Isolamento

-

Alle misure ufficiali si sono aggiunte le mosse volontarie del settore privato. Abbiamo assistito al ritiro in massa di varie aziende dalla Russia per la disapprovazione verso Putin e la leadership del Cremlino, la cui guerra sta costando vite e sofferenze umane indicibili.

Questa escalation della guerra economica ha spinto il petrolio al di sopra dei 130 dollari al barile, prima di un nuovo calo grazie agli impegni di fornitura supplementare provenienti dagli Emirati Arabi e da altri Paesi. Nel frattempo, la speranza che un’avanzata su un campo di battaglia attualmente in stallo possa portare a un cessate il fuoco ha anche incoraggiato un temporaneo rimbalzo a metà settimana degli asset rischiosi.

Purtroppo, siamo inclini a credere che ci saranno pochi progressi nelle negoziazioni in questa fase. Di conseguenza, sembrerebbe che la macchina da guerra russa possa avanzare inesorabilmente nelle prossime settimane, nonostante i valorosi sforzi per contrastarla.

Potremmo sperare che una rivolta popolare a Mosca possa indurre Putin a ripensarci, o possa portare alla sua destituzione, ma in realtà questo scenario sembra molto improbabile. Storicamente parlando, il popolo russo ha la tendenza ad essere accondiscendente e ad accettare le azioni dei suoi leader, nonostante le difficoltà che possono essere loro inflitte.

In questo contesto, i prezzi delle materie prime rimarranno elevati per un periodo prolungato. Sulla scia delle recenti mosse, ciò potrebbe significare che un ulteriore aumento sostanziale dell’inflazione deve ancora arrivare, e prevediamo che l’indce negli Stati Uniti, nell’UE e nel Regno Unito raggiunga rispettivamente il 9%, il 7% e il 10% nei prossimi mesi.

Questi movimenti andranno a detrimento del reddito disponibile e causeranno un calo della crescita di circa il 2% nel Regno Unito e nell’Eurozona e dell’1% negli Stati Uniti, sulla base delle nostre stime. Tuttavia, una recessione rimane improbabile, a meno che i prezzi del petrolio non salgano molto più di quanto abbiamo visto fino ad ora a causa di un’ulteriore escalation.

Nel medio termine, riteniamo che i tassi d’interesse e i rendimenti dovranno aumentare significativamente. Infatti, più l’inflazione sale e più a lungo rimane elevata, più vedremo le aspettative di inflazione disancorarsi e si verificheranno effetti secondari.

Di conseguenza, è probabile che ciò significhi che il percorso della stretta monetaria avverrà in gran parte come abbiamo ipotizzato, ma che il picco nel ciclo dei tassi dovrà probabilmente essere più alto di quanto previsto in precedenza.

I tassi d’interesse statunitensi che salgono all’1,5% quest’anno potrebbero non fare molto per irrigidire le condizioni e frenare le pressioni sui prezzi. Di conseguenza, riteniamo che i Fed Fund possano salire al 3% entro la fine del 2023 e continuare a muoversi ancora più in alto nella prima metà del 2024.

Tuttavia, nel breve termine, i rialzi dei tassi potrebbero essere completamente prezzati e, dato il contesto geopolitico molto incerto e volatile, sembra meno convincente mantenere una visione fortemente direzionale per il momento. Per questo motivo, abbiamo preso profitto su un trade recente sui tassi a breve, che è stata avviato quando i tassi sono aumentati subito dopo l’invasione russa e le successive sanzioni.

Nella zona euro, la BCE ha mandato un messaggio più falco di quanto molti si aspettassero: sminuendo i rischi per la crescita, Lagarde ha articolato i piani per terminare gli acquisti di asset nel terzo trimestre e aumentare i tassi subito dopo. In parte, l’Eurotower potrebbe ritenere che il suo mandato sia la stabilità dei prezzi e di non avere quindi altra scelta che muoversi in una direzione più falco. Tuttavia, proprio l’atteggiamento falco ha visto i rendimenti dell’Eurozona sottoperformare durante la settimana, nonché una nuova pressione nella periferia che ha avuto un impatto sugli spread.

È possibile che le speranze di un pacchetto fiscale “Re-Power EU”, come Macron sosterrà di fronte agli altri leader dell’Unione, aiuti a compensare l’impatto di una posizione monetaria più rigida. A nostro parere però, la cifra proposta di 200 miliardi di euro sembra troppo modesta.

Inoltre, la politica dell’Unione suggerisce che qualsiasi accordo in merito potrebbe richiedere alcune settimane per entrare in vigore. Di conseguenza, pensiamo sia probabile un’ulteriore pressione sugli spread della periferia nei prossimi giorni, con i mercati in gran parte non convinti che gli investimenti dalle scadenze PEPP possano agire come una sorta di backstop per gli spread.

Gli asset di rischio in generale hanno scambiato debolmente nell’ultima settimana. Le nuove emissioni di credito hanno richiesto una concessione di spread sostanziale ai contratti esistenti, mettendo sotto pressione gli spread investment grade. Le azioni hanno continuato a scambiare con un certo nervosismo, e anche gli asset allocator si sono innervositi nel vedere obbligazioni e azioni scivolare in tandem. Tuttavia, alcuni crediti sovrani hanno mostrato segnali di stabilizzazione dopo un finale molto soft della scorsa settimana.

In generale, non ci vuole molto volume per avere un impatto sproporzionato sui prezzi. Nel frattempo, è stato confermato che il debito russo sarà espulso dagli indici alla fine di questo mese. I prezzi sono stati in gran parte svalutati a zero e sembrerebbe che la Russia sia destinata a rimanere nel deserto finanziario per molto tempo, a meno che un cambio di regime a Mosca non porti il Paese su un percorso alternativo.

La volatilità sui mercati valutari rimane più modesta. Continuiamo a favorire il dollaro su base relativa e abbiamo trovato interessante assistere alla scivolata dell’euro sulla scia di una riunione della BCE dimostratasi più falco di quanto molti avessero previsto. Nel frattempo, favoriamo anche le valute esportatrici di materie prime, come il dollaro australiano e il rand sudafricano, rispetto agli importatori di energia come l’India o la Turchia.

Guardando avanti

Riteniamo sia probabile che, durante il prossimo mese o poco più, il conflitto in Ucraina raggiunga una situazione di stallo. Per la Russia sarà complicato imporre il controllo sulle città, ma la popolazione ucraina non sarà in grado di respingere gli invasori.

Ci troveremo in un contesto di “nuova Guerra Fredda”. Ciò continuerà a mantenere i premi di rischio elevati nel medio termine, ma quando la minaccia alla stabilità geopolitica si attenuerà un po’, l’attenzione dei mercati finanziari tornerà sull’economia e sui fondamentali finanziari.

La nostra view è che la crescita rimarrà positiva grazie alla fine della pandemia, all’allentamento fiscale e ai salari più alti derivanti dalla rigidità dei mercati del lavoro. L’inflazione incontrollata sarà probabilmente la principale preoccupazione ed è già interessante notare la trasformazione di ciò che avevamo definito Bidinflation in Putinflation, con la Casa Bianca che cerca di deviare la colpa per le pressioni incontrollate sui prezzi.

Alcune pressioni inflazionistiche si correggeranno da sole man mano che gli effetti di base (come le distorsioni dei prezzi delle auto di seconda mano) verranno esclusi dai calcoli. Tuttavia, saranno necessari tassi d’interesse più alti per riportare sotto controllo le elevate pressioni sui prezzi prima che le aspettative d’inflazione si disancorino troppo.

Guardando all’esempio del Regno Unito, siamo sulla strada verso un’inflazione a due cifre in un momento in cui i tassi di interesse sono solo allo 0,5%. La Bank of England dovrà continuare ad alzare i tassi anche se questo peserà sulla crescita e sul mercato immobiliare. Ad un certo punto, si capirà che è meglio avere una recessione breve e poco profonda ora che una molto più profonda più tardi. Tuttavia, un tale trade-off sarà forse più preoccupante tra un anno o due.

Nel 2022, le condizioni finanziarie rimarranno stimolanti, e i tassi finiranno l’anno parecchio al di sotto rispetto al livello dell’inflazione, finendo probabilmente per non ostacolare molto la domanda.

La strada da percorrere sembra essere sempre più accidentata per i mercati finanziari e la volatilità potrebbe rimanere elevata. Eppure, se stiamo attenti e scegliamo la direzione con cura, dovremmo continuare a trovare opportunità sia sul lato lungo che su quello corto nei mercati.

Nel frattempo, sarebbe negligente da parte di un tifoso del Chelsea non commentare che la guerra contro Putin e i suoi amici non dovrebbe trasformarsi in una guerra per distruggere una squadra di calcio, nonostante il desiderio di smantellare “l’Impero Romano”. Comunque, ci siamo divertiti ad essere campioni d’Europa due volte negli ultimi 10 anni. I tifosi degli Spurs sanno che non potranno mai dirlo…quindi up the Chels!