In attesa di una recessione? Cosa tenere in portafoglio

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Sotto l’aspetto macro, i dati sull’ inflazione e soprattutto sull’indice Shelter saranno il driver che forniranno direzionalità al mercato, che potrebbe indebolirsi con una piccola correzione o mantenendo un movimento laterale qualora ci fosse una rotazione verso i titoli Value la cui funzione in questo momento sarebbe quella di sostenere gli indici.

L’ attenzione ora si è spostata dalla recessione all’ inflazione e questo è un film destinato ad essere visto per tutto il 2023.

Sulla recessione non siamo preoccupati, riteniamo di essere di fronte ad una win-win situation per i seguenti motivi:

Primo caso. Recessione forte= taglio tassi = titoli growth ancora su, anche se aumenterà la volatilità.

Secondo caso. Recessione lieve o no landing= utili dei titoli growth superiori alle attese, considerati i tagli delle guidelines dei manager fatti nei mesi scorsi.

In USA, l’inflazione è in linea con i tassi al 5%, mentre la situazione è molto diversa nella UE con tassi al 3,25-3,50% e inflazione al 6%. Qui c’è molto lavoro da fare ancora. Le banche centrali ormai sembrano più interessate ad adeguarsi alle aspettative dei mercati (come anticipano le forward guidance), perchè è una partita che si gioca molto più sulla comunicazione che sul dato (spesso anticipato e scontato).

Tuttavia, dell’inflazione USA non apprezziamo il fatto che la discesa sia stata influenzata eccessivamente dalla componente energia, mentre quella Shelter (beni rifugio, immobiliare) è risultata di nuovo più alta delle attese.

Secondo noi, proprio per la possibilità di una recessione lieve, la componente energia potrebbe aver visto i minimi, e se dovesse risalire il petrolio (molto probabile), i prossimi dati sull’inflazione Usa potrebbero essere più alti delle attese. La variabile geopolitica potrebbe influenzare il trend del petrolio in senso opposto: se la crisi interna russa porterà ad un inasprimento del conflitto, ciò andrebbe a rafforzare la view rialzista, al contrario, se Putin dovesse iniziare ad alleggerire l’impegno in Ucraina, il petrolio potrebbe calare.

In conclusione, il dato da monitorare dei prossimi mesi è l’indice Shelter, qui si gioca la partita della politica monetaria e quindi delle possibilità di continuare a guadagnare per le azioni growth.

Abbiamo il nostro piano B nel caso in cui l’inflazione, a causa dei rialzi energetici, dovesse aumentare: ridurremmo semplicemente le posizioni sui titoli growth per andare a beneficiare del profit taking che si verrebbe a creare. Tuttavia, questo scenario ha una probabilità inferiore al 35% rispetto al piano A, che prevede un’ inflazione stabile o in riduzione.

Cruciali saranno poi le trimestrali della Corporate America a luglio che potrebbero riservare delle sorprese.

Siamo soddisfatti delle performance fin qui ottenute, questo è un anno più semplice rispetto al 2022 , perché al contrario dell’anno scorso premia le aziende che partecipano a tutti i Megatrend in atto (Tecnologia, consumi discrezionali) ad eccezione dei due megatrend del Biotech e Alternative energy che hanno tenuto bene l’anno scorso.

Aver difeso i portafogli nel 2022 contenendo al massimo le perdite (il Nasdaq ha perso il 34% nel 2022 mentre i fondi e le linee flessibili azionarie di Gamma Capital Markets hanno ceduto rispettivamente il 3% e il 6%) ci lascia abbastanza tranquilli per il 2023. Abbiamo già ottenuto performance a doppia cifra con il NASDAQ ancora molto lontano dai massimi.

Non dico questo per vanto, ma per spiegare perché abbiamo ridotto il rischio e perché abbiamo la possibilità di raggiungere risulti molto positivi per fine anno.

I nostri temi hanno corso più del previsto e vogliamo alleggerire per cautela.

Abbiamo recuperato le piccole perdite del terribile 2022 e sui profili di rischio più alti siamo in netto guadagno considerando anche tutto il 2022.

Quest’anno le obbligazioni di brevissimo rendono bene.

Avendo venduto molte azioni ultimamente, abbiamo liquidità sui conti delle linee di gestione e fondi. Abbiamo selezionato ETF cash, Bot e T-Bill Usa con scadenze a uno-due mesi. Questi bond rendono rispettivamente il 4% e 5% su base annua.

Sulle obbligazioni statunitensi monitoriamo da vicino l’andamento avendo inserito uno stop-loss se il cambio rompe 1,10 e se USD va verso 1,08 siamo pronti a vendere i T-Bill.

Precisiamo che quelle appena descritte sono solo operazioni tattiche per ottimizzare la gestione della liquidità, ma rientreremo sui temi venduti appena ci sarà un’opportunità o un evento che ci faccia cambiare idea (ad esempio, se le trimestrali di luglio dovessero rivelarsi molto buone).

I temi degli investimenti azionari che faremo saranno gli stessi, ma con pesi diversi.

Diminuiremo il peso delle giant cap growth a favore delle large e mid cap grotwh.

Questo perché ora hanno valutazioni interessanti le aziende tech medio-grandi rispetto alle mega cap stile FAANG.