Ecco perchè il mondo non può ancora fare a meno del dollaro

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Il dollaro è la valuta più potente al mondo. Viene utilizzato per l’88% delle transazioni, un dato stabile dal 2010. Inoltre, più del 60% delle riserve in valuta estera sono in dollari (grafico sotto rappresentato). Ad ogni modo, certi Paesi stanno creando sistemi di transazioni che escludono la valuta, con lo scopo di ridurre il potere degli Stati Uniti. Il trend della de-dollarizzazione è particolarmente complesso e a lungo termine, ma ritenuto possibile da certi governi.

Le motivazioni per il cambiamento proposto dagli oppositori del dollaro sono molteplici. Innanzitutto, usare valute locali è strutturalmente positivo per la valuta in questione, particolarmente per i mercati obbligazionari. Inoltre, la de-dollarizzazione ha chiare cause geopolitiche. Gli Stati Uniti utilizzano spesso la valuta come “arma”, come nell’imposizione di sanzioni contro la Russia. La Cina, considerando le tensioni con gli Stati Uniti data la guerra dei dazi, vorrebbe aumentare l’utilizzo del renminbi. L’Arabia Saudita vuole limitare la sua dipendenza dal dollaro per i problemi creati dalla riduzione dell’offerta del petrolio della Opec+. Per concludere, il Brasile si sta avvicinando politicamente alla Cina, e ha dimostrato di volersi opporre alle istituzioni finanziarie americane.

La de-dollarizzazione sarebbe possibile solamente se si utilizzasse una valuta alternativa. Le due possibilità principali sono l’Euro, utilizzato per il 31% delle transazioni, e il renminbi, utilizzato per il 7%. L’Euro non è un’opzione valida, dato che non è legato a un singolo Paese con potere militare e politica estera unici. D’altra parte, la crescita del renminbi sarebbe possibile solamente se la Cina aprisse i mercati finanziari e riducesse i controlli sul capitale. La Cina potrebbe aumentare l’utilizzo del renminbi nel commercio internazionale, del quale è un player particolarmente importante. Il problema si pone perché le aziende e gli investitori dovrebbero avere un mercato liquido e sicuro in cui investire la valuta, ma i mercati finanziari cinesi onshore sono limitati per gli investitori esteri. Al contrario, i mercati statunitensi sono liquidi, profondi e aperti, tranne qualche restrizione sugli investimenti cinesi. Di conseguenza, il trend di de-dollarizzazione ha poche possibilità di riuscita. Non è la prima volta che accade, riaffiorando spesso quando gli Stati Uniti utilizzano a loro favore il potere della valuta. Per adesso, gli sforzi dei Paesi contro il dollaro non stanno dando forti risultati, indicando che probabilmente il regno della valuta non finirà per molto tempo.

La crescita del lusso

In questo contesto di volatilità, il settore del lusso rimane stabile e in crescita. Sono stati pubblicati i conti trimestrali, mostrando ricavi più alti delle aspettative per le aziende del lusso come Hermès e LVMH. Hermès, con crescita del 23%, ha battuto le previsioni al 13%. LVMH, il conglomerato che possiede Louis Vuitton, Celine, Dior, Moët e altri brand, è cresciuto del 17%. L’ascesa del settore è stata sicuramente supportata dai bilanci positivi, ma era già in corso dall’inizio del 2023. Infatti, l’indice della Borsa francese CaC 40, molto esposto al lusso, è cresciuto del 16,45% dall’inizio dell’anno, rispetto a una crescita del 8,45% dell’indice MSCI World.

La crescita del settore non è sorprendente. Infatti, duranti i periodi di recessione, il lusso ha avuto storicamente performance migliori rispetto al resto del mercato (grafico sopra rappresentato). Può essere considerata un’industria in parte difensiva, poiché le persone ad alto reddito, ovvero il target del lusso, sono meno sensibili alle difficoltà economiche. Ad oggi, i timori di una recessione sono elevati. Le persone di classe media hanno dimezzato la loro spesa sul lusso, mentre quelle con patrimoni più alti l’hanno triplicata. Inoltre, mentre in passato il lusso cresceva in media il doppio del PIL, oggi ha una crescita prevista del 10% contro il 2,8% del PIL globale previsto dal FMI. Data l’inflazione, i rialzi dei tassi d’interesse e l’alta volatilità del mercato, gli investitori cercano titoli di aziende con margini stabili e bilanci solidi, caratteristiche del settore. Inoltre, la domanda per i prodotti del lusso è relativamente inelastica, dando alle aziende la possibilità di alzare i prezzi senza perdere quota di mercato. La crescita dei profitti e il conseguente rialzo dei titoli del lusso è anche causata da un aumento delle vendite in Cina, dopo la riapertura del paese al termine della politica zero-Covid. Per esempio, le vendite di LVMH sono aumentate del 30% su base annua, valore che non include gli acquisti offshore dei residenti cinesi, altrettanto alti. Inoltre, molti investitori scelgono di comprare azioni di aziende europee che hanno una vasta presenza di mercato in Cina. Questi investimenti offrono la possibilità di essere indirettamente esposti al mercato cinese post-riapertura, con più liquidità e meno rischio rispetto a investimenti diretti nel mercato finanziario di Shanghai. Ovviamente, il lusso non sarà immune a un’ipotetica recessione, considerando una difficoltà maggiore nell’aumentare i prezzi visti gli incrementi già attuati nel 2021 e 2022. Ad ogni modo, gli analisti prevedono che il settore possa ancora crescere nel 2023, rendendolo un mercato interessante per gli investitori.