Investimenti e biodiversità: attività di engagement e best practices

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La biodiversità della Terra sta diminuendo a una velocità allarmante. Un quarto circa delle specie rischia l’estinzione prima del 2050, mentre la fauna selvatica globale è diminuita in media del 69%.

I fattori chiave della perdita di biodiversità sono il cambiamento climatico, i cambiamenti della destinazione d’uso dei terreni, l’inquinamento, lo sfruttamento diretto delle risorse naturali e le specie invasive. Tutti questi cinque fattori sono riconducibili per lo più alle attività condotte dalle aziende. La perdita di habitat dovuta all’agricoltura è una minaccia concreta per 24.000 delle 28.000 specie a rischio di estinzione, il 32% dei siti patrimonio culturale dell’umanità è minacciato dalle attività nei settori delle estrazioni, del petrolio e del gas e il 27% delle perdite dei servizi ecosistemici totali è ascrivibile all’inquinamento chimico.

Le società contribuiscono alla perdita della biodiversità, ma allo stesso tempo sono esposte a crescenti rischi per i loro modelli di business, a causa della loro dipendenza finanziaria dalla natura. La natura contribuisce all’economia mondiale per un valore stimato tra 44 e 150 mila miliardi di dollari ogni anno – la perdita di servizi basati sulle risorse naturali rappresenta pertanto un rischio grave per le imprese. Ad esempio, il 75% dei terreni agricoli, pari a un valore di 2,4 mila miliardi di dollari, dipende dall’impollinazione degli insetti, a sua volta minacciata dal calo delle popolazioni di insetti.

Un rischio significativo per i gestori patrimoniali

Proprio come il cambiamento climatico, la perdita della natura pone rischi significativi dal punto di vista finanziario per i gestori patrimoniali. Può infatti influire sulla performance sottostante degli attivi in cui investiamo attraverso molteplici scenari di rischio e opportunità.

Alla luce del contributo significativo alle emissioni di gas serra globali causato dalla distruzione dei pozzi naturali di assorbimento del carbonio e dalle attività connesse all’utilizzo del suolo, è evidente che dobbiamo affrontare entrambe le problematiche in parallelo. Nei primi dieci mesi del 2022, il 61% delle nostre attività di engagement su questioni legate alla natura ha riguardato anche il cambiamento climatico.

Figura 1. Vie per un pianeta sostenibile

In qualità di firmatari della Net Zero Asset Managers Initiative, con un obiettivo “net zero” entro il 2050 per i nostri portafogli di investimento, consideriamo le azioni per contrastare la perdita di natura una componente chiave del nostro approccio sulla decarbonizzazione. Oltre a questo, il duplice obiettivo “net zero” e “nature positive” definisce e orienta buona parte del nostro approccio sulle tematiche ambientali.

Affrontare gli impatti dei nostri investimenti sulla perdita di biodiversità e gestire i rischi che tale perdita rappresenta in termini di performance finanziaria, è uno degli aspetti chiave del nostro approccio di gestione ambientale. A differenza di quanto accade per il cambiamento climatico, non esiste un’unica misura chiave di progresso e benché regolamenti e accordi globali sulla protezione della natura esistano già da tempo, il consenso internazionale e il focus sul tema non hanno seguito un percorso lineare. Lo sviluppo del quadro globale post-2020 per la biodiversità (Post-2020 Global Biodiversity Framework) dovrebbe chiarire a responsabili politici e società quali sono le leve e il livello di ambizione richiesti. Questo permetterà agli investitori di identificare con maggiore chiarezza i rischi e gli impatti tra le imprese in portafoglio e ci consentirà di orientare in modo più puntuale le nostre iniziative di engagement.

Siamo consapevoli della necessità per investitori e società in generale di intensificare gli sforzi, specie alla luce della sempre più grave crisi di biodiversità, e per questo intendiamo allineare il nostro approccio di engagement all’obiettivo del Global Biodiversity Framework per invertire la perdita di biodiversità entro il 2030. Il nostro approccio di engagement sarà influenzato anche dall’iniziativa Nature Action 100, di cui siamo uno degli undici investitori principali. Quest’iniziativa di collaborazione si rivolge alle imprese attive nei settori con i maggiori impatti sulla biodiversità e più dipendenti dalla natura, così da garantire l’adozione di misure necessarie e tempestive per proteggere e ripristinare la natura e gli ecosistemi.

Valutare l’esposizione a livello di singole imprese

Per comprendere l’esposizione dei nostri investimenti in azioni e obbligazioni societarie agli impatti sulla biodiversità e alla dipendenza dalla natura, abbiamo realizzato una valutazione basata su un grafico “heat-map”, avvalendoci dello strumento ENCORE dell’UNEP-WCMC (Centro mondiale per il monitoraggio della conservazione del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente). La valutazione ha individuato i settori nei quali investiamo che presentano l’esposizione più significativa agli impatti e alla dipendenza dalla natura nelle loro attività operative e di approvvigionamento, che sono in particolare quelli dei generi alimentari e bevande, del tabacco, dei servizi di pubblica utilità e dei materiali, evidenziando dove si concentrano le nostre attività di engagement e analisi.

Molti settori ai quali siamo esposti attraverso i nostri investimenti azionari e obbligazionari presentano una dipendenza elevatissima dai servizi ecosistemici, indicazione dell’estrema importanza che riveste la protezione di questi servizi per la vitalità nel tempo di molte imprese. Ciò corrobora il business case per implementare azioni tese a mitigare tale rischio, modificando fattori produttivi o attività operative in modo da ridurre la dipendenza o intervenendo per proteggere i servizi ecosistemici rilevanti nel loro insieme.

Engagement sui temi della natura

Negli ultimi due anni abbiamo anche implementato una politica di voto sui temi della biodiversità che ci permette di rafforzare i nostri messaggi di engagement. Questa politica permette di individuare le società con un’elevata esposizione ai rischi e un’informativa insufficiente, così da poter esprimere un voto contro il management.

Temi di engagement rilevanti sono il cambiamento d’uso dei terreni e la deforestazione, fattori chiave per la perdita di biodiversità, le problematiche sociali e le emissioni di carbonio. Rientra in questo tema anche il nostro lavoro sulle catene del valore nell’automotive, dove il cuoio è una importante fonte di rischio di deforestazione, che ha però ricevuto molta meno attenzione rispetto alla deforestazione legata al settore alimentare. Il nostro lavoro sugli altri fattori di deforestazione include collaborazioni con il Soft Commodities Practitioners Group dei PRI, il Working Group on Land Use and Climate di Ceres e l’Investor Policy Dialogue on Deforestation.

La nostra ricerca sulle dipendenze e sugli impatti delle nostre posizioni ha inoltre evidenziato l’importanza dell’acqua, in termini di settori che ne sono dipendenti e che influiscono negativamente sui servizi ecosistemici idrici, dalla fornitura di risorse idriche e habitat adeguati e di buona qualità alla naturale regolazione di questa risorsa. Fino a ottobre 2022 avevamo fatto attività di engagement sui temi della gestione idrica e della protezione degli oceani con 183 emittenti. Con l’aumento degli effetti fisici del cambiamento climatico queste tematiche diverranno sempre più importanti. Molti dei nostri fondi investono anche in fornitori di soluzioni in quest’area, ad esempio aziende che offrono servizi innovativi per il trattamento delle acque reflue e il rilevamento delle perdite.

Il ruolo dei regolamenti e delle politiche pubbliche

Come per il cambiamento climatico, le politiche globali hanno un ruolo fondamentale per promuovere azioni ambiziose ed efficaci di contrasto alla perdita della natura.

Poiché siamo consapevoli che l’inquinamento è una questione ambientale chiave e un fattore determinante della perdita di biodiversità, abbiamo firmato una lettera indirizzata agli Stati membri delle Nazioni Unite, cui hanno contribuito il WWF, la Ellen McArthur Foundation e BCG, per dimostrare il nostro sostegno per un trattato ONU sull’inquinamento da plastica e armonizzare regolamenti e standard a beneficio di governi e aziende desiderosi di adottare un approccio circolare e affrontare il problema dei rifiuti in plastica. L’iniziativa è diventata una decisione formale delle Nazioni Unite finalizzata a un eventuale trattato.

Siamo membri del forum della Taskforce on Nature-related Financial Disclosures e abbiamo fornito un feedback dettagliato su entrambe le bozze del quadro di riferimento pubblicate fino a questo momento. Condividiamo l’aspettativa diffusa di adozione della TNFD da parte degli enti di regolamentazione come quadro di riferimento obbligatorio per molti emittenti. Nell’attesa, continueremo a pilotare il quadro di riferimento con altri leader della biodiversità nel settore finanziario.

Il tempo utile per evitare la distruzione degli ecosistemi chiave si fa sempre più breve, per questo l’implementazione di un quadro generale di riferimento per la natura equivalente agli obiettivi dell’Accordo di Parigi sulla temperatura sarebbe un enorme risultato. Il modo in cui tali obiettivi saranno misurati, finanziati e realizzati sarà vitale per garantire un successo maggiore rispetto al precedente gruppo di obiettivi sulla biodiversià, ancora non soddisfatti. Da parte nostra, proseguiremo le nostre iniziative di engagement presso le imprese, continuando a partecipare al dibattito pubblico su questa questione di cruciale importanza.