Giappone, la possibile morte dell’abenomics

Alex Lee -
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In un paese in cui il primo ministro tende ad avere vita breve, Shinzo Abe ha riscosso un enorme successo. Dalla sua elezione nel 2012, ha governato una fase di stabilità senza precedenti. La sua agenda di riforme economiche, la cosiddetta “Abenomics”, si è dimostrata uno strumento potente, riuscendo a stimolare una forte crescita dell’economia e l’aumento dei prezzi delle attività. Sotto l’egida di Abe, l’indice azionario giapponese Topix è quasi raddoppiato. Oggi, però, la sua stella è in declino e i mercati ne risentono.

La popolarità del primo ministro si è deteriorata dopo che Abe è rimasto coinvolto in una serie di scandali e ha promosso alcune politiche sociali controverse. Nel corso dell’estate, il suo indice di gradimento è sceso in caduta libera, avvicinandosi a livelli da cui nessun primo ministro nella storia recente del Giappone si è mai ripreso. Molti operatori del mercato sembrano presumere che Abe recupererà il terreno perduto mantenendo intatta la sua leadership, ma non è affatto scontato che sia così.

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Il suo calo di popolarità si è verificato in una fase cruciale del calendario politico giapponese. Non è da escludere che, se Abe dovesse perdere il posto, anche il governatore della Bank of Japan, Haruhiko Kuroda, seguirebbe la sua stessa sorte. In questo caso, entrambi gli artefici delle politiche reflazionistiche in Giappone sarebbero fuori dai giochi. Potremmo quindi andare incontro a un inasprimento della politica monetaria, che provocherebbe un rialzo dei tassi d’interesse, il rafforzamento dello yen e l’indebolimento dei mercati azionari, quantomeno a breve termine.

La posta in gioco è alta. Abe ha svolto un ruolo chiave nella formazione dell’attuale consiglio della Bank of Japan, di orientamento accomodante. Nel 2012, ha vinto le elezioni sostenendo un’agenda reflazionistica in campagna elettorale e, una volta insediato, ha fatto pressioni sulla Bank of Japan perché allentasse la politica monetaria. Ha nominato Kuroda governatore nel marzo 2013 e questi ha adottato misure di allentamento qualitativo e quantitativo, espandendo significativamente il bilancio della banca centrale. Se Abe dovesse dimettersi, ci aspettiamo una politica meno accomodante dal suo successore.

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Detto questo, malgrado la recente stabilità dello scenario politico e l’espansionismo monetario abbiano sostenuto l’economia e i mercati giapponesi, non sono stati l’unico fattore favorevole. La crescita globale, la riforma della corporate governance e un mercato del lavoro sempre più contratto hanno dato un contributo ancora maggiore. L’incertezza politica potrebbe innescare una fase di volatilità dei mercati nei mesi a venire, soprattutto sul piano valutario. Ciononostante, riteniamo che l’economia sia fondamentalmente solida, mentre una correzione del mercato potrebbe rappresentare un’occasione conveniente per acquistare titoli azionari giapponesi.

È importante ricordare che, secondo il nostro scenario di base, Abe supererà la crisi, Kuroda resterà governatore della banca centrale e lo scenario politico si manterrà stabile fino al 2021. Abe ha già iniziato la sua controffensiva con un rimpasto di governo ad agosto e il solido andamento dell’economia nazionale dovrebbe giovargli, benché il rischio di turbolenze politiche resti comunque elevato.

Il primo ministro Abe ha indetto elezioni anticipate, che si terranno il 22 ottobre. Quali sono le ragioni di questa decisione? E quali potrebbero essere le implicazioni?

Perché il primo ministro Abe ha indetto elezioni anticipate?
Nel 2014, Abe aveva già indetto elezioni anticipate, quando mancavano ancora più di due anni alla scadenza naturale del mandato. Al tempo, la popolarità del premier aveva iniziato a offuscarsi e crescevano le critiche nei confronti della sua “Abenomics”, ritenuta inefficace. Il Partito Liberal Democratico (PLD) di Abe ha vinto quelle elezioni di un buon margine e il risultato è servito al leader di governo per riconsolidare il suo potere.
Trascorsi due anni, la situazione è di nuovo simile, anche se più estremizzata. L’indice di gradimento di Abe è crollato nel corso dell’estate e circola il dubbio insistente riguardo al fatto che l’attuale primo ministro sia ancora la persona giusta per guidare il paese. Indubbiamente, Abe è alla ricerca di un modo per tornare nuovamente a consolidare la sua base di potere e mettere a tacere i bastian contrari. Una vittoria elettorale potrebbe garantirgli proprio questo, mettendolo in una posizione forte in vista delle elezioni per la leadership del suo partito che si terranno il prossimo anno.

Perché proprio ora?
I tempi potrebbero essere maturi per Abe.
In primo luogo, il suo indice di gradimento è in parte risalito nelle ultime settimane, ma non è detto che questo sia un dato acquisito e ora il primo ministro potrebbe cercare di sfruttare la recente ripresa. La sua popolarità è tornata a crescere dopo il rimpasto di governo, ma raramente questo tipo di recupero è fatto per durare. Anche la recente escalation delle tensioni geopolitiche con la Corea del Nord ha contribuito a rafforzare il consenso nei confronti di Abe. Ma, anche in questo caso, è difficile dire quanto durerà.
In secondo luogo, gli avversari sono deboli. La principale formazione di opposizione, il Partito Democratico del Giappone (PDG), è allo sbaraglio. Ha cambiato leader numerose volte negli ultimi anni e ha un pessimo gradimento.
Qualche sorpresa potrebbe riservarla il partito fondato di recente dal governatore di Tokyo, la signora Koike. Brandendo lo slogan “Tokyo al primo posto”, Koike ha sorpreso tutti infliggendo una sonora sconfitta al Partito Liberal Democratico nelle elezioni di Tokyo lo scorso luglio, trascinando l’elettorato a esprimersi contro il PLD fino ad allora al governo. Nello stesso giorno in cui Abe ha annunciato
l’intenzione di indire nuove elezioni, Koike ha fatto sapere che darà battaglia al partito del premier su scala nazionale con la sua nuova formazione, il “Partito della speranza”. Resta da vedere se avrà tempo a sufficienza per reclutare un numero di candidati credibili tale da mettere in difficoltà il PLD alle prossime elezioni. In ogni caso, visto il risultato ottenuto a Tokyo dalla signora Koike, il suo partito non dovrebbe essere sottovalutato.

Quali sono le implicazioni?
La questione non è tanto se il Partito Liberal Democratico di Abe vincerà o meno le elezioni. La vittoria è pressoché garantita, poiché l’unico grande partito di opposizione, il PDG, in questo momento non riscuote grandi consensi tra l’elettorato. L’aspetto da considerare è piuttosto la qualità del risultato che il PLD otterrà alle elezioni.
Se Abe vince e il suo partito conserva una maggioranza prossima ai livelli attuali, il PLD dovrà prendere atto che la guida di Abe continua a riscuotere la fiducia e il sostegno del popolo giapponese. In questo caso, le principali fazioni all’interno del partito rinnoveranno il loro sostegno al primo ministro, di fatto liberandolo dal pericolo di minacce interne alla sua leadership.
Tuttavia, se il PLD dovesse andare male alle elezioni, subendo un considerevole ridimensionamento del numero di seggi, il futuro di Abe si farebbe ancora più incerto. Il PLD è un partito molto frammentato, con numerose correnti interne che vorrebbero portare ciascuna un proprio esponente alla guida del paese.
Abe è riuscito a ottenere il consenso dei leader delle principali correnti, assegnando loro incarichi di governo o ruoli di potere nel partito. La maggior parte di coloro che potrebbero costituire una minaccia per la sua leadership attualmente lo sostengono. Un risultato deludente alle elezioni potrebbe tuttavia essere interpretato come una perdita di fiducia tra l’elettorato, mettendo in dubbio il mandato di Abe a governare. Il suo indice di gradimento pubblico potrebbe nuovamente scendere. I colleghi di partito potrebbero sentirsi autorizzati a sfidarlo per conquistare la leadership interna. Il rischio di essere messo da parte, immediatamente o nei prossimi mesi, crescerebbe in maniera significativa.


Alex Lee – gestore azionario giapponese – Columbia Threadneedle Investments