Rapporto Consob: le scelte finanziarie delle famiglie italiane

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E’ stato pubblicata dalla Consob la nuova edizione del Rapporto annuale sule conoscenze finanziarie, attitudini e scelte finanziarie degli investitori italiani, differenze di genere.

L’80% degli intervistati ritiene complessa la gestione delle finanze personali anzitutto a causa del contesto incerto e della crescita dei prezzi. I dati macroeconomici confermano questa percezione: l’inflazione erode il potere di acquisto del reddito disponibile; il disagio economico delle famiglie torna ad aumentare; la ricchezza finanziaria in rapporto al reddito disponibile si riduce, pur rimanendo superiore a quella dei maggiori paesi dell’area euro. Ulteriore fattore di complessità nella gestione delle finanze personali indicato dai partecipanti all’Indagine è la bassa cultura finanziaria.

Gli investitori sembrano comunque sempre più consapevoli della necessità di innalzare le proprie competenze, visto che nel 66% dei casi (+10 punti percentuali rispetto al 2021) si dichiarano disposti ad approfondire temi utili per le scelte finanziarie più importanti. A tal fine, il riferimento indicato più di frequente sono gli intermediari (34% dei casi, in calo di 8 punti percentuali rispetto al 2021), che il 32% dei rispondenti ritiene dovrebbero adoperarsi anche per accrescere le conoscenze finanziarie dei cittadini, oltre alle istituzioni pubbliche (segnalate nel 30% dei casi) e alla scuola (26%).

Margini di miglioramento permangono anche rispetto all’attitudine verso i temi legati alla finanza personale, che l’Indagine 2022 coglie rilevando l’inclinazione all’ansia finanziaria, la percezione di auto-efficacia e la difficoltà avvertita rispetto alla pianificazione di lungo periodo.
A fronte di un deterioramento delle condizioni finanziarie delle famiglie, registra un peggioramento rispetto al 2021 il cosiddetto controllo finanziario – inteso come la risultante dei comportamenti di pianificazione, rispetto di un budget e risparmio – misurato da un indicatore sintetico pari in media a 6,6 (su una scala da 0 a 10). Peggiora lievemente anche l’attitudine complessiva all’investimento, misurata da un indicatore sintetico, che nel 2022 assume un valore inferiore a 5 (su una scala da 0 a 10) e che riflette le conoscenze finanziarie di base, le conoscenze digitali e l’adozione di abitudini di investimento diverse dalla ‘consulenza informale’ (ossia dall’affidamento a parenti, amici e colleghi).

Tale peggioramento è legato alla diminuzione delle conoscenze digitali e all’aumento del ricorso alla consulenza informale, entrambi riferibili agli investitori con minore esperienza di investimento. Quest’ultima, infatti, appare una caratteristica importante ai fini della segmentazione degli investitori: in particolare, gli intervistati con un’esperienza superiore a 10 anni (40% dei casi) mostrano una cultura finanziaria più elevata e si avvalgono più di frequente della consulenza finanziaria rispetto a coloro che hanno fatto il loro ingresso nel mercato dei capitali a partire dal 2020 (23% del campione).

Gli investitori che si avvalgono dei consigli di un professionista non sempre mostrano piena consapevolezza delle caratteristiche del servizio. Solo il 39% degli intervistati sa che la sua prestazione è riservata ai soggetti iscritti all’Albo unico dei consulenti finanziari. Solo il 15% identifica nella modalità di retribuzione una delle caratteristiche tipiche della consulenza indipendente. Solo il 34% del campione sa che la consulenza è un servizio a pagamento mentre circa il 60% dichiara di non essere disposto a pagare. Il 68% degli investitori è comunque conscio dell’obbligo del professionista di tener conto delle caratteristiche del cliente prima di fornire un consiglio di investimento, anche se più di due terzi del campione non ha mai sentito parlare o dichiara di non aver compreso l’espressione ‘valutazione di adeguatezza’.

Gli individui assistiti da un professionista detengono un portafoglio più diversificato rispetto alla parte restante del campione, per il quale le attività più diffuse rimangono i certificati di deposito e i buoni fruttiferi postali (50% delle famiglie), seguiti da fondi comuni (29%) e titoli di Stato italiani (18%).

La domanda di consulenza si associa anche a un maggior possesso di investimenti sostenibili, che nel complesso è riferibile solo all’11% degli intervistati (17% nel sotto-campione degli investitori assistiti da un professionista).
L’indagine 2022 ha valutato per la prima volta la familiarità degli investitori italiani rispetto a conoscenze e competenze digitali relative all’utilizzo sicuro della rete e conoscenze di attività digitali e servizi di investimento resi attraverso piattaforme online. Le conoscenze digitali sono espresse da una percentuale di risposte corrette compresa tra il 24% e il 66% mentre i comportamenti dichiarati dagli intervistati appaiono più di frequente in linea con le competenze necessarie per l’accesso sicuro alla rete. Sono ancora meno diffuse le conoscenze di attività digitali e servizi digitalizzati: con riferimento al trading online, ad esempio, il 29% dei soggetti non è in grado di identificare correttamente gli obblighi del gestore della piattaforma nei confronti dell’investitore che intenda operare online.

Il Rapporto si conclude con un approfondimento sulle differenze di genere, basato su un campione esteso che include anche le donne del nucleo famigliare co-decisori finanziari. Taluni tratti comportamentali sono più frequenti nel sottocampione femminile, quali l’avversione al rischio, l’avversione alle perdite e la tendenza a sottostimare le proprie conoscenze e competenze (underconfidence). Le donne si connotano anche per minori conoscenze in materia di prodotti finanziari, sostenibilità e servizi di investimento digitalizzati. Nelle scelte di investimento, infine, esse ricorrono più di frequente al supporto del consulente e mostrano un interesse meno diffuso verso la finanza digitalizzata.