Le conseguenze della de-dollarizzazione sugli investimenti

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Alla fine del 2022 si è iniziato a parlare di indebolimento ciclico del dollaro, quando è diventato chiaro che al ciclo di inasprimento della Fed si sarebbe aggiunto anche quello della Bce e che il differenziale dei tassi d’interesse tra il dollaro e l’euro avrebbe invertito quel trend che era stato alla base della forza del dollaro per gran parte del 2022.

Ora che ci si aspetta una pausa da parte della Fed ma un proseguimento dei rialzi da parte della Bce, il divario dovrebbe ridursi ulteriormente, il che potrebbe essere un’ulteriore spinta per la valuta dell’Eurozona.

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Questo vento contrario rappresentato dai tassi di interesse è stato rafforzato dal significativo miglioramento delle condizioni commerciali nell’Eurozona: l’inverno in Europa si è rivelato più caldo del previsto e ha permesso a quei Paesi che si erano ben equipaggiati, di beneficiare del forte calo dei prezzi dell’energia avvenuto alla fine del 2022.

Mentre al di là dell’Atlantico il dollaro iniziava a perdere forza, alti fattori sfavorevoli sono giunti dal Pacifico. Per la prima volta la Banca del Giappone ha modificato il limite della curva dei rendimenti, passando dallo 0,25% allo 0,50%, il che ha provocato un indebolimento del 10% del dollaro dall’ottobre del 2022.

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Questi fattori ciclici che hanno portato all’indebolimento del dollaro sono stati ampliati anche da forze strutturali. Con le guerre commerciali innescate da Trump tra il 2018-2020, era diventato chiaro che gli Stati Uniti stessero imponendo un nuovo tipo di relazioni alla Cina.

Di conseguenza, la Cina ha cercato di ridurre la sua dipendenza dal dollaro. Infatti, dal 2019, lo yuan ha apprezzato il proprio controvalore sul mercato dei cambi dal 4,3% a quasi il 7%.

Ancora più impressionante è stato il calo della quota di riserve in dollari delle banche centrali. Su base nominale, il biglietto verde ha visto la sua quota ridursi di più di dieci punti percentuali, passando da oltre il 70% delle riserve a inizio del secolo a meno del 60% alla fine del 2022.

Tuttavia, se si tiene conto dei movimenti relativi delle valute e degli investimenti obbligazionari sottostanti, nel 2022 si è assistito a uno spostamento ancora più marcato dal dollaro a favore dell’euro, dello yuan cinese e dell’oro.

Questi sviluppi suggeriscono che ora alle forze congiunturali si siano aggiunti fattori strutturali, il che lascia presagire per i prossimi anni un deprezzamento sostanziale del dollaro.

I precedenti mercati ribassisti del dollaro sono stati prolungati per natura, con una durata di 9-15 anni, mentre i mercati rialzisti sono stati moderatamente più brevi (7-12 anni). Questi movimenti di lungo periodo della valuta di riserva globale hanno avuto implicazioni di ampio respiro per gli investitori in tutte le asset class.

Infatti, in due dei tre mercati ribassisti del dollaro (1964-78 e 2002-2011) dalla metà degli anni Sessanta, gli investitori azionari statunitensi hanno sottoperformato sia l’inflazione sia i Treasury statunitensi. In entrambi gli episodi, l’oro ha superato di gran lunga i Treasury e le azioni.

Il mercato orso disinflazionistico del dollaro del 1985-95 (innescato dagli Accordi del Plaza) è stato un’eccezione che ha visto gli investimenti in azioni USA sovraperformare sull’obbligazionario USA e sull’oro.

Con i titoli azionari non USA in crescita di quasi l’11% da inizio anno rispetto all’8% dell’S&P 500, l’imminente ciclo di indebolimento del dollaro suggerisce che questo è solo l’inizio della sovraperformance delle azioni globali rispetto alle loro controparti USA.

Poiché è più probabile che il prossimo mercato ribassista del dollaro avvenga in un contesto di maggiore inflazione globale piuttosto che di disinflazione –che aveva caratterizzato il periodo 1985-95 – l’oro dovrebbe continuare a sovraperformare rispetto alle azioni e alle obbligazioni globali, come sta facendo dal 2021.

Con la Cina in prima linea per trovare un’alternativa al dollaro nell’economia globale, ci aspettiamo che l’era del dollaro come ancoraggio del sistema finanziario globale sia in declino.

In un contesto di debolezza del dollaro o addirittura nella prospettiva che la sua leadership globale stia giungendo al termine, gli investitori dovrebbero guardare sempre più al di fuori del mercato azionario USA, soprattutto dopo la sua sovraperformance decennale, per scovare opportunità interessanti.

L’oro, che nell’ultimo decennio ha offerto agli investitori rendimenti simili a quelli delle obbligazioni, ha un ruolo di ancoraggio per la conservazione della ricchezza nel caso in cui la leadership del dollaro, che ha le sue fondamenta nel dopoguerra, dovesse essere messa a dura prova.