Il rally del mercato azionario ha basi solide?

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Vi sono molte ragioni per interrogarsi sulla sostenibilità del rally azionario. In primo luogo le valutazioni. La storia dimostra che se si acquistano azioni alle valutazioni correnti si ha un alto grado di certezza che il ritorno a lungo termine che ne deriverà sarà basso o negativo, sia in termini nominali sia reali. Le valutazioni non contano nel breve termine, ma nel lungo termine sono l’unica cosa importante. L’idea che i tassi bassi da soli giustifichino valutazioni più elevate è errata. Non ha avuto importanza né in Europa né in Giappone per molti anni e rappresenta invece solo un assunto conseguente a un mercato guidato da un sentimento maniacale e di speranza. Se i tassi sono bassi perché le prospettive di crescita sono deboli, allora non vi è alcuna giustificazione per multipli più alti al di là di un sistema di semplicistico valutazione incrociata delle azioni rispetto alle obbligazioni. Il problema è che le obbligazioni hanno cedole fisse e bassa volatilità. Le azioni non hanno né l’uno né l’altro e quindi il confronto tra queste due asset class non ha senso.

Anche gli utili sono motivo di cautela. I dati del Bureau of Economic Analysis mostrano che negli Stati Uniti la profittabilità delle società ha registrato movimenti laterali dal 2012 e sia di fatto più bassa dal 2014. Quello che abbiamo osservato è invece un sostegno agli utili tramite aggiustamenti pro forma e swap azionari, dato che le aziende hanno emesso obbligazioni per riacquistare azioni. Questo è stato ottimo per la remunerazione del management, ma ha penalizzato le società in termini di indebitamento e capacità produttiva.

Infine, le prospettive economiche stesse. Il periodo di riapertura meccanica dell’economia è ormai passato, ma sotto questa narrativa ciclica si nasconde un problema strutturale. L’economia era debole, squilibrata e fragile già molto prima che si sentisse parlare di Covid. L’eccessiva dipendenza dal debito, la stridente ineguaglianza, la concentrazione dell’industria e una politica monetaria sempre più sperimentale e dannosa avevano già reso l’economia fragile e inefficiente. Da marzo, tutto quello che è successo ha causato un ulteriore accumulo di debito per mascherare l’impatto della pandemia.  A un certo punto il conto dovrà essere pagato.