo Poste Italiane, nel Foglio Informativo, relativo alla “serie AA1”, sono riportati i termini di scadenza e i rendimenti riconosciuti alla scadenza di ogni bimestre maturato.

Ma l’Arbitro ha accolto la domanda del risparmiatore condannando Poste Italiane a rimborsare il buono secondo le indicazioni previste invece per i buoni della serie AF.

La sottoscrizione del buono da parte del risparmiatore è in effetti avvenuta successivamente all’emanazione del D.M. Ministero del Tesoro del 19/12/2000 (pubblicato sulla GU n.300 del 27/12/2000), istitutivo dei BFP della serie AA2, il quale ha disposto che i titoli appartenenti alla “serie AA1” siano liquidati, come indicato da Poste.

Ma nel caso in esame, sul titolo in possesso del risparmiatore non è neppure indicata l’appartenenza alla serie AA1, mentre sul retro sono riportate le condizioni di rimborso previste per la serie “AF”, in base alle quali “l’importo raddoppia dopo 9 anni e 6 mesi e triplica dopo 14 anni al lordo delle ritenute erariali. Se riscosso prima, matura gli interessi lordi del buono ordinario meno mezzo punto”. In pratica la stessa riconducibilità del titolo alla serie interessata dal provvedimento normativo, la AA1, non era addirittura in alcun modo percepibile dal sottoscrittore.

In pratica, la differenza tra quanto indicato dal decreto ministeriale e quanto indicato sui buoni offerti in sottoscrizione dall’ufficio postale, sicuramente configura una responsabilità tutta interna all’amministrazione di Poste, ma non si applica al contratto siglato con il risparmiatore: l’accordo tra quest’ultimo e le Poste non poteva infatti avere ad oggetto un contenuto diverso da quello invece riportato dai buoni consegnati allo sportello.

Il Collegio ha quindi accolto il ricorso condannando Poste a provvedere sia al rimborso secondo quanto indicato sul titolo, detratto quanto già eventualmente corrisposto al risparmiatore, sia al pagamento alla Banca d’Italia delle spese relative alla procedura, incluse quelle già versate dal risparmiatore e pari a 20 euro.