High Yield, un rimbalzo eccezionale

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I mercati dopo aver segnato un crollo storico per durata e proporzione, registrano un rimbalzo ugualmente eccezionale.

Dapprima il recupero ha sconcertato molti investitori a causa della decorrelazione rispetto all’economia reale, esso è ora ben spiegato e compreso.

Due mesi dopo, le agenzie di rating, che nel 2008 erano state largamente criticate per la lentezza con cui avevano aggiustato i propri rating, hanno adottato una linea opposta abbassando i rating delle aziende aggressivamente  e a tempo record, senza fare troppe distinzioni.

Le agenzie  hanno valutato l’impatto della crisi sui fondamentali  prima dell’annuncio delle misure di eccezionale sostegno  da parte di governi e banche centrali.

Di conseguenze le stesse agenzie, e con esse parte del mercato, hanno anticipato un numero di default imminenti estremamente elevato. Ad esempio a marzo, S&P Global Ratings ha annunciato che il tasso di default per i bond high-yield si stava avvicinando al 10% per i 12 mesi successivi: oltre il triplo del tasso del 3,1% registrato a fine 2019. Analogamente, Fitch Ratings[1]prevedeva un tasso di default del 17% per il settore USA dell’energia.

Nell’ultimo mese, tuttavia, i mercati sono stati in grado di perfezionare questa analisi e di riconoscere che il quadro è cambiato in modo radicale. Questa situazione eccezionale ha avuto una risposta altrettanto eccezionale, mai osservata nelle crisi precedenti:

  • Le banche centrali, che avevano impiegato quattro anni per reagire alla crisi del 2008, hanno iniettato somme consistenti di liquidità nei mercati finanziari
  • I governi hanno messo da parte i timori relativi al deficit di bilancio per aiutare le aziende nazionali e preservare i posti di lavoro
  • Allo stesso tempo il mese di maggio, particolarmente ricco di eventi con molte aziende high-yield che hanno pubblicato i risultati del primo trimestre,  dando agli investitori un po’ più visibilità sul secondo trimestre e li ha rassicurati sulla loro salute finanziaria

Le nostre stime sui tassi di default sono significativamente più basse:

  • High-Yield europeo:
    • Scenario di base: 4,46%
    • Scenario negativo: 6%
  • High Yield Usa:
    • Scenario di base: 7,38%
    • Scenario negativo: 10,5%

Si noti che le nostre stime sono fatte tenendo conto del peso dei default rispetto al numero di emissioni complessive, per comprendere al meglio la salute del mercato high-yield e rappresentare meglio i rischi attuali. Le agenzie, tuttavia, comunicano il proprio tasso di default come il numero di emittenti in default rispetto al numero di emittenti totali, sovrastimando così  il peso dei default sul mercato.

Valutazioni supportate da misure accomodanti

Il massiccio supporto delle banche centrali e dei governi per impedire che la crisi sanitaria si tramutasse in una gravissima crisi economica è oggi un elemento decisivo sul mercato high-yield. Grazie a queste misure, i flussi stanno gradualmente tornando verso l’asset class, e questo supporto inizia a venire riflesso nelle valutazioni dei bond high-yield, come si può osservare dai grafici in basso.

I Paesi con piena autonomia monetaria e fiscale vedranno una ripresa più rapida delle loro economie. Riteniamo che il rimbalzo sarà più significativo negli USA che in Europa. Per l’approssimarsi delle elezioni di novembre riteniamo che  il candidato in carica (D. Trump) sarà spinto ad accelerare il piano di ripresa per fronteggiare la notevole crescita della disoccupazione e delle disuguaglianze sociali. Questa ripresa negli Stati Uniti, e soprattutto nel mercato dell’High-yield USA sarà facilitata anche dal riacquisto dei “fallen angels” e degli ETF High-yield da parte della FED; cosa che la BCE non ha fatto.

La crisi infatti causa  un declino della crescita e un aumento del debito pubblico in particolare  in Europa, soprattutto nei Paesi periferici con situazioni politiche fragili (ad esempio l’Italia). Le iniziative della BCE e della Commissione UE (recovery plan, ecc) sono senza precedenti in questo senso e rappresentano un passo in direzione di una più compiuta integrazione europea.

Non ci aspettiamo un aumento sostanziale nei tassi di default

Il mondo ha sperimentato o sta sperimentando la crisi economica più seria dopo il 1929, ma paradossalmente consideriamo che questo dato non si tradurrà in un aumento severo del numero di default come fu nel 2001 (tasso di default del 22%) e nel 2008 (tasso di default del 15%), a causa delle attese sulla ripresa dell’economia globale (i primi segni della quale iniziano a materializzarsi in Cina e negli USA), alla luce della fine della quarantena e soprattutto del rapido e massiccio supporto da parte di Banche centrali e dei governi.

Riteniamo che le proiezioni delle agenzie di rating sui tassi di default per il 2020 e il 2021 siano esagerate e che non tengano sufficientemente in conto il miglioramento delle condizioni finanziarie che hanno consentito a molti emittenti di rifinanziarsi e di migliorare significativamente le proprie condizioni di liquidità. Il volume delle emissioni obbligazionarie ha raggiunto i massimi di sempre, con oltre $1000 mld dall’inizio dell’anno.

Nell’high-yield, il mercato USA si è rivelato molto dinamico, con un aumento del 57% delle emissioni rispetto all’anno scorso, a differenza del mercato europeo, rimasto meno dinamico ma per il quale  ci si attende un’accelerazione entro l’estate.

Se lo scenario di ripresa assumerà la cosiddetta forma di una “U”, come nel nostro scenario base, le agenzie di rating dovranno abbassare probabilmente le loro proiezioni di default per l’high-yield (questi sono fattori che iniziano a venire gradualmente integrati dal mercato).

Non pensiamo che vi sarà un’ondata massiccia di insolvenze  sugli emittenti dell’energia negli USA. Il settore soffre certamente di un calo dei prezzi piuttosto brusco e senza precedenti, ma la crescita dei default si concentrerà principalmente sui player piccoli e sui mercati emergenti. Gli USA non rinunceranno mai all’indipendenza energetica e i repubblicani non “abbandoneranno il settore”. Chi perderà maggiormente dal calo del prezzo del petrolio sono i Paesi emergenti che dipendono largamente dalle commodities e soffrono di forti deficit esterni (Paesi del Medio Oriente ed America Latina). I piccoli produttori USA spariranno, ma questo non si tradurrà in un aumento dei default delle proporzioni che erano state previste all’inizio della crisi. Il mercato sta gradualmente integrando questo fattore come evidenziato dal significativo declino nel “distressed ratio” delle aziende negli USA, calato dall’80% di marzo a un valore attuale inferiore al 15%.

Convinzioni sulla strategia di investimento High-Yield

Geograficamente:

  • Preferiamo gli USA e l’Europa core, mentre restiamo cauti sui Paesi emergenti e periferici europei
  • I fondamentali dei Paesi emergenti appaiono indeboliti a causa della crisi in corso e della loro forte dipendenza dalle commodities (incluso il petrolio). Inoltre essi non beneficiano dello stesso supporto delle banche centrali offerto ad USA ed Europa
  • Ci si attende che i Paesi periferici soffrano di un significativo declino della crescita e di un importante aumento del debito pubblico. Anche il rischio politico pesa notevolmente.

Rating:

  • Favoriamo i grandi emittenti USA (soprattutto i fallen angels) che offrono premi al rischio interessanti rispetto agli emittenti europei, specialmente con un calo significativo nei costi di copertura vautaria che dovrebbe protrarsi nel tempo grazie alla politica monetaria espansiva della FED

Settori:

  • Rimaniamo cauti sui titoli ciclici con rating “B” e “CCC” e favoriamo gli emittenti “benchmark” rispetto ai piccoli emittenti con bassi livelli di liquidità.