Economia del mare. Le enormi potenzialità dell’Africa

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Il Centro Giuseppe Bono per l’economia del mare, nato pochi mesi fa con l’obiettivo di fare di Genova il centro dove si discutono le tematiche del mare, dall’armamento ai cantieri, dal diporto al turismo e la pesca, affronta oggi la tematica dell’Africa e del potenziale di questo continente in termini di sviluppo economico futuro. Il Centro è intitolato a Giuseppe Bono, il manager pubblico che ha guidato Fincantieri per vent’anni.

Le enormi potenzialità marittime dell’Africa

Il Centro Giuseppe Bono ha aggregato un po’ di dati sul continente africano e ne sottolinea le grandi prospettive di crescita nei prossimi decenni. Buona parte di queste opportunità proviene dal mare: gran parte del futuro dell’Africa dipende dall’economia blu. L’Unione africana ha in questi giorni definito l’economia connessa con il mare come “la nuova frontiera del rinascimento africano”, l’unica potenzialmente in grado di trasformare risorse praticamente inutilizzate e ignorate nel vero driver di produzione di ricchezza, occupazione e di netto miglioramento della qualità della vita. Risorse che non sono ancora oggetto di sfruttamento, come accade nella maggioranza dei paesi africani, da parte di grandi multinazionali e di potenze colonialiste e che sono in gran parte ignorate. Blu Economy significa trasporti via mare, logistica, ma anche sfruttamento di risorse energetiche, turismo, pesca, risanamento ambientale.

Secondo un recente rapporto dell’Onu i dati significativi dell’economia del mare in Africa e della sua crescita al netto di interventi straordinari, sono di per sé impressionanti. Il continente ha 38 Stati costieri; il 90 per cento dell’import-export avviene via mare; il valore aggiunto del turismo costiero è stimato in 100 miliardi di dollari entro il 2030; il settore marittimo dà lavoro a quasi 50 milioni di persone; infine, il valore complessivo dell’economia del mare nel 2030 sarà di 405 miliardi di dollari.

Le zone marittime sotto la giurisdizione del continente africano ammontano a circa 13 milioni di chilometri quadrati, compresi i mari territoriali e circa 6,5 milioni di chilometri quadrati di piattaforma continentale. Paradossalmente Mauritius, con i suoi 1.850 chilometri quadrati, è uno dei Paesi più piccoli dell’Africa e del mondo, ma con le sue acque territoriali diventa un Paese di 1,9 milioni di chilometri quadrati, grande mille volte di più. Oltre il 90% delle importazioni e delle esportazioni africane avviene via mare e alcune delle porte più strategiche per il commercio internazionale si trovano in Africa.

Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, l’energia rinnovabile degli oceani ha, nell’ipotesi di uno sfruttamento intensivo, potenza sufficiente a fornire fino al 400 per cento dell’attuale domanda energetica globale. Come sottolineava dieci anni addietro un handbook sull’economia del mare africana a cura della London School of Economics e del Grantham Research Institute, per dare un ruolo più centrale all’economia marittima è indispensabile «una migliore comprensione delle enormi opportunità che emergono investendo e reinvestendo negli spazi acquatici e marini dell’Africa per spostare l’ago della bilancia dalla raccolta illegale, dal degrado e dall’esaurimento a un paradigma di sviluppo blu sostenibile, al servizio dell’Africa di oggi e di domani. Se sfruttata appieno e ben gestita, l’economia blu africana può costituire la più importante fonte di ricchezza e catapultare le fortune del continente».

Ma come sempre accade quando si parla dell’economia del mare, i dati sono sottostimati come lo sono a livello globale. Secondo il rapporto pubblicato nel maggio scorso dalla Banca Mondiale, l’economia marittima a livello planetario avrebbe un valore di oltre 1,500 miliardi di dollari l’anno e garantisce oltre 30 milioni di posti di lavoro. Quest’ultimo un dato sottostimato visto che i soli lavoratori marittimi, senza includere quelli alberghieri a bordo delle navi da crociera, superano i 2,5 milioni nel mondo e che alcuni settori direttamente o indirettamente legati al mare non sono compresi nelle stime (il turismo costiero, l’indotto logistico, le attività delle marine militari e della Difesa in generale, le prospezioni industriali sui fondali marini).

Secondo le più recenti previsioni dell’OCSE l’economia del mare potrebbe raggiungere e superare i 3 mila miliardi di dollari di valore entro il 2030.