Azionario ancora sotto pressione
L’azionario resterà sotto pressione, almeno nei prossimi mesi. La guerra non finirà presto e le sanzioni, così come i problemi di approvvigionamento energetico, spingono un’inflazione che ancora sorprende gli analisti, soprattutto nell’Area Euro. Questo allarma le banche centrali, che non si fermeranno presto: l’atteggiamento aggressivo e l’aumento dei tassi da parte delle banche centrali continuano a determinare un deterioramento delle condizioni finanziarie più a lungo, aumentando il costo del capitale delle imprese e inducendo gli investitori a chiedere un premio per il rischio elevato per le azioni, se non addirittura superiore a quello attuale. Anche la volatilità delle obbligazioni rimane estremamente elevata, un altro vento contrario per l’appetito verso le azioni. In tale contesto, i PE continuano ad essere sotto pressione.
Di conseguenza, abbiamo abbassato il nostro PE target (ora pari a 16X negli USA e 12,5X in Europa) a causa dell’aumento dei rendimenti e dell’inflazione. Storicamente, con un’inflazione compresa tra il 2,5% e il 5%, il premio per il rischio richiesto dal mercato determina un livello dell’indice S&P 500 superiore all’attuale in 12 mesi: 4.129 o più. Ma per livelli di inflazione più elevati, come 5%-6% o 6%-7%, che probabilmente sperimenteremo nei prossimi mesi, il premio per il rischio richiesto aumenta storicamente determinando livelli target di prezzo molto più bassi. Inoltre, tali range di inflazione più elevati producono anche una deviazione standard pericolosamente più elevata del premio per il rischio azionario.
Infine, mentre le banche centrali rimangono piuttosto aggressive, aumenta il rischio di un rilevante rallentamento economico ed i mercati devono ancora scontare un atterraggio duro. Finora, la stagione di reporting del primo trimestre e le sorprese macro hanno tenuto bene nell’Area Euro, ma vediamo motivi di preoccupazione a causa del deterioramento del reddito reale e dell’attività globale, oltre alla prolungata incertezza bellica. Di conseguenza, prevediamo una crescita degli utili inferiore al consenso nel 2022-2024. Un’altra fonte di rischio è rappresentata dal segmento Tech USA, la cui bolla di valutazione non si è ancora dissolta.
In conclusione, nel breve termine rafforziamo la nostra posizione di Underweight sull’azionario nonostante il potenziale rendimento totale positivo in 6-12 mesi (ca. 3%; con un PE del 12,5X e una crescita EPS inferiore al consenso), gli elevati flussi di cassa delle imprese e i buoni profili di copertura dell’inflazione degli asset reali, ed il posizionamento contenuto. Il posizionamento è in effetti piuttosto ridotto, ma i flussi azionari relativi rispetto alle obbligazioni persistono ancora vicino a un massimo ciclico. Nel peggiore dei casi, il mercato europeo e quello USA potrebbero ancora avere un ribasso del 14% (3.170 per l’S&P 500). Il cessate il fuoco, quindi banche centrali meno aggressive ed un minimo ciclico economico rappresenterebbero fattori capaci di innescare una nuova fase di acquisto.
Siamo leggermente Overweight nell’azionario UK ed USA rispetto al mercato europeo. Per quanto riguarda i settori in Europa, cerchiamo valutazioni contenute, correlazioni positive con un picco del dollaro e protezione dall’elevata volatilità e inflazione. Abbiamo leggermente ridotto esposizioni difensive leggermente costose come il settore farmaceutico e alimentare, inoltre abbiamo ridotto l’esposizione al settore Telecom, segmento Value più costoso e con possibili revisioni in negativo degli utili, mentre abbiamo aumentato l’esposizione a Tech Hardware, finanziari diversificati, durables e utilities.
Anche il segmento Growth è a rischio – per i tassi più alti – ma sembra essere già stato in larga parte oggetto di vendite. Verso energia e materiali siamo ancora Overweight, sebbene inizino a mostrare valutazioni più elevate, così come verso petrolifero, finanziari, beni durevoli e servizi di pubblica utilità.
Riteniamo che il recente rally dei mercati emergenti sia potenzialmente a rischio: vediamo infatti una leggera sopravvalutazione, un calo degli ordini per l’esportazione e utili ancora deboli, fattori che potrebbero mettere sotto pressione le azioni dei mercati emergenti nel breve termine. A più lungo termine, il picco del dollaro e il vantaggio del rendimento del credito dei mercati emergenti dovrebbero essere favorevoli.
Le azioni cinesi sono sottovalutate secondo diversi indicatori e dovrebbero beneficiare del miglioramento dell’impulso al credito, del robusto sostegno politico, dell’allentamento dei lockdown e della regolamentazione tecnologica. Inoltre, l’inflazione cinese resta contenuta rispetto a quella dei mercati sviluppati. Eventuali rinnovati lockdown, dall’altro lato, rappresenterebbero un rischio. All’interno dei mercati emergenti guardiamo anche la Corea, che dovrebbe beneficiare del miglioramento dell’attività economica cinese.