Malgrado la recessione non si escludono ulteriori rialzi

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Nel primo trimestre i mercati finanziari hanno reagito alla pandemia di coronavirus con una flessione senza precedenti, a cui tuttavia è seguita una rapida svolta in positivo. La propensione al rischio di fronte alla più grave recessione dagli anni ‘30 appare piuttosto inusuale, ma i mercati sono trainati dall’ottimismo circa i potenziali progressi sul fronte economico e pertanto non possiamo escludere un ulteriore rialzo delle quotazioni azionarie.

Per una ripresa sostenibile del mercato occorrerà affrontare quattro fonti di incertezza

Nel primo trimestre dell’anno il coronavirus ha innescato una correzione dei mercati finanziari più rapida rispetto alla media delle precedenti 11 fasi ribassiste dal 1946. Tuttavia, malgrado fondamentali economici preoccupanti nel quadro della pandemia, in questo caso l’inversione di rotta è stata più rapida rispetto al passato (si veda grafico). Apparentemente le notizie di un possibile picco dei casi di Covid-19 e dei conseguenti decessi, la prospettiva di un vaccino e di terapie efficaci, oltre ai consistenti stimoli fiscali e monetari, hanno rassicurato gli investitori.

Il rally in atto è avvenuto malgrado il deterioramento del contesto economico, a riprova della disconnessione tra performance di mercato e più ampie prospettive economiche.

La domanda è: l’attuale ripresa si protrarrà in futuro? Se da un lato il rimbalzo dei corsi azionari appare fragile, dall’altro riteniamo che potrebbe proseguire finché gli investitori si attenderanno progressi nelle prospettive di crescita sulla scia degli ingenti stimoli monetari e fiscali, e vedranno prove concrete di un superamento del picco dei tassi di infezione. In ogni caso, il rialzo dei mercati azionari potrebbe poggiare su basi molto più solide in presenza di miglioramenti almeno in alcune delle quattro aree seguenti.

1 Nuovi progressi nella lotta al virus a livello globale

Nella lotta al coronavirus ci troviamo ad affrontare in primo luogo una crisi sanitaria e solo in seconda battuta una crisi economica. Tuttavia, vi è un chiaro legame tra la salute della popolazione e l’economia dei vari Paesi; pertanto gli investitori monitoreranno attentamente la situazione alla ricerca di segnali di successo nella battaglia in atto. Per il momento lockdown e distanziamento sociale si sono rivelati gli strumenti più efficaci, ma la graduale diminuzione della minaccia rappresentata dal virus e il progressivo ritorno alla normalità dovrebbero comportare un miglioramento delle prospettive economiche.

Servono soprattutto cure efficaci e, in definitiva, la produzione di massa di vaccini e test sierologici. A tal proposito ci sono stati alcuni passi avanti accolti con favore dai mercati, ma potrebbe volerci ancora un anno o più prima che cure e vaccini siano disponibili su larga scala. Fino ad allora test e tracciamento dei contatti potranno limitare la diffusione del virus e favorire il ritorno della popolazione al lavoro. Con ogni probabilità quindi i mercati continueranno a reagire bene a notizie positive su questo fronte. In ogni caso, il coronavirus rappresenterà un fattore di rischio centrale nel prossimo futuro e gli investitori dovranno essere preparati a nuove fasi di volatilità.

2 Miglioramento dei dati economici: è essenziale la solidità del settore privato

A livello mondiale la reazione iniziale delle economie alla notizia dell’allentamento delle misure di lockdown è stata positiva. Ma il ruolo del settore privato è fondamentale e infatti per poter beneficiare di una crescita di lungo periodo dovremo assistere a una netta ripresa in tale area. I pacchetti di stimoli fiscali varati dai governi e le politiche monetarie espansive delle banche centrali possono contribuire solo fino a un certo punto, essenzialmente fornendo liquidità al settore privato al fine di rimettere in moto l’attività. Tuttavia, vi è una differenza sostanziale rispetto a una crescita sostenibile, di cui potremo parlare solo in presenza di costanti progressi dei dati ciclici, tra cui PMI (indici dei responsabili degli acquisti), occupazione, attività immobiliare, fiducia di consumatori e piccole imprese e, da ultimo, PIL. Alcuni di questi dati evidenziano i primi segnali di miglioramento, ma almeno per ora restano ben al di sotto della norma.

3 Contenimento del rischio di contagio finanziario

A livello globale l’indebitamento complessivo – compreso il debito denominato in USD detenuto al di fuori degli USA – si attestava a livelli record prima dello scoppio dell’epidemia e ha continuato ad aumentare. Ci aspettiamo che a livello globale la leva cresca dal 300% circa del PIL a fine 2019 al 320% circa a fine 2020. In particolare, nei Paesi avanzati il debito pubblico è su livelli paragonabili ai massimi dal periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale e questo problema dovrà essere affrontato nei prossimi anni.

Siamo inoltre preoccupati per l’indebitamento del settore privato. Al fine di assicurarsi le linee di liquidità offerte da banche centrali e governi, le società hanno ampliato la quota di debito in bilancio. In presenza di una ripresa economica solo graduale, gli attuali problemi di liquidità potrebbero trasformarsi in problemi di solvibilità in futuro. Particolarmente critica la situazione delle società finanziarie non bancarie (tra cui compagnie assicurative, fondi pensione, ETF ed hedge funds), che hanno utilizzato il mercato del credito per crescere e hanno ampliato la propria quota di mercato a scapito delle banche. Le banche tuttavia oggi sono molto più stabili date le norme più restrittive introdotte dopo la crisi finanziaria, mentre questi istituti non bancari non hanno accesso diretto ai finanziamenti delle banche centrali e sappiamo ben poco sul loro comportamento nelle fasi di stress. Ecco perché all’inizio della crisi scatenata dal coronavirus si è registrato un rialzo degli spread (extrarendimenti delle obbligazioni “rischiose” rispetto a quelle “sicure”) e di altri indicatori di stress in ambito finanziario.

La decisione delle autorità monetarie di offrire liquidità al settore privato – tramite l’acquisto di bond investmentgrade e “fallen angels” (titoli investment-grade che sono stati declassati) – ha comportato una nuova contrazione dei differenziali di rendimento. In ogni caso, l’esperienza della crisi finanziaria ci insegna che, in ultima analisi, a determinare l’andamento degli spread saranno le prospettive di crescita a medio termine. Gli acquisti da parte delle banche centrali, insensibili ai prezzi, possono aiutare solo fino a un certo punto.

4 Valutazioni poco interessanti su alcuni mercati

Le valutazioni sono utili per stimare il rapporto rischio/rendimento sul mercato nel complesso in un’ottica di lungo periodo, ma non possono prevedere la direzione del mercato a breve termine. L’azionario USA ci sembra piuttosto oneroso rispetto alla media storica poiché a maggio il CAPE (P/E depurato delle oscillazioni cicliche) era prossimo a 27. A titolo di confronto, a inizio 2009 il CAPE USA era pari a 12 e la media su 50 anni si attesta a 20. Tale espansione dei multipli sugli utili è ascrivibile essenzialmente agli stimoli monetari e fiscali senza precedenti, nonché alle attese di una rapida ripresa economica. Inoltre, il mercato statunitense ha beneficiato della maggiore esposizione a titoli tecnologici e del settore healthcare, che si ritiene saranno favoriti dalla crisi da Covid-19 nel lungo periodo.

Le azioni di Europa e Asia presentano valutazioni moderate, ma tutt’altro che depresse. Nel complesso i titoli azionari scambiano a multipli più elevati rispetto al periodo successivo alla crisi finanziaria, anche se la recessione attuale dovrebbe rivelarsi molto più profonda (ma potenzialmente più breve). Quanto ai mercati obbligazionari, i rendimenti sono tuttora bassi e i bond non sono convenienti: gli investitori dovranno quindi ampliare ulteriormente i loro orizzonti alla ricerca di rendimento.

Quale dovrebbe essere la prossima mossa degli investitori?

Da inizio anno i mercati finanziari si sono dimostrati sorprendentemente fiduciosi circa la ripresa dell’economia dalla recessione innescata dalla Covid-19. In base a quanto illustrato in precedenza, gli investitori dovrebbero adottare un approccio cauto, pur restando pronti a cogliere le opportunità. Di seguito alcune idee chiave che dovrebbero essere tenute in considerazione da qui a fine 2020.

Proseguire nella ricerca di rendimento in presenza di tassi obbligazionari persistentemente bassi

  • Ci aspettiamo rendimenti obbligazionari ancora bassi alla luce degli ingenti stimoli monetari finora attuati e della volontà delle banche centrali di fare di più ove necessario. Si tratta del “capitolo secondo” della Financial Repression, una prosecuzione delle misure implementate dieci anni fa (tra cui taglio dei tassi di interesse e aumento della regolamentazione) per aiutare i Paesi a uscire dalla trappola dell’indebitamento.
  • Gli interventi di sostegno sul fronte monetario e fiscale potrebbero comportare un aumento dell’inflazione a medio/lungo termine ma non crediamo che l’inflazione avrà un ruolo di primo piano nella determinazione del prezzo dei bond. In ogni caso, riteniamo ci sia valore in alcune obbligazioni indicizzate all’inflazione.
  • Abbiamo un giudizio da neutrale a positivo sul settore del credito nel complesso. Se da un lato le valutazioni non sono troppo interessanti e l’indebitamento globale è a livelli record, dall’altro le banche centrali sono compratori insensibili ai prezzi, e continueranno a intervenire direttamente nel segmento investmentgrade e in una certa misura anche in quello high-yield. L’attività delle autorità monetarie offrirà probabilmente un grande sostegno al settore.
  • I “fallen angels” potrebbero rivelarsi particolarmente interessanti nel contesto attuale. Lo stesso vale per le obbligazioni convertibili, che storicamente hanno mostrato un buon andamento nelle fasi di volatilità e che per i loro aspetti di similitudine con le azioni offrono un potenziale di rialzo.

Considerare i titoli growth in un’ottica di lungo periodo e adottare un approccio cauto sulle azioni nel breve termine

  • Alla luce dell’imminente recessione e della generale incertezza, riteniamo che, almeno per il momento, gli investitori dovrebbero adottare ancora una certa prudenza in ambito azionario. Per il momento privilegiamo un posizionamento neutrale sulle azioni. Modificheremo la nostra view in favore di un giudizio più costruttivo in presenza di progressi nei quattro fattori di cui sopra, tra cui notizie positive sul contenimento del virus e solida crescita del settore privato. D’altro canto, potremmo suggerire una riduzione dell’esposizione azionaria se le attese di crescita incorporate nei mercati diverranno troppo ottimistiche o si registreranno segnali di una seconda ondata di contagi.
  • Malgrado l’atteggiamento prudente a breve, siamo fermamente convinti che gli investitori di lungo periodo dovrebbero preferire le azioni alle obbligazioni, soprattutto perché in molti casi i rendimenti reali (al netto dell’inflazione) dei bond sono negativi.
  • In ambito azionario, guardiamo tuttora con favore ai titoli growth, in particolare tecnologici. Storicamente infatti i titoli growth hanno evidenziato un buon andamento nelle fasi di scarsa crescita. Inoltre, la crisi innescata dal coronavirus ha messo in luce l’esigenza strutturale di sviluppare ulteriormente il mondo digitale. Nel lungo periodo gli investitori dovrebbero anche valutare di bilanciare le posizioni nei titoli tecnologici con titoli healthcare e ciclici. Dati i passi avanti verso la riapertura e la stabilizzazione dell’economia globale, i mercati prediligeranno probabilmente comparti quali farmaceutici, biotecnologie e anche determinati segmenti dei settori energetico, finanziario e industriale. Si tratta di aree che potrebbero offrire interessanti opportunità di rischio/rendimento.
  • Anche l’azionario emergente potrebbe offrire un attraente potenziale di crescita agli investitori di lungo periodo. Pensiamo ad esempio alle A-share cinesi (società quotate sulle borse di Shanghai e Shenzhen). Tali titoli consentono agli investitori esteri di avere accesso diretto al trend di crescita di lungo periodo della Cina, che a nostro parere si conferma interessante malgrado il conflitto sino-americano.

Utilizzare la sostenibilità come una lente con cui individuare punti di forza e di debolezza

  • La pandemia di coronavirus ha fatto emergere alcuni punti deboli comuni a tutte le economie e ai sistemi su cui facciamo affidamento. Data l’elevata interconnessione, invece di basarsi sulla performance del mercato nel complesso gli investitori dovranno adottare un approccio sempre più selettivo a livello settoriale e di singoli titoli. I fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) possono rivelarsi uno strumento utile per mettere in luce rischi significativi a livello globale e testare la resilienza di aziende e sistemi. Occorrerà collaborare con partner esperti impegnati in ricerche approfondite nell’area della sostenibilità e nell’attività di engagement con il management aziendale al fine di migliorare le prassi societarie.
  • La corporate governance avrà una particolare rilevanza dato che il settore privato attraversa una recessione profonda. Ci aspettiamo una maggiore attenzione alle modalità di allocazione del capitale da parte delle aziende, in particolare a riacquisti di azioni proprie e dividendi. Tali prassi tuttavia dovranno essere valutate caso per caso poiché gli investitori retail e coloro che risparmiano in vista della pensione beneficiano anche di corsi azionari più elevati e del pagamento dei dividendi. Inoltre, a nostro avviso crescerà l’interesse per l’allineamento tra performance e remunerazione del management e gli interessi di tutti gli stakeholder.
  • L’esperienza della pandemia di coronavirus spingerà probabilmente le persone a richiedere sistemi sanitari più solidi e un migliore accesso a cure mediche di qualità elevata, a tutto vantaggio del settore sanitario. Inoltre, nel lungo periodo, ci attendiamo filiere via via più snelle, incentrate sulla realtà locale e quindi più semplici per le aziende da controllare.

Adottare un approccio attivo per distinguere vincitori e vinti nel contesto attuale

  • A nostro parere nelle fasi di crisi sui mercati finanziari è preferibile optare per strategie attive, e la pandemia in atto non fa eccezione. Una strategia di investimento attiva può contribuire alla gestione del rischio di portafoglio consentendo di mitigare le perdite nelle fasi ribassiste del mercato e di cogliere le opportunità più interessanti nelle fasi rialziste.
  • Oggi l’andamento dei mercati è determinato dalla performance dei singoli settori e non tanto dal rendimento del mercato nel complesso (beta) su cui negli ultimi anni hanno fatto affidamento gli investitori passivi. Nell’attuale crisi ci saranno sicuramente vincitori e vinti, anche all’interno dei settori, e le divergenze potrebbero rivelarsi piuttosto pronunciate; alcune società potrebbero non sopravvivere. Gli strumenti passivi e indicizzati – utili in determinati contesti – potrebbero esporre gli investitori a potenziali sottoperformance o addirittura a dei default.