Grazie ai vaccini non dobbiamo temere la quarta ondata

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Le infezioni da COVID-19 hanno accelerato nella scorsa settimana in tutta Europa, spingendo alcuni governi a imporre nuove restrizioni alla mobilità e il lavoro da casa. Tuttavia, dubitiamo che questi passi saranno di vasta portata, e riteniamo improbabile che la traiettoria verso la ripresa economica possa deragliare nelle prossime settimane.

Negli ultimi due mesi, nel Regno Unito i casi di COVID-19 sono aumentati notevolmente, per poi stabilizzarsi con tassi di ospedalizzazione e morte molto inferiori alle precedenti ondate di infezione. Inoltre, nel Regno Unito l’atteggiamento generale verso l’uso della mascherina è stato molto più rilassato che nel Vecchio Continente: chi usa i trasporti pubblici ha potuto osservare meno della metà degli utenti indossare protezioni per il viso, anche durante le ore di punta. Di conseguenza, la recente accelerazione dei casi di COVID-19 nell’UE può sembrare preoccupante se vista di per sé, ma se inserita in questo contesto lo risulta molto meno.

Stiamo tutti imparando a convivere con il COVID-19, e sembra che i vaccini e i recenti richiami stiano giocando un ruolo importante nel mitigare il virus. Nel contesto degli investitori in asset finanziari, è tuttora corretto affermare che stiamo osservando un percorso nel quale ci stiamo lasciando la pandemia alle spalle.

Avvicinandoci alla fine dell’anno, a nostro parere un rischio più concreto per i mercati può venire dagli eventi riguardanti la situazione di Russia e Ucraina. Il recente stanziamento di truppe russe potrebbe suggerire che il confronto è in arrivo, con un Putin consapevole che l’Occidente potrà fare ben poco in caso di azioni russe in tal senso, data la dipendenza dell’Europa dal gas russo e un’Amministrazione statunitense che probabilmente avrà poco interesse all’azione che vada oltre l’imposizione di ulteriori sanzioni.

Considerando che anche la situazione in Bielorussia non è stabile, si dice che Putin stia considerando la possibilità di ricostruire l’Unione Sovietica, attraverso l’instaurazione di legami più forti con gli Stati della Comunità di Stati Indipendenti. Da questo punto di vista, si dovrebbe notare che l’8 dicembre segnerà il 30° anniversario della fine dell’ex URSS. Forse Putin si guadagnerà un posto nella storia come il leader che ha ricostruito tale unione, anche se nel complesso, la nostra valutazione del Presidente russo è che sia un individuo che non ha fretta di agire.

Inoltre, questa speculazione al momento serve solo a spingere ancor più in alto i prezzi del petrolio e del gas, e difficilmente sta danneggiando la Russia allo stato attuale delle cose. In questo contesto, gli asset russi e il rublo potrebbero apparire attraenti, se non fosse per il rischio geopolitico incombente.

Gli alti prezzi del gas in Europa rimangono un tema importante in tutto il continente. Gli accordi per porre fine all’uso del carbone siglati alla COP26 servono solo ad aumentare la domanda di gas nel breve periodo, con una capacità aggiuntiva nel nucleare e nelle rinnovabili che richiederà tempo per riuscire ad allontanarsi dagli idrocarburi in modo più significativo.

Nei prossimi mesi, è probabile che i costi dell’energia peseranno sui consumatori europei. La sorpresa al rialzo dell’inflazione britannica di questa settimana – con l’indice dei prezzi al consumo che ha raggiunto il 6% – sarà a nostro avviso probabilmente seguita da ulteriori aumenti. Sulla scia di ciò, i prezzi regolamentati, come le tariffe dei treni o le spese per i prestiti agli studenti, potrebbero superare l’8%, con una conseguente spinta sulle richieste salariali.

Nelle discussioni con i sindacati, i leader non tardano a rendersi conto che è stato registrato un effettivo taglio dei salari nell’ultimo anno. Con un’inflazione destinata a rimanere elevata durante il 2022, i sindacati hanno calcolato che saranno necessari aumenti salariali a due cifre, e con l’attuale aridità del mercato del lavoro, esiste la possibilità di azioni industriali se i governi e i datori di lavoro non accetteranno queste richieste.

Per noi, questo è un forte richiamo al fatto che le aspettative d’inflazione possono essere disancorate e gli effetti secondari sull’inflazione possono creare una traiettoria più persistente verso prezzi più alti. Riteniamo che molti politici siano stati lenti a rendersene conto, il che è preoccupante.

Negli Stati Uniti, i prezzi del gas non sono così preoccupanti e le mosse di Biden per aprire la Strategic Petroleum Reserve possono per ora aiutare a tenere sotto controllo i prezzi del petrolio. Tuttavia, l’inflazione sta diventando una questione sempre più politica, e nella Fed si registra un senso di preoccupazione sul fatto che il FOMC possa essere rimasto indietro rispetto all’andamento della curva.

Nel frattempo, i dati sulla domanda aggregata nel quarto trimestre sono sembrati piuttosto robusti, con le vendite al dettaglio in buona salute questa settimana e i risultati delle indagini altrettanto solidi. La coda di navi in attesa al largo della costa occidentale degli Stati Uniti sembra continuare a crescere… Al contempo, la sensazione che riceviamo dalle aziende è che ci sia il desiderio di ricostruire le scorte esaurite. La pandemia sta creando un allontanamento dai modelli di produzione “just-in-time” e dalle catene di fornitura globalizzate, che sono anche i fattori che hanno contribuito a una minore inflazione negli ultimi due decenni.

Nell’ultima settimana, i rendimenti dei bond sono stati scambiati leggermente più bassi, guidati dalla zona euro. Nonostante i dati sull’occupazione e sull’inflazione nel Regno Unito siano superiori al consenso, i rendimenti dei Gilt sono rimasti invariati, anche se questi dati sembrano evidenziare che la BoE dovrà presto inasprire la politica.

Nel corso della settimana, le valute hanno attirato maggiormente l’attenzione degli investitori, con il dollaro statunitense che ha raggiunto nuovi massimi contro l’euro e lo yen, sulla scia di ulteriori stimoli da parte del Giappone. Siamo stati inclini a cercare la forza del dollaro sulla relativa sovraperformance dell’economia statunitense, e pensiamo che ciò possa continuare fino alla fine del 2021.

L’inasprimento delle politiche è più caratteristico negli Stati Uniti, e riteniamo che ulteriori dati robusti sull’occupazione e sull’inflazione verso dicembre possano portare a revisioni delle previsioni del FOMC, nonché a un’accelerazione del ritmo del tapering, che dovrebbe finire già a marzo. Nel frattempo, nell’Eurozona, vediamo una BCE più colomba – con la recente quarta ondata che dà al Consiglio Direttivo tutte le scuse necessarie in tal senso.

I timori di liquidità per la fine dell’anno hanno visto i tassi repo in calo e alcune preoccupazioni per la compressione del collaterale. Ciò ha spinto ad un allargamento degli spread degli swap, ed è stato anche un fattore che ha pesato sugli spread del credito cash in un momento in cui c’è ancora molta offerta prima che il calendario delle emissioni finisca a dicembre.

Con gli indici CDS non influenzati da questi movimenti, l’allargamento della base cash-CDS ha visto il credito sottoperformare nelle ultime settimane, anche se consideriamo questo come un fenomeno temporaneo e stagionale che dovrebbe correggersi a dicembre. Tuttavia, i corporate bond hanno sottoperformato, e la stessa dinamica ha avuto un impatto sugli spread del credito sovrano.

Guardando avanti

La prossima settimana è quella del Giorno del Ringraziamento negli Stati Uniti, quindi una settimana di lavoro ridotta per i mercati. Spesso si guarda con grande interesse ai dati di vendita del Black Friday come un indicatore della salute economica e della forza del consumatore, ma quest’anno potrebbe essere un po’ diverso.

Secondo noi, non è così ovvio che i rivenditori vorranno applicare grandi sconti, considerato che non hanno un reale inventario da vendere. Gli sconti potrebbero quindi essere molto meno generosi che in passato, con una conseguente ridotta euforia nei negozi.

Nel frattempo, continuiamo ad aspettare notizie sulla scelta di Biden per la Presidenza della Fed. Le preoccupazioni sull’inflazione sembrano danneggiare le possibilità di una nomina di Lael Brainard. Tuttavia, se ciò accadesse potremmo vedere un impatto positivo sugli asset di rischio, un dollaro un po’ più debole e una curva dei rendimenti più ripida. In ogni caso, pensiamo che il livello assoluto dei rendimenti non dovrebbe subire grandi cambiamenti, almeno nella parte più lunga della curva.

Rimaniamo inoltre fiduciosi sul fatto che i rendimenti statunitensi dovrebbero salire notevolmente fino alla fine dell’anno. Una combinazione di dati positivi, un atteggiamento più ‘da falco’ della Fed e una minore liquidità potrebbero contribuire a tale possibilità, soprattutto se il percorso per il primo rialzo dei tassi venisse spostato alla prima metà del 2022.

Tornando al tema della quarta ondata, continua a colpirci il fatto che la vaccinazione offra la risposta a tale situazione e non le restrizioni dei lockdown. Casomai, un’accelerazione delle infezioni potrebbe portare a un aumento delle vaccinazioni e di conseguenza gran parte di questa dinamica dovrebbe essere auto-correttiva.

In generale, ci si potrebbe aspettare che il numero di no-vax diminuisca, poiché essi si trovano di fronte alla scelta fra rivalutare le loro considerazioni o ammalarsi. In ogni caso, possiamo dire che questa ondata è molto meno spaventosa di quelle che l’hanno preceduta.