Industria mineraria in pole position grazie alla transizione energetica

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Il passaggio alle fonti di energia rinnovabili non ha mai conosciuto uno slancio forte come oggi. Nel 2022 il caldo anomalo, la guerra in Ucraina e la crisi energetica hanno contribuito a spingerci sempre di più verso fonti energetiche “pulite” e alternative ai combustibili fossili. Si è stimato che le energie rinnovabili potranno riuscire a ridurre le emissioni di carbonio di oltre il 90% e a limitare l’emissione di CO2 nell’aria entro il 2040.

Data la sua importanza, risulta dunque utile comprendere quali saranno i trend e quale la possibile allocazione delle principali fonti energetiche; il petrolio avrà ancora un ruolo predominante? A livello mondiale oggi, l’energia generata da petrolio, carbone e gas naturale rappresenta oltre l’80 per cento del consumo energetico complessivo. Tuttavia, secondo il Network for Greening the Financial System (NGFS), questa percentuale dovrà scendere al 30 per cento al fine di azzerare le emissioni nette di carbonio entro il 2050. Tra le fonti citate, il petrolio si conferma ancora la più usata, con una quota stimata di circa il 32%, seguito dal carbone con il 27% e dal gas con il 22%. Più nello specifico il petrolio oggi viene utilizzato principalmente nel settore dei trasporti (merci e persone), con un peso intorno al 92% del totale del suo impiego. Di conseguenza il futuro dei trasporti risulta fondamentale per le prospettive della domanda di petrolio con l’elettrificazione che sta prendendo sempre più di mira l’oro nero.

La domanda di materie prime

Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE) la quota di mercato dei veicoli elettrici è quadruplicata nel 2021 rispetto al 2019. Questo trend ascendente continuerà anche in futuro; come mostrato nel seguente grafico entro il 2040 si potrebbero vendere soltanto auto elettriche. Se le recenti tendenze di vendita dei veicoli elettrici si confermeranno e i relativi piani governativi si concretizzeranno, la fine dell’era del petrolio sarà più vicina di quanto si possa pensare (si prevede che il picco della domanda globale di petrolio verrà raggiunta entro il 2030). L’aumento della domanda di veicoli elettrici darà slancio anche alla domanda di materie prime essenziali per la loro realizzazione; ad esempio il rame, il cobalto, il nichel e il litio. Quest’ultimo risulta fondamentale per i sistemi di accumulo delle batterie delle auto elettriche. Molti di questi minerali scarseggiano già, perciò il loro prezzo potrebbe salire nel tempo, con conseguente vantaggio per l’industria mineraria.

L’India tra opportunità e rischi

L’India, secondo alcuni studi, potrebbe diventare una nuova potenza mondiale nei prossimi decenni per diversi motivi. Nel 2021, è stata la terza economia più grande in termini di PIL (Prodotto Interno Lordo) a parità di potere di acquisto, superata solo da Cina e Stati Uniti. L’India è anche una delle economie in più rapida crescita, con tassi di crescita del PIL annuale che hanno superato il 7% negli ultimi anni, e ha una forza lavoro giovane, con circa il 65% della popolazione che ha meno di 35 anni. L’India è destinata a diventare il Paese più popoloso al mondo ad aprile 2023 quando si prevede che supererà 1,5 miliardi di abitanti.

Anche il mercato azionario indiano risulta essere molto interessante. L’indice Nifty 50, l’indice azionario di riferimento della National Stock Exchange of India (NSE), ha chiuso il 2022 con un valore di circa 18.200 punti. Per avere un’idea della sua forte crescita nel tempo, si pensi che nel 2000 l’indice aveva un valore di 1.500 e nel 2010 il valore era di 3.000 punti. L’indice è costituito dalle 50 società più importanti quotate in borsa a Mumbai; tra queste si ricordano ad esempio Tata Consultancy Services (una delle più grandi società di servizi informatici dell’India e del mondo in questo settore), Reliance Industries (società di energia e materie prime) e HDFC Bank (una delle più grandi banche dell’India e tra le 15 banche al mondo più grandi per capitalizzazione di mercato). Dal punto di vista del mercato delle obbligazioni governative, il rendimento dei titoli indiani a 10 anni si è attestato tra il 7% e il 7,60% tra aprile 2022 e gennaio 2023, raggiungendo livelli che si erano visti anche nel 2016, 2018 e 2019. Come per la maggior parte delle economie “emergenti”, il rendimento dei Titoli di Stato indiani può sembrare appetibile, ma bisogna tenere a mente il rischio di cambio e molti altri fattori. Infatti la valuta nazionale dell’India, la Rupia indiana (INR), una delle valute emergenti più importanti al mondo (rappresenta circa il 2% del commercio globale) è una delle valute più volatili al mondo. La rupia indiana si è costantemente svalutata rispetto al dollaro, perdendo più della metà del suo valore dal 2007 a inizio 2023 (e circa il 40% rispetto all’euro). Sicuramente non si può trascurare anche il fatto che l’India abbia destinato nel 2022 solo il 3,70% del suo Prodotto Interno Lordo alla spesa per l’istruzione, una percentuale molto inferiore a quella di molti altri Paesi. Inoltre secondo alcuni analisti l’India ha anche una delle percentuali più basse di spesa per la salute in rapporto al PIL tra i paesi OCSE. In conclusione, l’India in futuro potrebbe rivelarsi come uno dei Paesi più promettenti a livello economico; non bisogna però trascurarne i molteplici rischi.