Banca d’Italia. Audizione preliminare all’esame del DEF

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Documento di economia e finanza 2023. Testimonianza del Capo del Dipartimento Economia e Statistica della Banca d’Italia
Sergio Nicoletti Altimari

QUI IL DOCUMENTO COMPLETO

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Il quadro macroeconomico

Il quadro globale resta caratterizzato dalla forte incertezza derivante dagli sviluppi geopolitici, tra cui in primo luogo la guerra in Ucraina, dal permanere dell’inflazione su livelli elevati e dall’irrigidimento delle condizioni di finanziamento nei principali paesi avanzati. Da ultimo, i recenti
episodi di dissesto bancario negli Stati Uniti e in Svizzera, benché affrontati tempestivamente dalle autorità competenti, hanno ulteriormente alimentato la volatilità sui mercati finanziari. I principali organismi internazionali continuano a prefigurare un rallentamento dell’attività economica mondiale per quest’anno che, sebbene meno pronunciato di quanto atteso alla fine del 2022, sarebbe di entità significativa. Secondo le stime diffuse ad aprile dal Fondo Monetario Internazionale, la crescita del PIL mondiale scenderà al 2,8 per cento nel 2023 (dal 3,2 dell’anno scorso), il peggior risultato degli ultimi venti anni, se si escludono la crisi finanziaria globale e quella pandemica.

Nelle valutazioni della BCE formulate a marzo, il PIL dell’area aumenterebbe dell’1 per cento nel 2023 (dal 3,5 dell’anno scorso) e dell’1,6 sia nel 2024 sia nel 2025; l’inflazione scenderebbe al 5,3 per cento quest’anno (dall’8,4 nella media del 2022), per portarsi al 2,9 nel 2024 e al 2,1 nel 2025.
A fronte di questi sviluppi, nella riunione di marzo il Consiglio direttivo della Banca centrale europea ha ulteriormente aumentato i tassi di interesse ufficiali, portando al 3 per cento il tasso di interesse di riferimento sui depositi delle banche presso la banca centrale. Ha inoltre segnalato che l’elevato livello di incertezza accresce l’importanza di adottare le future decisioni di volta in volta e sulla base dei dati che si renderanno disponibili.

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I conti pubblici nel 2022

Nel 2022 il disavanzo primario – sebbene accresciuto dagli interventi per attenuare gli effetti del rialzo dei prezzi dell’energia, valutati ufficialmente
pari a circa 2,8 punti percentuali del PIL – è sceso dal 5,5 al 3,6 per cento del prodotto: la forte crescita delle entrate (7,9 per cento, anche grazie
alla dinamica del PIL nominale) ha più che compensato quella delle spese primarie (4,1 per cento). La spesa per interessi – sospinta soprattutto dalla rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione – è salita di quasi un terzo, al 4,4 per cento del PIL (83,2 miliardi). Nel complesso, l’indebitamento netto si è ridotto di un punto percentuale, all’8,0 per cento del prodotto.

Il rapporto tra il debito e il prodotto è sceso di circa 5 punti percentuali per il secondo anno consecutivo, al 144,4 per cento: l’effetto del disavanzo
primario è stato più che compensato da quello del differenziale tra crescita nominale del PIL e onere medio del debito (rispettivamente pari al 6,8 e al 3,1 per cento). Anche la componente stock-flussi (cioè la differenza tra la variazione delle passività e l’indebitamento netto) è stata particolarmente favorevole, risentendo anche della già citata registrazione per competenza dei crediti d’imposta maturati, ma non ancora utilizzati.

Il debito pubblico

Secondo i programmi del Governo, l’incidenza del debito pubblico sul PIL dovrebbe continuare a calare nell’anno in corso (il rapporto si contrarrebbe di oltre due punti percentuali) e nel successivo triennio, per quanto a un ritmo molto più lento (la riduzione media annua sarebbe leggermente superiore al mezzo punto).
Al termine dell’orizzonte di programmazione il debito sarebbe pari al 140,4 per cento del PIL (un valore uguale a quello del quadro tendenziale).
Il calo complessivo (4 punti percentuali) sarebbe conseguito grazie a un differenziale favorevole tra la crescita nominale del prodotto e l’onere
medio sul debito (che deprime la dinamica di circa 6 punti) e all’avanzo primario (il cui contributo è di quasi 3 punti); questi due elementi più che
compenserebbero gli effetti (accrescitivi del rapporto per quasi 5 punti) di una componente stock-flussi sfavorevole.

QUI IL DOCUMENTO COMPLETO

Il quadro di crescita delineato dal DEF è nel complesso condivisibile. Esso prefigura per quest’anno un marcato rallentamento dell’attività
economica in Italia, ma, come suggerito dalle informazioni più recenti, meno significativo di quanto ci si potesse attendere solo pochi mesi fa. La crescita dovrebbe rinvigorirsi nel prossimo anno. Si tratta di prospettive circondate da incertezza straordinaria, su cui gravano forti rischi al ribasso. In un simile contesto, il ruolo di stabilizzazione delle politiche è stato e continua ad essere rilevante; affinché gli strumenti già a disposizione – in particolare gli interventi finanziati dal PNRR – possano dispiegare appieno la loro efficacia è cruciale che il loro utilizzo sia improntato alla tempestività e all’efficienza.