Il risparmio previdenziale è sempre più una scelta di responsabilità individuale

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All’inizio del 2020 il cigno nero di Covid-19 si è impadronito delle nostre esistenze, ha proiettato la sua ombra sul nostro modo di vivere e lavorare. Agita le nostre prospettive future, sfida la nostra capacità di reazione. Neppure il nostro futuro previdenziale ne sarà immune.  Lo sottolinea l’Ania in un interessante Paper “La previdenza complementare e il valore della garanzia”  in cui rappresenta una recente indagine  condotta da Insurance Europe, la federazione degli assicuratori continentali, sulle preferenze dei cittadini europei in materia previdenziale  e formula alcune proposte di rilancio nel nostro Paese.  Il “messaggio chiave” è che le preferenze rappresentate sono espressione di una maggiore responsabilizzazione dei cittadini europei nei confronti dei temi legati all’invecchiamento e al mantenimento nel tempo dei propri stili di vita. Sempre meno, in futuro, si sottolinea vi sarà uno Stato cui delegare le scelte fondamentali della vita, com’è accaduto negli anni passati.

Quali sono le principali evidenze ?  Al momento non si risparmia abbastanza per le pensioni future. Secondo la survey di Insurance Europe ben il 43% (il 53% in Italia) dei cittadini del continente già prima del Covid 19 non stavano accantonando risorse per la vecchiaia, in buona parte per mancanza di disponibilità economiche. Non è pensabile che all’indomani di Covid-19 il gap si possa facilmente ridurre perchè nei bilanci familiari, sotto stress per le conseguenze dell’epidemia, sarà ancora più difficile trovare spazi per sufficienti risparmi pensionistici.

Quanto alla previdenza complementare per l’Italia è già facile prevedere, nell’immediato, una ulteriore crescita della quota di iscritti “non versanti” , cioè di coloro (sono il 28% del totale) che risultano iscritti a una forma complementare ma che attualmente non vi stanno contribuendo con nuovi versamenti. Eppure, risparmiare per la pensione è una necessità per una società che voglia dirsi civile e, soprattutto, sostenibile nel lungo periodo.

Che fare? Per quanto attiene alla previdenza pubblica lo Stato si sta facendo parzialmente carico dei problemi, attribuendo contributi figurativi (cioè non pagati ma che danno luogo ugualmente a diritti pensionistici) per i soggetti più in difficoltà o costretti ad astenersi dal lavoro.  Ma se non interverrà una vigorosa crescita economica, nei prossimi anni le stime dovranno essere riviste. Per rilanciare la previdenza complementare occorre innanzitutto lavorare sulla mancata consapevolezza dei bisogni, sottolinea l’Ania.

Altri Paesi europei hanno già istituito da anni il “portale delle pensioni”, dove tutti i cittadini possono avere il quadro unitario di tutti i contributi versati, anche se distribuiti in più enti o nei fondi complementari, e vedersi stimata la pensione complessiva. Come rilevato in un’indagine promossa dall’ANIA qualche anno fa, gli italiani che avevano conosciuto la stima della pensione futura ricevendo la “busta arancione” o utilizzando il simulatore INPS si erano attivati più degli “inconsapevoli” per aderire a un fondo pensione.

Occorre poi puntare su maggiori incentivi fiscali; se non è il momento di aumentare il plafond annuo di contributi deducibili dal reddito, fermo da quasi trent’anni, si possono, allo stesso tempo, esplorare altre strade. Sarebbe appropriato ad esempio procedere a una razionalizzazione dei plafond esistenti (per  pensioni, sanità, Ltc, etc) consentendo a una persona di cumularne l’importo se decide di concentrare i propri risparmi su una singola prestazione (ad esempio la pensione). O anche di ottenere un plafond supplementare se utilizza tutti quelli che la legge mette a sua disposizione. In aggiunta si può, ad esempio, pensare che padri e nonni, non titolari di un piano di previdenza complementare attivo, possano finanziarlo a favore dei figli (anche se non a carico) o nipoti godendo dei relativi vantaggi fiscali. Dopotutto un tempo i nonni aprivano un libretto di risparmio ai propri nipoti abituandoli alla virtù di accantonare risorse per il futuro.

Oggi farebbero lo stesso con un “libretto” previdenziale. Altre evidenze dell’ Indagine di Insurance europe riguardano la forte predilezione finanziaria per la garanzia di tipo assicurativo e la tendenza a volere associare a piani di risparmio previdenziali anche altre garanzie, anche in tema di salute. I futuri pensionati europei chiedono piani di risparmio non soltanto garantiti, ma sufficientemente flessibili e in grado di integrare altri tipi di coperture, non soltanto previdenziali.. Nelle risposte ai questionari gli interpellati chiedono, ad esempio, di implementare i programmi di risparmio, contro il rischio di premorienza.

È una soluzione verso la quale guarda con interesse circa il 46% (il 49% in Italia) degli interpellati in Europa. Una percentuale di poco inferiore (40%, il 32% in Italia) è attratta anche dalla possibilità di includere nel proprio piano previdenziale specifiche coperture sanitarie o contro i rischi della longevità e dell’invecchiamento.

Gli obiettivi della previdenza non vengono quindi percepiti come limitati a ottenere redditi pensionistici adeguati, ma come un contenitore di bisogni da soddisfare nel tempo dilatato dell’anzianità. Si delinea poi la preferenza del canale digitale per essere informati e aderire ai programmi di previdenza complementare.