Il coronavirus porta a Wall Street l’«orso» più veloce della storia

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Giovedì i mercati hanno subito pesanti ribassi perché hanno cominciato a scontare la possibilità che l’impatto economico del COVID-19 sia più grave e duraturo del previsto, ma al contempo la questione rimane incerta. Questo quadro è il prodotto di diversi fattori.

Donald Trump ha vietato ai cittadini di 26 Paesi europei di fare ingresso negli Stati Uniti nei prossimi 30 giorni. Il governo italiano ha ordinato la chiusura dei negozi fino al 25 marzo, a eccezione di alimentari e farmacie. Il Regno Unito è passato a sua volta dalla fase di contenimento dell’epidemia a quella di rallentamento. Molti americani sono stati colpiti dalla notizia che l’attore Tom Hanks è risultato positivo al virus e la National Basketball Association (NBA) ha annullato gli incontri restanti del massimo torneo di pallacanestro. Con l’aggravarsi degli impatti economici, tra gli investitori cresce la speranza che i governi forniscano misure di stimolo «sufficienti». Tuttavia, si diffonde sempre più la consapevolezza che nelle democrazie occidentali sembra molto più difficile che in Cina dare sostegno economico alle famiglie e alle imprese.

Giovedì sono emersi segnali di panico e di vendite indiscriminate, soprattutto dopo la conferenza stampa della Banca centrale europea (BCE). Il dollaro ha recuperato terreno, forse più a seguito della stretta sui mercati dei capitali in dollari che non per motivi fondamentali. I rendimenti dei Treasury statunitensi a 30 anni sono aumentati anche se le azioni sono calate, possibilmente perché gli investitori hanno cercato di vendere le posizioni più liquide per fare fronte ai rimborsi. Gli spread creditizi si sono ampliati in un contesto di scarsa liquidità del mercato. In linea con questi sviluppi, la Federal Reserve (Fed) di New York ha annunciato nuove operazioni pronti contro termine allo scopo di affrontare le turbolenze altamente insolite che hanno colpito i mercati di finanziamento dei Treasury a causa dell’epidemia di coronavirus. L’ampiezza degli acquisti effettuati dalla Fed a fini di gestione delle riserve lungo la curva conferma sostanzialmente che la banca centrale americana ha di fatto ripreso il quantitative easing (QE). Nel corso del tempo la capacità del QE di favorire l’instaurarsi di una ripresa senza far salire rapidamente i rendimenti obbligazionari sarà molto importante per gli investitori, ma probabilmente solo dopo che avranno colto la portata degli stimoli fiscali in atto.

In Europa i premi al rischio sui titoli di Stato hanno continuato a salire notevolmente sulla scia delle misure di politica monetaria presentate dalla BCE, che non hanno impressionato i mercati. L’istituto guidato da Christine Lagarde ha potenziato il peso delle emissioni del settore privato nell’ambito degli acquisti di strumenti, ma non ha accennato a eliminare o alzare il limite per emittente del 33% relativo agli acquisti di obbligazioni del settore pubblico. Alla luce della crescente richiesta di misure fiscali destinate a compensare i danni economici inferti dal coronavirus, la mancanza di ulteriori acquisti di titoli di Stato da parte della BCE ci sembra negativa per il comparto. Gli spread sulle obbligazioni francesi (62 punti base rispetto ai Bund tedeschi) e su quelle della maggior parte degli altri Paesi dell’eurozona hanno raggiunto i livelli più alti degli ultimi tre anni. I deflussi dagli ETF a prezzi ridotti hanno spinto in calo di oltre il 10% su base giornaliera i fondi di titoli high yield europei e di obbligazioni dei mercati emergenti. Questa flessione non sembra trovare riscontro nei fondamentali creditizi, ma potrebbe essere ancora presto per aspettarsi una diminuzione delle pressioni al ribasso di tipo tecnico.

La situazione peggiorerà ancora, prima di migliorare?

A giudicare dai segnali incoraggianti provenienti da Cina, Singapore, Hong Kong e Corea, sembra che sia possibile riuscire a contenere l’epidemia, con il tempo e gli interventi delle autorità. L’Italia è arrivata a imporre restrizioni molto pesanti per cercare di arginare i contagi ma, dato il lungo periodo d’incubazione del virus prima della diagnosi, probabilmente passeranno almeno due settimane prima di poter valutare l’efficacia di queste misure. Ci aspettiamo quindi che la paura dei cittadini e le turbolenze economiche continuino a intensificarsi sino a fine marzo, a fronte dell’ulteriore diffusione del COVID-19 in Europa e negli Stati Uniti.

Le decisioni prese finora negli Stati Uniti e in altri Paesi europei sono invece meno restrittive. Non sappiamo ancora quanto debbano essere stringenti le misure di contenimento per essere efficaci ma, data la certezza che i casi confermati di coronavirus aumenteranno nel prossimo futuro, gli investitori vorranno attendere un calo dei contagi prima di cominciare a quantificare l’impatto economico complessivo della crisi e degli stimoli governativi mirati a far ripartire la crescita.

Quanto potrebbero scendere ancora i mercati e cosa potrebbe innescare un rimbalzo

Nel nostro scenario di riferimento, in cui il virus rimane sotto controllo in Cina e viene arginato nei Paesi sviluppati nel 2T20, prevediamo che i mercati chiudano l’anno in netto recupero rispetto ai livelli attuali. Tuttavia, perché i listini azionari possano registrare un rialzo sostenuto occorreranno probabilmente conferme in merito all’efficacia delle misure di contenimento del virus nei mercati sviluppati, chiarezza circa il suo impatto economico complessivo e una risposta concertata delle autorità globali. In assenza di questi fattori, e in un contesto di elevata volatilità, chiaramente è possibile che nei prossimi giorni o settimane le borse possano calare ulteriormente rispetto ai livelli attuali.

Un modo per cercare di prevedere fino a che punto possano scendere i mercati in uno scenario negativo è analizzare i precedenti storici. Dal 1945 a oggi la perdita media dai massimi ai minimi durante un mercato orso è stata del 34,5%. Applicando questa percentuale alla situazione odierna, l’S&P 500 toccherebbe il punto minimo intorno a 2200 punti. Un altro approccio, basato sulle valutazioni, consiste nell’applicare un multiplo dei minimi ai profitti depressi. Un calo del 10% degli utili aziendali sarebbe pari a un utile per azione (EPS) di 149 dollari per l’S&P 500 nel 2020. Applicando un coefficiente di 16x – che a nostro avviso costituisce un’ipotesi ragionevole per un multiplo dei minimi, dato il livello molto ridotto dei tassi e dell’inflazione – l’indice toccherebbe il minimo a quota 2375.

Detto questo, non consigliamo di aspettare che il mercato scenda a questi livelli prima di impiegare capitali. Tra i potenziali catalizzatori di un forte rimbalzo a breve termine potrebbero figurare l’annuncio di stimoli fiscali negli Stati Uniti, un rafforzamento degli stimoli monetari, i risultati degli studi clinici relativi a terapie contro il virus o la conferma che la diffusione del virus possa essere limitata da fattori stagionali.

Inoltre, una volta superata l’emergenza in corso, l’invecchiamento della popolazione globale, gli sviluppi nell’healthtech e i recenti passi avanti compiuti nell’area delle terapie genetiche offrono opportunità per gli investitori che puntano alla crescita del portafoglio a lungo termine. La crisi potrebbe anche imprimere un’accelerazione alle tendenze di più lungo periodo nell’area della connettività e della localizzazione, favorendo le società esposte alla quarta rivoluzione industriale e alla trasformazione digitale.

Un modo per affrontare un contesto di opportunità a lungo termine, che però risente di un’elevata volatilità e può avere solo uno di due possibili esiti a breve termine, consiste nel combinare una strategia d’investimento graduale (piano di accumulo di capitale) e la vendita di opzioni put. La strategia d’investimento graduale consente di investire capitali smussando gli alti e bassi dei rendimenti a breve termine. Per gli investitori in grado di utilizzare opzioni, la vendita di put può generare rendimenti se i mercati non salgono e rappresenta un impegno anticipato ad acquistare sfruttando opportunità in occasione dei ribassi.

Come proteggersi se il livello di rischio del portafoglio è ancora elevato

Il nostro migliore consiglio è ancora quello di rimanere fedeli alla propria strategia di asset allocation con le sue operazioni di ribilanciamento periodiche. Tuttavia, gli investitori che preferiscono dotarsi di un’esposizione più prudente possono prendere in considerazione le seguenti strategie.

  • Assicurarsi di detenere un’esposizione adeguata alle obbligazioni di alta qualità, che nelle ultime settimane hanno dimostrato il loro valore quale copertura del portafoglio, e considerare la possibilità di spostare capitali nelle strategie di asset allocation dinamica, che possono assumere un posizionamento difensivo in un mercato ribassista, ma potenziano l’esposizione azionaria quando le condizioni migliorano.
  • Valutare un’esposizione all’oro, che ha dimostrato a sua volta di fungere da valida copertura, cedendo appena il 2,4% durante il ribasso dell’S&P 500.
  • Accertarsi di disporre di liquidità sufficiente, comprese le linee di credito, per soddisfare le esigenze di cassa a breve termine. Si riduce così il rischio di vedersi costretti a vendere strumenti in mercati volatili e illiquidi, se la crisi dovesse proseguire.
  • La diversificazione geografica è a sua volta un elemento essenziale per mitigare i rischi potenziali. Le diverse risposte dei governi alla gestione dell’epidemia avranno probabilmente livelli diversi di efficacia e, di conseguenza, effetti più o meno dolorosi sulle economie e i mercati locali. Nelle ultime sei settimane i mercati azionari emergenti hanno già sovraperformato del 4,8% quelli sviluppati, ma gli investitori con posizioni molto ridotte nei listini emergenti dovrebbero sfruttare l’opportunità offerta dal ribasso per rafforzare la loro esposizione al comparto. Il relativo successo della Cina nel contenere il coronavirus dovrebbe anche favorire una ripresa economica più rapida in Asia rispetto alle altre regioni.