Le parole sono importanti

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La riunione della BCE del 10 dicembre sarà l’evento più importante della prossima settimana. La Lagarde è attesa da un compito impegnativo: stupire i mercati, le cui aspettative sono già alte, e frenare il rafforzamento dell’euro, il cui apprezzamento potrebbe vanificare in parte gli sforzi monetari.

“In December the Governing Council will recalibrate its instruments, as appropriate, to respond to the unfolding situation”. Questa frase rappresenta la promessa con cui la Lagarde ha lasciato stampa e mercati a fine ottobre. In quel frangente, le paro­le della governatrice e il comunicato fermo della Banca hanno contribuito a rasserenare gli animi e a fornire, ancor prima dei vaccini, un propellente per il recupero degli indici azionari del continente. A questo punto, con l’indice MSCI EMU passato in un mese dal -16% (da inizio anno) fin quasi alla parità, gli investitori attendono al varco le decisioni concre­te della BCE. L’appuntamento non arriva peraltro in un momento facile: in primo luogo, c’è da assolvere ad uno dei compiti espliciti della Banca, ovvero quello di assicurare una trasmissione efficace della sua politica monetaria. Gli ultimi dati, mostrati solo qualche giorno fa da Philip Lane, membro del Consiglio della BCE, sono a questo proposito poco confortanti: se è vero che le condizioni di accesso al credito per il momento reggono, le aspettative future delle imprese UE sono di una contrazione significativa dei prestiti.

C’è poi il punto insidioso dell’euro-dollaro a porre un ulteriore problema, diventato certamente cen­trale negli ultimi giorni. Nel mese di novembre si è materializzato un forte apprezzamento dell’euro, in un contesto in teoria favorevole a un recupero della divisa statunitense. La tenuta migliore dell’economia USA, l’allarga­mento del differenziale fra curva USD e EUR sulle medie scadenze, e proprio le premesse di intervento BCE, rappresentavano (e rappresentano) altrettanti elementi a favore del dollaro. Al contrario, i flussi d’in­vestimento “pro risk” in direzione di Value e Europa, hanno prodotto l’effetto opposto, con la rottura del livello psicologico e tecnico di 1.20. E’ ormai abbastanza chiaro che, in un contesto di inflazione azzerata e con il sud Europa già in ampia deflazione, la BCE non sia a proprio agio con livello e rapidità del movimento al rialzo. D’altra parte, già a inizio settembre lo stesso Lane lo aveva esplicitamente segnalato in una dichiarazione.

Tutti gli elementi discussi portano a concludere che sia necessario un intervento deciso da parte della Banca, possibilmente in grado di superare le aspettative elevate dei mercati. Al momento sembra essere prezzato un aumento della dotazione del PEPP, il programma pandemico, nell’ordine dei 400- 500 miliardi di EUR, e un suo prolungamento fino a fine 2021. Decisioni più coraggiose, o per cifre in gioco, o perché allargate a una pluralità di strumenti, potrebbero favorire il duplice obiettivo di offrire l’en­nesima sponda monetaria ad economie claudicanti in attesa del vaccino, e raffreddare il cambio euro-dollaro, evitando di imbarcare ulteriore deflazione