Cosa resta da fare alla People’s Bank of China per salvare l’economia cinese

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La settimana si è conclusa con maggiori preoccupazioni sul fronte Coronavirus. Ora il bilancio complessivo delle vittime ha superato quota mille, superando di gran lunga quello della SARS del 2003 pari a 774. Tale situazione sta mettendo in difficoltà in particolar modo la produzione industriale in Cina, poiché a causa del virus molti impianti sono stati chiusi e ciò sta avendo degli effetti sull’economia. Il primo, di breve periodo, riguarda il tasso di inflazione pubblicato questa settimana: i prezzi sono aumentati del 5,4% a Gennaio (contro una previsione del 4,9%), valore più alto dal 2011, con un’impennata rispetto al 4,5% di Dicembre. Il secondo, invece, riguarda la stima di crescita del PIL cinese per il 2020. Infatti, la gran parte degli analisti vedono un ribasso della crescita economica, come ad esempio l’agenzia di rating Standard & Poor’s, che di recente ha tagliato la stima dal 5,7% al 5%. Tuttavia, segnaliamo che la People’s Bank of China (PBOC), la Banca centrale cinese, può ricorrere ancora a diverse soluzioni, utili sia ad affrontare gli effetti negativi dell’epidemia che a rafforzare l’economia nel lungo periodo.

In Cina i livelli di crescita dei prestiti erogati verso l’economia reale e di aumento della massa monetaria in termini di denaro circolante e di depositi vincolati fino ad un massimo di due anni (M2), sia ai minimi da oltre una decade. Pertanto, la Banca centrale ha ancora mezzi a sua disposizione per mettersi al servizio dell’economia. Infatti, non appena l’epidemia aveva cominciato a diffondersi verso la fine del mese di Gennaio si ricordi come la PBOC abbia prontamente erogato liquidità a beneficio del sistema e, inoltre, lunedì ha introdotto dei “finanziamenti speciali” destinati alle imprese per sostenere la produzione industriale. Tali finanziamenti verranno effettuati su base settimanale e sono indirizzati alle principali aziende di credito della Nazione, che a loro volta, entro due giorni, devono concedere i prestiti a coloro che li richiedano e che abbiano i requisiti.

Tuttavia la Cina non si sta muovendo soltanto dall’interno, ma sta proseguendo anche il suo processo di inserimento nel contesto internazionale, aprendo all’esterno il mercato dei pagamenti digitali che ad oggi vale circa 27 miliardi di dollari. Difatti, la People’s Bank of China ha di recente approvato la richiesta della joint venture di Mastercard e NetUnion di condurre l’attività di compensazione delle carte di credito nel Paese, per cui l’istituto finanziario americano coprirebbe circa il 51% dell’circuito, mentre la quota rimanente rimarrà alla società cinese, la quale perderebbe così il monopolio. Questo si tratta di un importante passo di apertura del settore finanziario cinese e, inoltre, si veda come il diffondersi dell’epidemia non spaventi le ambizioni della Cina, che continua i suoi progetti di lungo termine per rendersi parte integrante del commercio globale, divenendo nel contempo un fulcro di rilevante importanza.