Entro il 2043 i benefici della transizione energetica supereranno i costi

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“Nei prossimi 50 anni il mancato contrasto ai cambiamenti climatici potrebbe causare all’Italia fino a 1,2 trilioni di euro di danni economici, oltre che 21 milioni di posti di lavoro in meno, riducendo significativamente le prospettive economiche di lungo termine. Di contro, una rapida decarbonizzazione nel nostro Paese, in un contesto di riscaldamento globale limitato entro 1,5°C, potrebbe portare a un differenziale positivo del Pil annuo pari al 3,3% nel2070 e a 470,000 posti di lavoro in più. Non a caso, il più grande successo del G20 a guida italiana, da poco conclusosi a Roma, è stato l’accordo dei Paesi sulla necessità di mantenere entro il tetto massimo di 1,5°C il riscaldamento globale”.

Lo dichiara Franco Amelio, Sustainability Leader di Deloitte Italiapresentando il report “Italy’s Turning Point- Accelerating New Growth On The Path To Net Zero”. Lo studio di Deloitte che analizza gli impatti economici dell’inazione rispetto ai cambiamenti climatici per l’Italia e mostra le significative opportunità derivanti da un’economia nazionale rapidamente decarbonizzata.

Fabio Pompei, CEO di Deloitte Italia, aggiunge: “Il cambiamento climatico avrà un impatto sempre più concreto sulle nostre vite, sull’azione di governi nazionali e locali, sulle relazioni commerciali. Raggiungere la neutralità climatica non è quindi un obiettivo aspirazionale, ma un imperativo economico, perché una transizione verso un’economia nazionale a basse emissioni è possibile solo considerando i sistemi economici e quelli naturali come inestricabilmente legati. Tuttavia, nessun Paese o settore produttivo può farcela da solo: senza un’azione coordinata a livello globale, le emissioni climalteranti e le temperature continueranno ad aumentare. In questo contesto, l’Italia, combinando le risorse NGEU con quelle del fondo complementare, ha messo sul piatto circa 70 miliardi di euro a favore di rivoluzione verde e transizione ecologica, ovvero circa il 30% degli investimenti NGEU previsti. Siamo di fronte a un’opportunità unica per il nostro Paese”.

I danni prodotti dal Climate Change in Italia

Secondo il modello proprietario sviluppato dal Deloitte Economics Institute, un riscaldamento globale di circa 3°C produrrebbe in Italia enormi danni in termini economici, ambientali e per la salute umana. Infatti, nei prossimi 50 anni le perdite economiche cumulate indotte dal cambiamento climatico per l’Italia potrebbero ammontare a circa 1,2 trilioni di euro rispetto a un contesto in cui il riscaldamento climatico è stato tenuto sotto controllo (+1,5°) grazie ad una progressiva decarbonizzazione del sistema economico. In questo scenario, nel 2070 il nostro Paese dovrebbe confrontarsi con un differenziale negativo del Pil stimato in 115 miliardi di euro a causa di una ridotta produttività e della mancanza di nuovi investimenti e innovazione, con ricadute su tutti i settori dell’economia nazionale. Questo perché capitale produttivo e know-howverrebbero concentrati nel tentativo di riparare i danni indotti dal cambiamento climatico invece di essere diretti verso innovazione, tecnologie e infrastrutture in grado di generare valore e realizzare la transizione ecologica. Rispetto a uno scenario dove l’aumento medio delle temperature è invece di 1,5°, ci sarebbero circa 21 milioni di posti di lavoro in meno (420.000 all’anno in media) nei prossimi 50 anni. Peraltro, i 5 principali settori economici italiani – servizi privati e pubblici, manifattura, commercio al dettaglio e turismo, edilizia e trasporti, che rappresentano circa l’85% del Pil – risulterebbero fortemente esposti ai rischi del cambiamento climatico.

2043: l’anno della svolta climatica

L’analisi di Deloitte individua per il nostro Paese il 2043 come il “punto di svolta”, ovvero il momento in cui i benefici della transizione ecologica iniziano a superare i costi. Se l’Italia rafforzasse ulteriormente il proprio impegno sul fronte della decarbonizzazione, con adeguati investimenti in innovazione tecnologica e Ricerca & Sviluppo nel prossimo decennio, sarebbe uno dei primi paesi in Europa a raccogliere i benefici economici della transizione ecologica: la media europea del punto di svolta sarebbe l’anno 2050. Da questo punto di svolta economico e climatico in poi, il modello elaborato da Deloitte mostra che il nostro Paese potrebbe iniziare a godere dei ritorni di un’economia moderna, produttiva e pulita, in grado di generare nuovo valore attraverso servizi professionali, soluzioni tecnologiche e opportunità di diversificazione.

Nel suo primo decennio dopo il punto di svolta e in un contesto di riscaldamento globale limitato entro 1,5°C, l’Italia potrebbe sperimentare un significativo aumento del Pil. Nel 2070, il beneficio della transizione ecologica per l’Italia sarebbe misurabile in un differenziale positivo   del Pil annuo pari al 3,3% ovvero 115 miliardi di euro, e in una crescita dell’occupazione stimata in circa 470.000 lavoratori in più rispetto ad uno scenario caratterizzato da un riscaldamento globale a circa 3°. La crescita dell’occupazione, in particolare, sarebbe creata dal settore dell’energia pulita, tra cui l’idrogeno, e dall’espansione della manifattura moderna.

Il costo della transizione ecologica

Mentre alcuni critici sostengono che il processo di decarbonizzazione potrebbe rivelarsi troppo costoso, dal momento che implica la trasformazione o riconversione di interi settori industriali, il modello di Deloitte ipotizza – in uno scenario a +1,5°C – un costo della transizione pari a circa 0,7% del Pil annuo.

Stefano Pareglio, Independent Senior Advisor di Deloitte per l’area Sustainability, conclude: “Ogni cambiamento strutturale ha inevitabilmente un costo. Ciò vale anche per la transizione energetica. Serviranno però pochi anni per vedere gli effetti positivi degli investimenti effettuati, sia a livello di imprese, sia a livello di comunità nazionale. Non dobbiamo dimenticare che l’inazione non è priva di costi, anzi: le evidenze scientifiche ormai sono concordi nel rilevare come tali costi superino i benefici attesi, come dimostra ora anche la ricerca Deloitte. E poi ci sono numerosi co-benefici, in termini di qualità dei servizi ecosistemici, di innovazione tecnologica, di qualità della vita, di salubrità dell’ambiente e così via.”.