Previdenza, la Corte dei Conti: occorre un approccio che consideri la sostenibilità di lungo termine

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La Corte dei Conti ha presentato il Rapporto 2023 sul coordinamento della finanza pubblica in cui dedica ampio spazio al tema pensioni.

Si sottolinea in primo luogo come la spesa per prestazioni sociali in denaro rappresenta una delle voci del bilancio pubblico più significative. Complessivamente pari a 407 miliardi nel 2022 (21,3 per cento del Pil), secondo il DEF l’incremento nominale di tali prestazioni rappresenterà, tra il 2022 e il 2026, quasi il 90 per cento dell’aumento complessivo delle uscite correnti. Questo solo dato dà il senso di quanto il comparto sia delicato e meritevole di attento monitoraggio.
Al suo interno, un peso particolarmente rilevante è quello della spesa per la previdenza e per le pensioni in particolare.

Nel 2022 il dato di consuntivo delle uscite per pensioni è risultato leggermente migliore delle attese. Possono avervi contribuito anche gli esiti finali netti degli interventi introdotti con la legge di bilancio per il 2022, la quale ha visto effetti finanziari inferiori al previsto per Quota 102 in un quadro che però ha anche registrato un sostenuto flusso di pensionamenti tramite il prorogato canale di Opzione donna. L’aggregato ha risentito del ritorno dell’inflazione e quindi della rivalutazione ai prezzi dei trattamenti in essere (1,9 per cento).

Secondo il DEF 2023, la spesa pensionistica, dopo essersi ragguagliata a quasi 297 miliardi nel 2022 (con una crescita del 3,7 per cento annuo) accelererà nell’anno in corso e nel 2024 (+4,4 e +5,7 per cento, rispettivamente); crescerebbe poi a ritmi più moderati nel biennio 2025-26 (+2,5 e +2,6, rispettivamente). In quota di Pil si passerebbe dal 15,6 per cento nel 2022 al 16,1 nel 2026. Il quadro di breve periodo offre un fondamentale insegnamento*; in presenza di una voce di spesa così rilevante, anche shock inflazionistici che con indicizzazione ritardata nel tempo e comunque inferiore all’unità dovrebbero solo migliorare i saldi di finanza pubblica (in rapporto al Pil), finiscono, nei fatti, per avere costi “reali”; infatti, l’origine importata dello shock fa sì che l’inflazione del Pil (deflatore) resti inferiore a quella al consumo ed operi, quindi, in definitiva, la tassa da inflazione.
Ponendosi in prospettiva, sottolinea la Corte dei Conti, per il comparto previdenziale è necessario ridare certezza e stabilità al quadro normativo, dopo gli interventi temporanei che lo hanno contrassegnato negli ultimi cinque anni. È un punto, questo, su cui il DEF 2023 non sembra fornire informazioni adeguate; e ciò proprio mentre l’aggiornamento delle analisi circa le prospettive di lungo periodo della spesa legata all’invecchiamento della popolazione conferma le forti pressioni che la crescita del tasso di dipendenza degli anziani eserciterà sulla spesa per pensioni. È da condividere un approccio che consideri la sostenibilità di lungo termine del sistema previdenziale tanto sotto il profilo finanziario quanto dal punto di vista sociale.

A tale ultimo riguardo, è importante l’orientamento a irrobustire le prospettive pensionistiche delle giovani generazioni favorendo carriere più continue e livelli salariali più sostenuti, i quali, tuttavia, hanno come presupposto maggiore produttività e maggiore crescita economica. Il sostegno della previdenza integrativa può svolgere un ruolo nell’assicurare un equo tasso di sostituzione complessivo a coloro che andranno in quiescenza con il sistema di calcolo interamente contributivo.