5 motivi che suggeriscono che il picco dell’inflazione è alle spalle

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I mercati obbligazionari globali nel 2022 finora hanno accusato perdite senza precedenti, con l’indice Bloomberg Global Aggregate Bond che al 29 aprile 2022 era sceso di circa il 15% da gennaio 2021. Per rendere l’idea, gli investitori obbligazionari non avevano mai affrontato una situazione simile dal 1990, ossia da quando sono disponibili i dati. Una situazione peggiore perfino del crollo del 10% durante la crisi finanziaria globale.

I mercati obbligazionari hanno pagato le conseguenze dell’errata posizione dei banchieri centrali di fronte all’impennata delle pressioni inflazionistiche, in gran parte causate da mercati del lavoro eccezionalmente rigidi, dall’aumento dei prezzi delle materie prime per la guerra in Ucraina e dai lockdown anti-Covid in Cina, che hanno ulteriormente interrotto le catene di approvvigionamento globali.

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Dopo le forti pressioni al ribasso subite finora quest’anno, gli investitori nel reddito fisso si chiedono sempre più spesso se sia il momento di approfittarne.

Segnali di picco delle pressioni inflazionistiche

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Segnali sempre più evidenti che indicano che potremmo aver superato il picco delle pressioni inflazionistiche e delle aspettative di inflazione, con i policymaker che cercano di anticipare la curva per garantire che le previsioni di inflazione non si autoavverino.

Sebbene riteniamo che i prezzi rimarranno elevati nei prossimi mesi, il Segretario del Tesoro statunitense Janet Yellen ha suggerito che l’inflazione potrebbe aver raggiunto il picco nella più grande economia del mondo. Con i mercati che prezzano aggressivamente un ulteriore inasprimento monetario della Fed, la dichiarazione della Yellen indica che il mercato obbligazionario globale potrebbe tornare a generare valore.

Anche se prevedere un picco o un minimo in qualsiasi mercato può essere pericoloso, evidenziamo di seguito cinque motivi per cui il recente sell-off obbligazionario sembra stia perdendo vigore.

1 – L’aggressivo riprezzamento della stretta monetaria

Gli investitori prevedono ora nove rialzi dei tassi di 25 pb da parte della Fed nel 2022, il che suggerisce un tasso implicito di oltre il 2,75% entro la fine dell’anno, il più alto da prima del crollo del 2008. La Fed si trova quindi di fronte a un’asticella molto alta, e qualsiasi indiscrezione dovish potrebbe far ritrarre i rendimenti. Inoltre, mentre alla fine dello scorso anno alcuni policymaker insistevano sul fatto che la BCE non avrebbe aumentato i tassi nel 2022, ora si parla di un rialzo già a luglio.

2 – Tassi reali in territorio positivo

Il dibattito sulle valutazioni dei mercati obbligazionari è supportato anche dal livello dei tassi reali. L’aggressiva traiettoria di rialzo della Fed ha momentaneamente eclissato le aspettative di inflazione e di recente ha portato i rendimenti reali a 10 anni in territorio positivo per la prima volta dall’inizio del 2020. Questa prospettiva di rendimenti reali positivi potrebbe invogliare gli investitori a tornare al reddito fisso. Dopo aver sopportato un periodo prolungato di TINA – “there is no alternative” – è comprensibile che gli investitori siano attratti da un’asset class che offre rendimenti reali in questo contesto di inflazione elevata.

3 – La protezione del portafoglio è sempre più cruciale

Con l’aumento dei timori di recessione, tipicamente gli asset a reddito fisso di alta qualità sovraperformano. Considerando l’attuale scenario globale tumultuoso, è fondamentale proteggere i portafogli con asset di alta qualità. C’è anche il rischio che l’approvvigionamento energetico dell’Europa venga interrotto più drasticamente di quanto attualmente previsto, il che porterebbe la Germania – e l’Europa – in recessione. Se i rischi di recessione dovessero aumentare in modo significativo, ci si aspetta una pressione al ribasso sui rendimenti, in quanto gli investitori si affretteranno a proteggere i portafogli.

4 – Il posizionamento suggerisce una ripresa del sentiment

Sebbene il crollo del mercato obbligazionario sia stato brutale, ci sono indicatori che gli investitori stanno iniziando a coprire le posizioni corte. A gennaio essi hanno registrato una posizione corta netta sui titoli del Tesoro USA del 37%, la più ampia da fine 2017. Tuttavia, la combinazione tra il picco delle pressioni inflazionistiche e la domanda di beni rifugio ha portato a una certa copertura delle posizioni corte, con una posizione netta corta del 13% al 25 aprile. Un’escalation dei timori di recessione, o sorprese al ribasso sull’inflazione, causerebbe probabilmente un’ulteriore accelerazione delle coperture.

5 – La domanda istituzionale dovrebbe rivelarsi robusta

Dopo aver lottato a lungo con rendimenti anemici, il brusco balzo dei tassi di quest’anno stimolerà probabilmente una forte domanda da parte di assicurazioni e fondi pensione. Con uno stato di finanziamento positivo, molti istituti cercheranno di sfruttare il recente aumento dei tassi per compensare le passività a lungo termine. Nel Regno Unito, la domanda di Gilt indicizzati è solida, sostenuta dal forte aumento dell’inflazione nell’ultimo anno. L’ultima emissione di Gilt indicizzati all’inflazione ha registrato un significativo eccesso di sottoscrizioni, con una domanda superiore a 20 miliardi di sterline per un’emissione di 1,8 miliardi di sterline. Negli Stati Uniti, la scorsa settimana i rendimenti del Tesoro sono scesi dai massimi di tre anni, a seguito della forte domanda per la vendita di obbligazioni a 20 anni.

Duration neutrale e prontezza di reazione

Con un ampio percorso di inasprimento in vista, vi è una notevole incertezza su come l’economia reale affronterà un aumento significativo dei tassi di interesse. L’implicita riduzione dell’accomodamento monetario potrebbe mettere rapidamente in discussione le posizioni corte sull’obbligazionario, motivo per cui l’aggiunta di duration sembra una mossa saggia in questo momento.

Di recente abbiamo aggiunto un’esposizione alla duration dai mercati core all’interno della strategia, tra cui i Treasury statunitensi, i Gilt britannici e i Bund tedeschi. La nostra posizione complessiva sulla duration è ora neutrale rispetto al benchmark. Tuttavia, continuiamo a sottopesare i periferici dell’area dell’euro, con Paesi come l’Italia destinati a veder crescere gli spread con il ritiro degli acquisti di asset da parte della BCE. Continuiamo a detenere una notevole esposizione fuori dal benchmark in obbligazioni indicizzate all’inflazione, che hanno protetto il portafoglio nel recente contesto di inflazione elevata. Sebbene l’aggiunta di duration ci sembri saggia alla luce delle condizioni attuali, manteniamo un posizionamento agile e siamo pronti a reagire.