BCE: ancora dovish, ma gli investitori nel reddito fisso dovrebbero prepararsi a una nuova fase

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Qual la politica della BCE per il futuro? Quali potrebbero essere le conseguenze per l’Europa di un aumento di protezionismo da parte degli Stati Uniti? Una guerra commerciale condizionerebbe le azioni della BCE?

PUNTI CHIAVE:
Atteggiamento della BCE: il Consiglio direttivo della Banca Centrale Europea ha rimosso l’orientamento accomodante (cd easing bias) sul programma di acquisto delle attività ma il Presidente Draghi è stato tranquillizzante nel commentare la decisione.
Economia e rischi: la fiducia nell’economia domestica sta crescendo con alcuni rischi verso il basso (in aumento) legati all’economia globale (questa volta da Occidente, non da Oriente), con esplicita menzione del bisogno di monitorare le valute, le condizioni finanziarie e gli sviluppi. Sul fronte del protezionismo, non preoccupa un impatto diretto, ma gli effetti secondari di possibili ritorsioni sul tasso di cambio e in modo particolare, sulla fiducia.
Implicazioni di mercato: una eliminazione graduale e ben spiegata degli stimoli monetari non convenzionali dovrebbe evitare un rapido incremento dei tassi di rendimento del reddito fisso. Tuttavia, più ci avviciniamo alla fine del quantitative easing (QE) e alla normalizzazione dei tassi sui depositi e di rifinanziamento da parte della BCE, più alta è la probabilità di riprezzamento. I mercati solitamente sottostimano il livello finale dei tassi della Banca Centrale.
Strategia di investimento: A livello globale, si sta aprendo una nuova fase più volatile, dovuta alle differenti velocità delle politiche di ricalibrazione delle Banche Centrali. Per affrontare questa nuova fase, gli investitori dovrebbero adottare differenti strategie. Non solo duration (bassa) e credito (sovrappeso ma con un approccio più cauto), ma anche valute (USD, EUR e tatticamente valute dei mercati emergenti). Questo sarà, secondo la nostra opinione, una fonte importante di performance in questa fase complessa.

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Qual è la vostra opinione sulla politica della BCE per il futuro?
Andrea Brasili, Senior Economist – Amundi. Il consiglio direttivo della BCE si è comportato in modo sostanzialmente in linea con l’incontro precedente (compreso ciò che è emerso dai verbali come una sorta di messaggio post-datato). Il consiglio ha rimosso il cosiddetto easing bias, ossia l’orientamento accomodante, sul programma di acquisto di attività (vale a dire il riferimento alla possibilità di aumentare l’ammontare e la durata degli acquisti se necessario), ma il presidente Draghi è stato accomodante nel commentare il cambiamento, affermando che si trattava di una sorta di decisione che guarda il passato, riconoscendo il declino nella volatilità dei dati di inflazione. Quindi, è interessante notare la reiterazione di una crescente fiducia nell’economia domestica, con alcuni rischi al ribasso (anche crescenti) provenienti dall’economia globale (questa volta dall’Occidente, non dall’Est), menzionando esplicitamente la necessità di monitorare le valute, le condizioni finanziarie e gli sviluppi. C’è stata una revisione marginale al rialzo delle previsioni di crescita, mentre c’è stata una (marginale) revisione al ribasso delle previsioni di inflazione che, tuttavia, non cambiano il quadro generale. Pensiamo che la BCE manterrà questo approccio nell’invio di piccoli messaggi progressivi, quindi nel verbale (previsto per il 12 aprile) conosceremo ciò su cui si concentrerà la discussione del prossimo incontro (il 26 aprile).

Quali potrebbero essere le conseguenze per l’Europa di un aumento di protezionismo da parte degli Stati Uniti? Una guerra commerciale condizionerebbe le azioni della BCE?
Brasili. Il presidente Draghi è stato ancora abbastanza duro sollevando una domanda retorica: “se fai questo ai tuoi alleati, chi sono i tuoi avversari?” Ancora una volta Draghi ha usato parole molto chiare sulla questione delle guerre commerciali e del protezionismo e in generale sull’atteggiamento attuale dell’amministrazione degli Stati Uniti: in primo luogo, tali questioni dovrebbero essere discusse in contesti multilaterali appropriati (e non possono essere decisioni unilaterali).
Secondo, non è l’impatto diretto del protezionismo che è preoccupante; i veri problemi sono gli “effetti secondari”: su possibili rappresaglie, sui tassi di cambio e, in particolare, sulla fiducia. Poi Draghi ha avvertito (in una sorta di mossa preventiva) che esiste anche un rischio latente che l’amministrazione statunitense si imbarchi in una massiccia deregolamentazione nei mercati finanziari. Quindi, Draghi suona chiaramente un campanello d’allarme su questi temi, anche se l’influenza sulle decisioni della BCE arriva attraverso l’impatto sulla crescita, come menzionato sopra.

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L’Euro sembra aver trovato nel cambio di 1,25 verso il dollaro statunitense il tetto massimo. Quali sono le vostre aspettative sul cambio euro/dollaro e perché?
S. Di Silvio. A nostro avviso, l’euro è destinato a rimanere bene impostato rispetto alle principali divise. La valuta ha ancora a suo favore un paio di fattori rilevanti che rappresentano un vantaggio. Prima di tutto, l’attesa prosecuzione dell’attuale momentum positivo della crescita dell’Eurozona attira ancora flussi da investitori stranieri e il ciclo economico ha in realtà il potenziale per sorprendere al rialzo (come riconosciuto anche da Mario Draghi nella recente dichiarazione della BCE “forte e ampio impulso di crescita dell’economia dell’area dell’euro, che si prevede si espanderà nel breve termine ad un ritmo leggermente più veloce di quanto stimato in precedenza”). Un secondo fattore importante è la rimozione di una politica monetaria accomodante della BCE (prevediamo che gli acquisti netti previsti dal piano finiscano entro il 2018), che causerebbe un ulteriore aumento dei rendimenti tedeschi e aumenterebbe l’attrattiva della valuta in termini di carry offerto. Inoltre, il contesto rimane favorevole alla Moneta Unica in quanto essa è ancora sottovalutata in termini di cambio ponderato per l’interscambio commerciale, sebbene in misura molto minore rispetto allo scorso anno.

Vedete rischi di una BCE sempre più “dietro la curva”? Vedete il rischio di un rapido ulteriore rialzo dei tassi come quello a cui abbiamo assistito ad inizio anno?
E. Brard/MA Allier: Non crediamo che la BCE sia sempre più indietro rispetto alla curva poiché l’inflazione di fondo rimane contenuta. L’inflazione salariale sta iniziando a materializzarsi in alcuni paesi, ma deve essere più diffusa e più persistente prima di tradursi in pressioni sui prezzi finali. I prezzi delle materie si stanno stabilizzando, consentendo all’inflazione complessiva di essere guidata principalmente dall’inflazione core. Se si giudica l’azione della BCE secondo le sue linee guida principali (inflazione), la Banca centrale sicuramente ha il tempo di rimuovere la sua politica non convenzionale. Una graduale e ben motivata rimozione dovrebbe evitare un rapido riprezzamento del reddito fisso. Si può contare sull’eccezionale capacità di comunicazione di Mario Draghi per gestire una graduale uscita dagli stimoli non convenzionali. Tuttavia, più ci avviciniamo alla fine del QE e alla normalizzazione dei tassi di depo/refi della BCE, maggiore è la probabilità di un rialzo dei tassi di rendimento. Si consideri che i mercati di solito sottostimano il livello finale dei tassi della Banca Centrale.

Quale strategia di investimento potrebbe essere appropriata in questa fase di mercato?
E. Brard/C. Marasciulo: In primo luogo, l’implementazione di un’adeguata strategia sui tassi d’interesse sarà fondamentale, a nostro avviso, per trovare valore nell’attuale contesto caratterizzato da premi per il rischio di credito compressi. I gestori di portafoglio devono rimanere concentrati su tre temi principali: 1) un trend in aumento dei tassi implica un sottopeso della duration[1] combinato con strategie che puntano ad un graduale appiattimento della curva dei rendimenti; 2) strategie di duration breve e di appiattimento della curva sono costose in termini di carry[2], quindi è importante mantenere la flessibilità all’interno della gamma di strumenti a reddito fisso. Ciò implicitamente convalida una significativa allocazione in obbligazioni societarie anche se il trend della compressione degli spread può essere vicino alla fine; il carry può ancora essere protettivo! Vediamo valore nelle obbligazioni ibride finanziarie che offrono gli spread più alti con emittenti con rating di qualità. 3) L’investimento in obbligazioni indicizzate all’inflazione potrebbe anche aggiungere alpha[3] in quanto la classe di attività è ancora sottovalutata.

Considerando il segmento del reddito fisso globale, dove vedete i principali rischi e le opportunità per il futuro?
E. Brard/L. Crosnier: Il tema principale del 2018 è la normalizzazione delle politiche monetarie a livello globale in un contesto di crescita sincronizzata e moderato aumento dell’inflazione. Mentre la BCE e la Banca Centrale del Giappone (BOJ) sono ancora in una fase iniziale, la Fed dovrà convincere il mercato che non è dietro la curva, con il rischio di interrompere il momentum. In verità, siamo in una situazione molto inusuale con l’espansione fiscale americana adottata in una fase matura del ciclo (mercato del lavoro già estremamente compresso). Come impatto diretto, sia le aspettative di rialzo dei tassi a breve termine che il premio per il rischio a lungo termine della curva americana sono stati rivisti al rialzo. Gli spread dei rendimenti americani rispetto ad altri mercati principali hanno raggiunto i massimi. Tuttavia, dall’inizio di gennaio, i mercati hanno mostrato nuovi comportamenti degni di nota, spezzando soprattutto le correlazioni[4] tra i tassi e altre classi di attività (azioni, forex …). Una maggiore volatilità dovrebbe rimanere la norma per il resto dell’anno. Uno dei principali rischi identificati sarebbe un’accelerazione più netta dell’inflazione, che spingerebbe le banche centrali a reagire con forza e innescherebbe un cambiamento generale della posizione degli investitori con lo stesso vigore. In questo contesto, la permanenza di una duration bassa basata su fondamentali, valutazioni (in Europa) e motivi tecnici (maggiori volumi di emissione), nonché la costruzione del portafoglio (copertura della attività rischiose), sembra appropriata per proteggere i portafogli. Siamo ancora costruttivi sul credito sulla base dei fondamentali, sostenendo un approccio più cauto andando avanti. L’orientamento positivo sul debito emergente (migliore rapporto rischio / rendimento) dovrebbe essere sostenuto da flussi positivi. In campo valutario, potremmo osservare una correzione al rialzo del dollaro Usa. Siamo ancora più ottimisti, a lungo termine, sull’euro con un occhio alla BCE e al ritmo di uscita dal Quantative Easing. Mentre il sentiment di rischio si stabilizza e la BOJ resta la banca centrale più accomodante, continuiamo a prevedere un indebolimento dello yen. Anche le valute del mercati emergenti dovrebbero continuare a beneficiare di fondamentali positivi, con un’esposizione che dovrà essere gestita più tatticamente nei prossimi mesi.