It’s the end of the world as we know it …

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Esattamente un anno fa, nel mezzo del bear market più violento della Storia – bastarono soltanto 21 giorni per spingere i listini a perdite di oltre -20% – scegliemmo il celebre brano dei R.E.M. “It’s the end of the world as we know it” per descrivere il sentimento prevalente sui mercati.

In quel momento gli interventi di easing monetario erano stati annunciati solo parzialmente, lo stimolo fiscale era ancora un rumor e la prospettiva di un vaccino era solo un miraggio.

Gli operatori di mercato, colti dal panico, avevano venduto in massa gli asset rischiosi, prezzando così una lunga recessione e, in certi casi, la pressoché totale mancanza di futuro per i settori più ciclici o più direttamente impattati dalla pandemia, come turismo e retail.

Coerentemente con il nostro approccio value contrarian, ci siamo focalizzati sui fondamentali e abbiamo incrementato gli investimenti. Non avevamo nessuna idea di quando i mercati si sarebbero ripresi, ma il mercato ci offriva opportunità di investimento a significativo sconto rispetto al valore intrinseco e abbiamo colto questa opportunità. In un primo momento i mercati hanno reagito al forte stimolo monetario messo in atto dalle Banche Centrali premiando i titoli di maggior qualità che beneficiano di trend strutturali di crescita. Poi da novembre, grazie ai dati incoraggianti sul fronte dei vaccini e alle prospettive di ulteriore stimolo fiscale, la componente più ciclica del mercato ha fatto registrare le performance migliori.

Tra i best performer segnaliamo il comparto degli industriali, finanziari, energia, materie prime e consumi discrezionali. Il settore finanziario americano, in particolare, ha dimostrato, a differenza delle crisi precedenti, di aver fortemente rafforzato la propria solidità patrimoniale ed è stato così parte della soluzione alla crisi, supportando il finanziamento dell’economia in collaborazione con il Tesoro.

Un altro esempio è dato da molte aziende del settore retail che hanno approfittato della pandemia per migliorare la propria offerta digitale e razionalizzare l’organizzazione dei punti vendita, ma che adesso intravvedono la riapertura dei negozi con un conseguente atteso “effetto base” significativamente positivo.

Analoghi ragionamenti possono essere fatti per le aziende del turismo, dei trasporti e per le materie prime: basti pensare che il primo future sul WTI fece registrare ad aprile, anche in parte per ragioni tecniche, prezzi addirittura negativi. Contrariamente al sentimento prevalente sul mercato, quindi, proprio i settori e le asset class che avevano sofferto di più hanno dato un significativo contributo alla performance nel vigoroso rimbalzo dei mercati degli ultimi 12 mesi premiando gli investitori più pazienti e meno emotivi.