Fast and furious
La combinazione di pesanti revisioni al ribasso degli utili e mini-rally di mercato riporta le valutazioni su livelli d’attenzione. “Too fast, too early”? Facciamo un po’ di conti.
La volatilità del primo trimestre del 2020 ha generato escursioni di mercato vertiginose, in particolare dal 20 febbraio, giorno in cui lo S&P500 ha chiuso a 3386 punti. Da allora e fino al 23 marzo, la caduta degli indici ha superato in molti casi il 30%. Da quest’ultima data il rimbalzo è stato veemente. In presenza di movimenti di questa entità, non c’è da stupirsi che le valutazioni abbiano toccato estremi, in un senso o nell’altro. I mercati in un trimestre hanno prezzato in un primo momento lo scenario goldilocks, ovvero la continuazione indefinita di un ciclo di crescita moderata, assenza di inflazione e supporto monetario; in un secondo momento il cigno nero del coronavirus e dunque una severa recessione con probabili insolvenze a catena; in una terza fase la risposta di Banche Centrali e governi e la rinnovata speranza di un ritorno alla normalità in tempi ragionevoli.
Più in dettaglio, al 23 marzo gli indici avevano un rapporto prezzo/utili molto al di sotto della media, in taluni casi vicino ai minimi storici. Da quella data l’effetto di rally di mercato e revisioni al ribasso delle aspettative sugli utili (10% negli USA e in Asia, fra il 15 e il 25% in Europa) ha riportato le valutazioni in linea con la media degli ultimi 15 anni (Europa e Paesi Emergenti) o oltre (S&P e soprattutto Nasdaq). A questo punto la domanda è: il rally è giustificato? Di cosa tengono conto le valutazioni?
Osservando i dati dello S&P500 per esempio, notiamo che le attese degli analisti a fine 2021 sono oggi sostanzialmente pari a quelle che gli stessi analisti avevano a inizio anno per il 2020.
L’effetto coronavirus ha quindi di fatto traslato in avanti di 12 mesi le attese. Il livello attuale dello S&P, collocandosi nella fascia alta del rapporto P/E, sconta dunque il fatto che il 2020 sia un “anno perso”, ma anche un’alta probabilità che le infrastrutture dell’economia reggeranno l’urto e che il sistema imbocchi il 2021 a velocità di crociera, con aspettative di utili solide e il vento in poppa delle elargizioni monetarie e fiscali. Se si dovesse progressivamente realizzare questo scenario gli indici globali avranno margini di apprezzamento, sia in termini di ulteriore espansione del multiplo P/E, sia per il miglioramento graduale delle attese di utile. Ci sono però alcune incognite, che potranno provocare inciampi più o meno significativi sul tragitto: la velocità di riapertura delle attività, indesiderati ritorni di fiamma del virus con conseguenti nuove misure, eventuali “incidenti” di percorso da suturare (problemi di credito e liquidità in determinati comparti dell’economia), inaspettate modifiche strutturali delle abitudini dei consumatori al momento difficilmente prevedibili. Rimane quindi difficile pensare che il percorso di uscita da uno choc come quello di questi mesi possa essere lineare.