Proteggere il portafoglio con inflazione e duration

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Gli ultimi dati in arrivo dagli USA mostrano un rallentamento dell’inflazione per il secondo mese consecutivo. I prezzi dell’energia e delle auto usate, indicatori significativi delle pressioni inflazionistiche, sono calati a novembre dell’1,6% e del 2,9% rispettivamente, rispetto a ottobre. La cosiddetta “inflazione core”, che esclude cibo ed energia, pur elevata, è al di sotto delle aspettative e in calo su base annua a 7,1% contro il 7,7% di ottobre e l’8,2% di settembre. Questo rallentamento comincia a prendere la forma di una tendenza. Tuttavia, l’inflazione resta elevata e lo confermano le banche centrali, convinte che serviranno ulteriori rialzi dei tassi d’interesse.

Nell’ultima seduta dell’anno, la Federal Reserve (Fed) e la Banca centrale europea (Bce) hanno alzato i tassi di mezzo punto, com’era atteso. La Fed ha poi comunicato di aspettarsi che i tassi raggiungano un picco di oltre il 5% il prossimo anno, più di quanto si aspettavano i mercati, e la Bce ha peggiorato le prospettive sull’inflazione.

L’inflazione rallenterà, ma resterà a livelli elevati

L’inflazione, quindi, resterà un tema importante in tutto il 2023. Il consensus dei nostri forecaster è che l’inflazione rallenterà dagli attuali livelli molto elevati e che scenderà al 2%, che è il target delle banche centrali. Si tratta però di uno scenario “piuttosto roseo”, dal momento che l’inflazione ha già preso tutti di sorpresa e può continuare a farlo. Dove possiamo essere d’accordo con il consensus è sul fatto che l’inflazione decelererà nel corso dei prossimi sei mesi, tuttavia nessuno può avere una chiara visione di come sarà dopo Pasqua o a inizio estate.

Ritengo plausibile che nel medio termine l’inflazione resti appiccicosa. In particolare tre fattori continueranno a sostenere l’inflazione: la deglobalizzazione e le “guerre commerciali”, come quella tra Stati Uniti e Cina, mai finita; la spesa dei governi, che di fronte alle crisi continueranno ad attuare politiche di spesa (“fiscal spending”), alimentando le pressioni inflazionistiche; poi c’è il tema della transizione energetica, a cui è legata un’inflazione del carbon fossile – dovuta al fatto che non investiamo abbastanza in energia fossile – e un’inflazione dovuta all’energia ‘green’, alle fonti rinnovabili, che costano di più.

Opportunità d’investimento

I tassi d’interesse reali, che hanno raggiunto il livello più alto dal 2009, creano un’opportunità d’investimento per gli investitori che comprino inflazione e duration al tempo stesso, in un contesto dove l’inflazione resterà appiccicosa.

Le obbligazioni indicizzate all’inflazione – i cosiddetti linker – sono uno strumento che offre protezione contro l’aumento del paniere dei prezzi, ma troppo spesso viene dimenticata la loro evidente sensitività all’aumento dei tassi di interesse. Di conseguenza, riteniamo utile investire in portafogli che abbiano non solo una indicizzazione all’inflazione, ma anche una duration relativamente contenuta.

Le obbligazioni a breve scadenza indicizzate all’inflazione potrebbero aiutare a proteggere il portafoglio dall’erosione del valore reale degli investimenti e dai movimenti dei tassi d’interesse.