Dacci un taglio, Jerome!

Paolo Mauri Brusa -
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Occhi puntati sulla Fed, ancora una volta. Il mercato è sicuro, i tassi scenderanno per attutire le conseguenze del rallentamento economico globale. La Fed un po’ meno, colombe e falchi si scontreranno nel meeting del 29 e 30 ottobre.

C’è molta attesa per il meeting della Fed di fine ottobre. Il mercato scommette su un ulteriore taglio dei tassi di 25 punti base, con una probabilità del 70%. La curva dei rendimenti nelle ultime settimane ha già incorporato il movimento, con il 3 mesi sceso (guarda caso) di 25 centesimi. All’interno del Fomc, però, non pare esserci unanimità di vedute; alcuni banchieri, fra cui il Presidente della Fed di Chicago, sarebbero orientati a mantenere il livello attuale fino a fine anno, mentre altri sembrano propensi ad un’ulteriore sforbiciata.

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I recenti dati, come l’ISM di settembre, non appaiono compatibili con le previsioni di crescita al 2,3% (stime Conference Board), ma fanno presumere una progressione più contenuta. La Fed sembra quindi in un angolo, accerchiata dalle altre principali Banche Centrali in modalità “espansiva” e da Trump che preme per un approccio più aggressivo, tale da indebolire il dollaro e ridare respiro alle esportazioni. Benché il gap commer-ciale con la Cina ad agosto abbia fatto segnare il minimo da 5 mesi, il deficit della Bilancia è salito oltre le attese. L’effetto dei dazi sull’operatività delle imprese è ormai evidente. La prossima reporting season è alle porte e il mercato stima una discesa degli utili delle aziende Usa del 2,7% rispetto allo scorso anno e una contrazione degli investimenti generalizzata.

Diversamente dal passato, quando dati deludenti significavano automaticamente più stimoli da parte delle Banche Centrali e le asset class rischiose reagivano positivamente, nelle ultime settimane pare sia tornata la “normalità”: un brutto dato è semplicemente un brutto dato, le azioni scendono, i governativi si apprezzano.

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Un rallentamento in questa fase avanzata del ciclo sarebbe fisiologico, così come una moderata correzione degli indici azionari, ma le continue tensioni politiche e commerciali rischiano di esacerbare i timori di imprenditori ed investitori. Come in una profezia che si auto avvera, la paura della recessione genera la recessione. Spetta a Powell tranquillizzare il mercato, o quantomeno non agitarlo ulteriormente, in attesa che gli stimoli fiscali cinesi possano avere effetto sull’economia. Il 2020 poi sarà un’altra storia. Da un punto di vista operativo, malgrado i livelli raggiunti, il Treasury resta una scelta difensiva contro ulteriori giravolte in questa interminabile trattativa.


Paolo Mauri Brusa – gestore del team Multi Asset Italia – GAM (Italia) SGR