Conteniamo l’entusiasmo!

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Chiaramente i mercati vogliono credere in una robusta ripresa, e in un certo senso siamo d’accordo nel ritenere che c’è effettivamente stata una schiarita. Vorremmo però una conferma, ovvero che i dati effettivi riflettano tale ripresa della fiducia. Restiamo convinti che quest’anno la crescita globale difficilmente riuscirà a superare il potenziale, sebbene ci sia qualche segnale di miglioramento. Come spesso accade, la Cina avrà un ruolo fondamentale.

Il flusso di dati a livello globale non è cambiato molto negli ultimi mesi. Nella maggior parte delle regioni, il settore manifatturiero continua ad arrancare, per quanto abbia probabilmente smesso di deteriorarsi, mentre i servizi resistono, anche grazie a un mercato del lavoro robusto.

È opinione condivisa che le buone notizie sul fronte della guerra commerciale, abbinate all’effetto ritardato degli stimoli monetari introdotti lo scorso anno, sproneranno la ripresa del commercio mondiale e quindi anche dell’attività manifatturiera. Da questo punto di vista, i dati più recenti provenienti dalla Cina sono incoraggianti. La crescita del Pil si è stabilizzata al 6% nel 3° e nel 4° trimestre, e negli ultimi due mesi gli indici manifatturieri sono in ripresa.

Restano però due elementi che potrebbero frenare tale rimbalzo. Primo, non sono ancora stati risolti gli squilibri finanziari locali. Secondo, uno degli effetti collaterali dell’accordo di fase 1 siglato con gli Stati Uniti sarà quello di affrettare l’apertura economica e finanziaria della Cina, costringendo a un’accelerazione delle riforme. Nel medio termine si tratta di una buona notizia per l’economia mondiale (una crescita più lenta ma più elevata nel secondo mercato al mondo avrà effetti complessivamente positivi), tuttavia il processo di transizione potrebbe riservare qualche difficoltà.

Negli Stati Uniti non c’è ragione per non continuare a dare fiducia alla capacità dei consumatori di mantenere la crescita economica su un livello discreto. La risposta immediata del mercato alla pubblicazione dei dati sui salariati di dicembre è stata negativa, ma abbiamo poi assistito a una ripresa rispetto ai livelli della scorsa primavera. Manteniamo invece la cautela sul fronte degli investimenti. La redditività è in calo e l’esito delle elezioni presidenziali resta alquanto incerto, con posizioni molto distanti tra loro, e tali dinamiche potrebbero favorire un approccio attendista.

Nel Regno Unito, la Bank of England sembra aver preso seriamente i recenti segnali di rallentamento (noi intanto abbiamo rivisto le stime sulla crescita del Pil nel 4° trimestre dallo 0,2% a zero) e a fine mese il Comitato di politica monetaria dovrebbe optare per un taglio dei tassi preventivo. Tale intervento potrebbe stimolare l’attività nei settori più sensibili all’andamento dei tassi di interesse, come quello immobiliare dove gli ultimi indicatori segnalano un tentativo di ripresa, tuttavia restiamo cauti per quanto concerne gli investimenti delle imprese anche nel Regno Unito. Le elezioni hanno fatto un po’ di chiarezza ma l’attenzione si è spostata sugli spinosi negoziati per l’accordo di libero scambio, il che certamente non stimolerà gli “istinti animali” delle imprese.

Nell’Eurozona l’attenzione resta puntata sulla Germania. I più ottimisti si concentreranno sulla derivata di second’ordine, ovvero sul fatto che l’attività manifatturiera sta rallentando più lentamente rispetto alla metà del 2019, tuttavia se gli investimenti globali restassero contenuti, sarebbe difficile assistere a una rapida accelerazione.

L’economia mondiale è in miglioramento, ma non è ancora pronta per uno sprint. Comunque, i mercati se la sono cavata molto bene finora quest’anno. La performance a breve termine è stata trainata dagli strumenti più ciclici, azioni giapponesi, statunitensi e dei mercati emergenti, grazie alla rinnovata fiducia nel ciclo globale. Al secondo posto, in termini di rendimento complessivo, troviamo le obbligazioni high yield che continuano la tendenza iniziata a ottobre. Il 2020 è partito con un approccio risk-on, nella previsione di una ripresa della crescita ciclica, che dovrebbe riflettersi in una ripresa della crescita degli utili societari. Gli ostacoli che si trovano di fronte le banche centrali che intendono alzare i tassi di interesse sono così alti in questa fase che non intravediamo un rischio di tasso nell’orizzonte di investimento.

Qualche preoccupazione dalle valutazioni

Dobbiamo monitorare attentamente le valutazioni. Il nuovo rafforzamento dello stato patrimoniale delle banche centrali dei mercati sviluppati provoca un aumento della liquidità e della massa monetaria. Con i tassi risk free o vicino allo zero, non sorprende che le condizioni di liquidità abbiano fatto salire le valutazioni degli asset sui massimi dopo la crisi finanziaria. L’indice S&P 500 scambia in questo momento su un multiplo di 18-19 volte rispetto agli utili previsti dal consensus per il prossimo anno. Tutti i mercati azionari sviluppati sono saliti nel corso del 2019 al rientrare dei timori di recessione. Queste dinamiche non si sono riflesse però in un aumento delle previsioni di utile. Se la fiducia negli utili non risale, le valutazioni azionarie potrebbero subire qualche pressione.

La stagione della pubblicazione degli utili del 4° trimestre negli Stati Uniti è stata discreta, con qualche sorpresa positiva, anche se i risultati sono ancora parziali nel momento in cui scriviamo. Comunque, gli investitori hanno bisogno della conferma che il rafforzamento della fiducia dopo la firma dell’accordo commerciale di fase 1 si traduca in un miglioramento dei risultati societari.

Sulla base della contabilità nazionale, la tendenza degli utili negli Stati Uniti non è stata particolarmente incoraggiante negli ultimi anni, in calo in percentuale del Pil al di sotto del 10% durante lo scorso anno. Gli utili delle società dell’indice S&P per il 3° trimestre risultavano tra stabili e in flessione dopo la robusta crescita nel 2017 e nel 2018. Ogni fase di ripresa dipende dal rialzo degli indicatori ciclici, come l’indice ISM. Il sentiment e i fattori tecnici da soli probabilmente non basteranno a sostenere i rendimenti attuali, se non ci sarà la conferma di un miglioramento dei fondamentali.

Nel mercato del credito, gli spread hanno continuato a restringersi dall’inizio dell’anno. Lo scenario fondamentale, caratterizzato da una crescita moderata e da tassi stabili, favorisce i mercati del credito, tuttavia un’ulteriore riduzione degli spread di credito rispetto ai livelli attuali dipenderà dai fattori tecnici e dal momentum. Gli spread di credito più probabilmente, secondo il nostro team obbligazionario, si stabilizzeranno intorno ai livelli attuali. In effetti ai mercati azionari presumibilmente gioverebbe un rialzo dei tassi e un calo dei rendimenti nei mercati del credito. Ci aspettiamo che i rendimenti dei titoli di Stato core salgano nel corso del 1° trimestre, contenendo la performance delle obbligazioni. Preferiamo dunque le strategie di credito short duration poiché tale approccio si concentra sul reddito.

Nel complesso le prospettive per i mercati azionari restano, a nostro giudizio, positive grazie al sostegno della politica monetaria. Preferiamo le azioni alle obbligazioni, e il credito ai tassi. Tuttavia, gli investitori dovranno considerare la possibilità di ottenere guadagni marginali a fronte delle valutazioni che saranno probabilmente sempre più tirate.