Siamo sull’orlo di un’inversione nelle valutazioni?

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Per gli operatori di borsa le valutazioni sono il pane quotidiano. Poiché sono davvero tanti a intervenire sui mercati, potremmo immaginare che il valore di ogni azienda sia sempre più o meno “giusto”. Eppure, non è così per i gestori di fondi concentrati sui titoli meno costosi del listino rispetto, ad esempio, ai benefici o al bilancio. Ai loro occhi per buona parte gli indici appaiono molto sottovalutati per via, in particolare, della tendenza in crescita da più di dieci anni a scontare i titoli trascurati. Da quando raggiunsero il picco nel 2007, gli indici delle aziende value non hanno praticamente perso terreno rispetto alle aziende growth. Alla stregua delle disuguaglianze sociali, sono aumentate le “disuguaglianze” nelle valutazioni dei titoli: il vincitore ha fatto man bassa!

E c’è una buona ragione: un’azienda innovativa con un elevato livello di crescita, se si prevede in particolare che sia sostenibile, merita di essere pagata di più. Tuttavia, il livello di premio dato alle aziende più costose dipende dal contesto macroeconomico, che potrebbe aprire forse la strada a un cambiamento strutturale nel sopravvento delle azioni che sembrano “costose” rispetto a quelle “a sconto”.

Alcuni segnali di questo possibile cambiamento sono emersi nel 2021. In Europa, i titoli tecnologici, tipici della “crescita costosa”, hanno generato delle ottime performance ma sono le banche, a lungo trascurate, ad aver rappresentato il miglior settore. Tra l’altro, la tendenza si sta profilando in modo ancor più netto in questo inizio d’anno.

Siamo sull’orlo di un’inversione nelle valutazioni? Questa domanda, ripetuta molte volte, ha creato parecchi fuochi di paglia in passato. Alla luce però di alcuni aspetti sul mercato, potremmo essere portati a pensare che questa volta le cose potrebbero assumere una piega diversa.

In primo luogo, perché quasi tutte le banche centrali si sono impegnate, in misura diversa, a ridurre i loro acquisti di obbligazioni o, come la Fed, a intraprendere un percorso di rialzo dei tassi di interesse o addirittura a ridurre il suo bilancio obbligazionario. Quando i tassi aumentano, i titoli più costosi che giustificano il loro prezzo con la crescita a lungo termine sono costretti a sovracompensare con un’ulteriore crescita per evitare di diventare meno interessanti. Non tutti possono farlo, ragion per cui una loro corretta selezione riveste un ruolo cruciale.

In secondo luogo, perché è probabile che si vada incontro a un aumento strutturale dell’inflazione. Certo, l’inflazione attuale, anormalmente elevata, dovrebbe scendere prossimamente anche se dopo questo picco temporaneo è probabile che rimanga attestata, per diversi motivi, su un livello più alto rispetto agli ultimi anni. Tra questi: una minore globalizzazione a causa del conflitto strutturale tra Stati Uniti e Cina; la quasi piena occupazione negli Stati Uniti; una domanda crescente di petrolio a fronte di operazioni estrattive sempre più complesse e sempre meno finanziate; un probabile aumento del prezzo dei metalli indispensabili per la transizione energetica, ecc.

Ora, in un contesto di inflazione, i tassi tendono a salire, anche se questo non è né meccanico né immediato. Una semplice incertezza sul livello dei tassi a lungo termine genera maggiori esigenze nei confronti delle valutazioni. Ancora una volta quindi, è consigliabile aumentare il livello di selettività dei titoli.

Infine, ogni dominazione prima o poi finisce. Come emerge dagli studi accademici, non c’è alcun vantaggio a lungo termine nell’investire nelle azioni più costose. Tutt’altro! Le cose finiscono sempre per riequilibrarsi. Per alcuni titoli, i colossi tecnologici americani o cinesi in particolare, il segnale potrebbe arrivare da nuove pressioni politiche finalizzate a limitare la loro onnipotenza, e quindi l’attrattiva che esercitano in borsa.

Se questo cambiamento dovesse manifestarsi, non penalizzerebbe tutte le aziende costose o innovative: ci sarà sempre un premio per gli astri nascenti, ed è un bene per l’innovazione. Il mercato, e a maggior ragione la natura umana, ne tengono conto dando così una possibilità ad alcuni titoli che sono stati a lungo trascurati. Potrebbe essere giunta l’ora della “giustizia per tutti” nelle valutazioni.