La proposta del Governo per supportare la pensione contributiva dei Millenials

Roberto Carli -

Dopo la pausa estiva è’ stato riavviato il percorso di dialogo tra Governo e Sindacati sul tema della previdenza con il duplice obiettivo di fare il punto sulle misure contenute nella scorsa Legge di Stabilità (in particolare Ape sociale e Ape volontaria con riferimento al quale si è attesa del relativo decreto attuativo ) e di predisporre un pacchetto previdenza che possa trovare confluenza nella nuova manovra.

Il tutto compatibilizzato con le risorse di finanza pubblica disponibili ed evitando di produrre effetti strutturali distorsivi sull’impianto del nostro sistema previdenziale per non alterarne la sostenibilità finanziaria prospettica, come richiesto da Bruxelles e sottolineato recentemente dalla Ragioneria Generale dello Stato.

Il primo incontro si è tenuto il 30 agosto sulla previdenza dei giovani e il rilancio della previdenza complementare. Le prossime tappe saranno il 7 e il 13 settembre su Ape sociale e pensione delle donne, separazione tra previdenza e assistenza e rivalutazione delle pensioni .

Nell’incontro del 30 agosto il Governo ha presentato una prima proposta per supportare previdenzialmente i giovani che appaiono particolarmente esposti al “rischio previdenziale” rientrando nell’applicazione integrale del metodo di calcolo contributivo che determina l’importo della futura pensione in funzione dei contributi versati lungo l’arco della intera vita lavorativa.

I Millenials scontano infatti il ritardato ingresso nel mercato del lavoro e l’accentuato connotato di precarietà che caratterizza il nostro mercato del lavoro.

L’idea si basa su due aspetti, uno legato all’età pensionabile cercando di rendere il contributivo più flessibile e l’altro introducendo una rete di sicurezza previdenziale-assistenziale.

I destinatari delle misure sarebbero coloro che hanno cominciato a lavorare dal 1996 proprio in concomitanza con l’entrata in vigore del contributivo. Per quel che riguarda il primo aspetto si intenderebbe modificare il requisito per accedere al pensionamento.

Oltre a raggiungere il parametro di età (oggi 66 anni e 7 mesi modificato nel tempo in base all’indicizzazione automatica alla speranza di vita accertata dall’Istat) e il requisito contributivo di 20 anni, è necessario, secondo la normativa vigente, che l’importo della pensione sia pari a 1,5 volte l’assegno sociale.

La modifica cui si starebbe pensando è quello di ridurre tale ultimo “paletto” a 1,2 volte l’assegno sociale. Con riferimento al secondo profilo si incrementerebbe la cumulabilità tra pensione contributiva e assegno sociale.

Più nello specifico verrebbe escluso dal reddito rilevante ai fini del conseguimento dell’assegno sociale la pensione contributiva in misura corrispondente alla metà dello stesso trattamento previdenziale e comunque non oltre la metà del valore dell’assegno sociale (secondo l’attuale normativa la dispensa dal computo del reddito è limitata ad un terzo della pensione stessa e comunque non oltre un terzo del valore dell’assegno sociale).

Secondo le stime del Governo la protezione potrebbe ammontare ad un importo complessivo di 650-680 euro .

Con riferimento ai fondi pensione si vorrebbe slegare in particolare la Rita dai requisiti dell’Ape volontaria con un significativo rafforzamento dei benefici fiscali. In questo modo si accentuerebbe il connotato di flessibilità in uscita rendendo più appetibile il risparmio previdenziale, percepito come eccessivamente rigido nell’immaginario collettivo