Debito dei mercati emergenti, come proteggere il portafoglio dalla volatilità

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Il duplice shock dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e dell’inasprimento delle politiche monetarie, spinto da un’inflazione dilagante, ha portato a uno dei maggiori periodi di ribasso nella storia trentennale dei mercati emergenti.

Il contesto di risk-off ha mietuto molte vittime nei mercati azionari e del fixed income, ma il crollo del 15% registrato nel mercato sovrano emergente è stato particolarmente doloroso, soprattutto perché negli ultimi anni molti investitori si erano orientati verso allocazioni passive ai titoli sovrani dei mercati emergenti in valuta forte.

Ma dietro ai titoli negativi, emerge un quadro più sfumato: mentre la maggior parte delle sotto-asset class degli emergenti ha sofferto, una di quelle tradizionalmente considerate più volatili, cioè le valute dei mercati emergenti, ha resistito bene. Nei primi quattro mesi del 2022, l’indice JP Morgan GBI-EM Global Diversified è sceso di un modesto 2,77%, mentre il real brasiliano si è apprezzato di quasi l’8% rispetto al dollaro USA. Di conseguenza, gli investitori che hanno seguito un approccio di asset allocation attiva e che hanno privilegiato le valute rispetto al credito dei mercati emergenti hanno beneficiato di questo contesto, proteggendosi dai ribassi.

Tuttavia, l’asset allocation attiva è solo una delle strategie da prendere in considerazione per proteggersi dai ribassi in contesti volatili:

  • Asset allocation attiva: un approccio fluido e flessibile all’asset allocation può rivelarsi utile nei momenti difficili, poiché non tutti gli asset subiscono flessioni nella stessa misura. Abbiamo già parlato del differenziale di performance tra credito dei mercati emergenti e mercati valutari quest’anno, ma i meriti di un approccio attivo all’asset allocation vanno oltre. Ad esempio, nei momenti di rapido rafforzamento del dollaro USA, può essere opportuno assumere un posizionamento esattamente opposto, come quello di essere net short sulle valute emergenti. Questa strategia può contribuire a proteggere dai ribassi e per noi si è dimostrata vincente in diverse occasioni, come alla fine del 2016, nel corso del 2018 e persino nel 2020. Allo stesso modo, avere un bias più lungo sui tassi locali dei mercati emergenti nella seconda metà del 2020 si sarebbe rivelato vantaggioso rispetto all’essere lunghi su molti crediti. Per ottenere tutti i vantaggi di una strategia di allocazione attiva, riteniamo essenziale che la flessibilità sia incorporata nel design del prodotto.
  • Prendere sul serio i rischi ESG: gli investitori non possono limitarsi ad analizzare e valutare i rischi ambientali, sociali e di governance (ESG) per i loro asset emergenti, ma devono anche mettere in pratica le loro idee. Nel luglio 2021, quasi nove mesi prima dell’invasione russa dell’Ucraina, Putin redasse un saggio che divenne poi una lettura obbligatoria per tutti i soldati russi. Molti analisti esperti di politica russa hanno capito che si trattava di un invito all’invasione. Tuttavia, nonostante i molteplici segnali di allarme e i punteggi ESG negativi, ci risulta che molti gestori dei mercati emergenti abbiano mantenuto un posizionamento neutrale o di sovrappeso sulla Russia. I CDS russi hanno proseguito il loro percorso stabile, in un range tra 80 e 125 punti base per tutto il mese di novembre e dicembre 2021.  Prendere sul serio i rischi e l’analisi ESG avrebbe significato tagliare tutte le posizioni sul credito russo e implementare coperture sui CDS – che è proprio il posizionamento che abbiamo attuato in tutti i nostri portafogli. Quando la Russia è stata invasa, i CDS si sono ampliati fino a 1000 punti base; le sanzioni contro la Russia si sono moltiplicate e la finestra di uscita è diventata molto limitata.
    Gli investitori dovrebbero anche essere pronti ad andare contro il consenso del mercato in presenza di una traiettoria positiva. Ad esempio, seguiamo una società africana di petrolio e gas che ha una delle più alte impronte di carbonio del settore. Per questo motivo, abbiamo rimosso la società da molti dei nostri portafogli. Anche se l’azienda viene da una base ESG debole ha uno dei piani di transizione più credibili nel settore energetico dei mercati emergenti. L’azienda si è impegnata ad azzerare le emissioni entro il 2050 (in linea con l’Accordo di Parigi) e a ridurre del 30% le emissioni di Scope 1 e 2 entro il 2030, come approvato dall’Assemblea Generale di novembre. Nell’ambito di questo impegno, il management sta valutando un cambiamento delle materie prime di base, compreso il possibile utilizzo di idrogeno verde.

Riteniamo che prendere una posizione lunga in un contesto di forte miglioramento non solo è potenzialmente utile ai nostri investitori, è anche la cosa giusta da fare in termini di sostegno al percorso di miglioramento ESG di un’azienda. In base a ulteriori attività di engagement e valutazioni, potremmo cercare di ricostruire le nostre posizioni lunghe nel settore del petrolio e del gas.

Un’altra questione ESG di grande attualità è il potenziale rischio di destabilizzazione sociale legato all’industria agricola. Le interruzioni delle forniture di grano e fertilizzanti hanno colpito e continueranno a colpire Paesi vulnerabili come l’Egitto e la Tunisia. In questi mercati, la carenza di cibo e l’inflazione elevata potrebbero facilmente trasformarsi in disordini sociali in un quadro politico fragile. Osserviamo con cautela gli sviluppi, ma questi fattori sociali dovrebbero essere una parte importante delle considerazioni sulla costruzione del portafoglio nei prossimi 3-6 mesi.

  • Fonti di rendimento non correlate: in tempi di stress, è ancora possibile isolare gli asset dei mercati emergenti che sono guidati esclusivamente da opinioni idiosincratiche, piuttosto che da un sentiment macro generale. In queste fasi, possono emergere molte opportunità idiosincratiche e non correlate: ad esempio, i crediti dei Paesi esportatori di petrolio hanno ceduto notevolmente nei mesi di aprile e maggio, nonostante il rally del prezzo del petrolio. In altre parole, la correlazione tra il prezzo del petrolio e questi crediti petroliferi si è interrotta. I titoli di Stato di Abu Dhabi a lunga scadenza sono stati scambiati a un livello inferiore agli anni ‘70 (al 27 maggio 2022), il che rappresenta una svalutazione del 22% a fronte di un aumento del 73% dei prezzi dell’energia nello stesso periodo. Parte della svalutazione è stata determinata dal sell-off dei tassi statunitensi, ma anche in questo caso il grado di sell-off è eccessivo, a nostro avviso. Anche l’Angola, un altro credito petrolifero che dovrebbe beneficiare di una ripresa dei prezzi del petrolio, ha ceduto eccessivamente.