Un tuffo nel debito, la Modern Monetary Theory

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La prima pandemia globale da un secolo a questa parte ha impresso una marcata accelerazione a trend preesistenti. Spicca innanzitutto il generale malcontento nelle democrazie di fronte alle disuguaglianze economiche e sociali, aggravate dal COVID-19.

Questi fattori, uniti alle crescenti pressioni sulle finanze pubbliche esercitata dalle ingenti misure di stimolo del periodo 2020–2021, sono i driver di molte discussioni sulle politiche economiche odierne. La tensione tra inflazione e deflazione è destinata a continuare, ma il calcolo è mutato. In un’ottica di lungo periodo, il controllo dell’inflazione prevale sulla crescita economica, ma la strategia adottata varierà a seconda del Paese o della regione.

I dibattiti e le discussioni in corso sulla politica monetaria e fiscale permeano grandi blocchi politici attenti alle priorità degli anziani, vale a dire abitualmente inflazione, assistenza sanitaria e ordine pubblico. Nei Paesi in cui si registra già una diminuzione della popolazione, gli incentivi fiscali volti ad aumentare i tassi di fertilità si accompagnano sempre più spesso alla volontà di modificare le politiche di welfare economico e sociale, un fattore che mette a dura prova i conti pubblici. Il COVID-19 ha esacerbato le disuguaglianze socioeconomiche in diversi Paesi; a livello globale si darà sempre più priorità a una tassazione progressiva e ridistributiva, si tenteranno misure economiche non ortodosse e si assisterà al ritorno del Big Government.

Una possibile conseguenza è la proliferazione di teorie non ortodosse, ad esempio la Teoria monetaria moderna (TMM).

Secondo la TMM, in fase di definizione del livello di spesa pubblica i Paesi che godono della sovranità monetaria e spendono, tassano e contraggono prestiti in una moneta legale su cui hanno il pieno controllo non sono operativamente vincolati dalle entrate. In verità, sembra che in passato un solo Paese abbia attuato una sorta di TMM: il Giappone. Si tratta di una situazione unica, cioè un Paese ricco il cui debito sovrano è per la maggior parte in mano a investitori istituzionali.