Sono ancora ridotti gli impieghi nella economia reale degli investitori istituzionali

Roberto Carli -

Itinerari Previdenziali ha pubblicato la quita edizione dell’Indagine annuale sugli investitori istituzionali che analizza dal punto di vista anagrafico, patrimoniale e dei soggetti gestori l’ampio universo

In particolare la pubblicazione fotografa quindi sotto il profilo quantitativo caratteristiche e attività dei principali operatori del Paese indagandone numerosità, aderenti attivi e pensionati (per i Fondi Pensione e le Casse previdenziali), dimensione, composizione e diversificazione patrimoniale e catalogando inoltre i soggetti, gestori e fabbriche prodotto, cui gli investitori istituzionali italiani affidano la gestione dei propri patrimoni.

Quali sono le principali evidenze ? Nel 2017 sono operativi 402 Investitori Istituzionali, nella forma giuridica delle Associazioni e Fondazioni, in diminuzione di 36 unità rispetto al 2016, 46 sul 2015 e 67 sul 2014. in dettaglio si tratta di 88 Fondazioni di origine bancaria, 20 Casse Professionali Privatizzate1, 35 fondi Negoziali, 259 Fondi Preesistenti (erano 294 nel 2016). A questi si aggiungono le Casse e i Fondi di Assistenza Sanitaria Integrativa che sulla base delle ultime stime sono ben 340 rispetto ai 335 del 2016 e 305 del 2015, un numero eccessivamente elevato per il sistema Italia se si considera che i primi 40 Fondi rappresentano oltre l’80% del totale di sistema.

Nel settore privatistico, oltre alle Compagnie di Assicurazione che gestiscono un elevato numero di tariffe e di “gestioni separate”, operano i Fondi Pensione Aperti e i Pip che assommano a 120 unità in calo negli ultimi anni; peraltro dei 77 PIP, 35 (erano 28 nel 2016) sono chiusi al collocamento. Rispetto al 2016, per effetto di fusioni, si sono ridotti di ben 35 unità i Fondi Preesistenti e di 1 i fondi Negoziali.

L’aumento più rilevante è segnato dai Fondi Sanitari con 64 fondi in più rispetto a soli 5 anni fa, il che dovrebbe far molto riflettere il legislatore. In termini di asset gli investitori Istituzionali operanti nel welfare contrattuale (Fondi negoziali, Preesistenti e Casse sanitarie), in quello delle libere professioni (Casse Privatizzate) e nel welfare di prossimità o territoriale (Fondazioni di origine bancaria) evidenziano un patrimonio che ammonta al 31/12/2017 a 237,2 miliardi di euro, con un incremento annuale di circa 9,6 miliardi, (+ 4,2%) dei quali circa 113 sono affidati a gestori professionali tramite mandati e 50,17 investiti direttamente in OICR o FIA.

L’affidamento diretto o indiretto agli strumenti di gestione riguarda quindi il 69% circa del totale dei patrimoni istituzionali (oltre 160 miliardi) in crescita rispetto agli anni precedenti. A questi Investitori si aggiungono i soggetti operanti nel welfare cosiddetto privato e cioè i Fondi pensione Aperti (FPA), i Piani di Previdenza Individuali (PIP) e le Compagnie di Assicurazione con il ramo vita; in totale il patrimonio di questi soggetti ammonta a 593,2 miliardi di euro, con un incremento di 28,11 miliardi (circa il 5%) rispetto ai 565,06 MLD dell’anno prima. Il totale generale assomma quindi a 830,42 miliardi pari a circa il 48,36% del Pil nazionale (1.716.935 MLD).

Negli anni il patrimonio degli Investitori Istituzionali è continuamente aumentato e rispetto ai 404,11 miliardi di euro del 2004, in 14 anni, con quasi la metà del periodo passata nella peggiore crisi finanziaria degli ultimi 60 anni, è più che raddoppiato.

Le Fondazioni di origine bancaria sono le uniche ad aver visto ridursi il patrimonio soprattutto a causa della crisi economica che ha fortemente diminuito il valore delle azioni della banca conferitaria, ma anche delle erogazioni che nonostante la crisi e le ripercussioni negative dei mercati borsistici, non si sono ridotte, con grande beneficio per i territori.

Considerando anche i dibattiti in corso sono interessanti le considerazioni sugli investimenti in “economia reale” che appaiono ancora modesti. Impressiona in particolar modo, si rimarca, la esiguità degli investimenti dei fondi di natura contrattuale, in gran parte alimentati dal TFR che è “circolante interno” alle aziende ed è quindi la prima e principale forma di finanziamento dell’economia reale.

Il fondo di garanzia istituito dal D.Lgs. n. 252/05 è stato abolito dal Governo Prodi del 1997 e da allora né politica né parti sociali se ne sono più occupati. Un dato è particolarmente eloquenti; dal 2007 alla fine del 2016: 106 miliardi di TFR sottratti alle imprese italiane alle quali ne sono tornati 2,5 miliardi.