La biodiversità si avvia a diventare un trend di investimento globale di primo piano entro il 2030

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La biodiversità influisce molto su tutti gli aspetti della nostra vita sociale ed economica ed è un indicatore della salute di ogni ecosistema: quando si perde biodiversità, gli ecosistemi si disgregano. Per fornire un’idea dell’enorme impatto economico di questo fattore, un rapporto diffuso nel 2020 dal World Economic Forum rileva che la creazione di valore dipende in modo moderato o elevato dalla natura per un valore di 44 mila miliardi di dollari. Questo rappresenta oltre la metà del PIL mondiale totale, evidenziando così i gravi rischi connessi alla perdita della biodiversità.

Dal nostro punto di vista, siamo solo agli albori di una nuova importante tendenza di investimento di lungo periodo che merita di essere esplorata. Nel corso della Conferenza ONU sulla biodiversità del 2022 (COP15), 188 paesi hanno raggiunto un accordo epocale sull’obiettivo di proteggere il 30% della superficie terrestre e il 30% delle aree costiere e marine entro il 2030, nell’ambito del Quadro globale per la biodiversità Kunming-Montreal.

L’intenzione dichiarata è quella di incrementare in misura sostanziale i finanziamenti destinati alla biodiversità e attingere alla finanza privata per intensificare il flusso di investimenti. Il progetto include la mobilitazione di 200 miliardi di dollari l’anno, di finanziamenti nazionali e internazionali (pubblici e privati) legati alla biodiversità, aumentando i flussi finanziari internazionali dai paesi sviluppati a quelli in via di sviluppo ad almeno 20 miliardi di dollari l’anno entro il 2025 e a 30 miliardi di dollari l’anno entro il 2030.

Carenza di fondi per la biodiversità

È difficile quantificare la carenza di fondi destinati alla biodiversità ma, secondo uno studio del Paulson Institute, per realizzare gli obiettivi definiti durante la COP15 gli investimenti totali annui per la conservazione della biodiversità dovrebbero salire da circa 140 miliardi di dollari a 700-800 miliardi, ossia aumentare di cinque volte.

Questo preannuncia la nascita di nuove opportunità di investimento responsabile nel corso dei prossimi decenni. Si prevede che i governi sosterranno il settore privato, appena diventeranno più chiari i criteri di definizione e monitoraggio dei rischi e delle opportunità legate alla biodiversità.

Premio al rischio della biodiversità: sfide e opportunità

Ci aspettiamo che in futuro le società con un rischio di biodiversità più elevato mostrino quotazioni scontate e debbano pagare un prezzo più alto per ricevere prestiti, come già accade per le imprese con punteggi ESG bassi. L’integrazione della biodiversità nelle strategie di investimento è ancora agli inizi, ma nonostante questo, c’è stato un forte incremento nel numero di fondi legati alla biodiversità, con quelli azionari a fare la parte del leone.

La prima sfida che gli investitori si trovano ad affrontare è la qualità dei dati disponibili: anche se molte società si stanno impegnando a proteggere la biodiversità, solo una piccola percentuale di quelle che compongono l’indice Eurostoxx ha definito obiettivi specifici. Per superare questo ostacolo, è essenziale incoraggiare una maggiore trasparenza e rendicontazione attraverso l’engagement.

La seconda sfida risiede nella disponibilità limitata di investimenti focalizzati su soluzioni per la biodiversità. Le imprese che affrontano le criticità su questo fronte tendono ad avere una capitalizzazione media o bassa, il che rende difficile creare un portafoglio ben bilanciato, soprattutto nel reddito fisso. Tuttavia, man mano che le società migliorano la comunicazione riguardo al loro impatto sulla biodiversità, ci aspettiamo che emergano nuove alternative di investimento.

La terza sfida che si pone agli investitori è costituita dai bias settoriali. L’impiego di una sola misura può fornire un quadro incompleto della situazione, portando gli investitori a sovraponderare settori con un impatto limitato, come la tecnologia e i consumi. Con il graduale aumento del premio al rischio di biodiversità, l’integrazione dei criteri di biodiversità nel processo di investimento diventerà cruciale per

generare performance e rilevare i rischi a medio e a lungo termine. Inoltre, ci aspettiamo un dirottamento dei proventi dei green bond a favore di progetti legati alla biodiversità, cominciando dai titoli sovrani per poi estendere la prassi anche a quelli societari nello spazio del reddito fisso.

La mappatura di GIAM dell’impatto e della dipendenza settoriali

Il primo passo che gli investitori devono compiere per identificare i rischi e le opportunità legati alla biodiversità all’interno del portafoglio è creare parametri di materialità che includano sia l’impatto che la dipendenza. Il concetto di “impatto sulla biodiversità” si riferisce alle attività umane, mentre la “dipendenza dalla biodiversità” indica in che misura le economie e le comunità dipendono dalla natura per funzionare efficacemente.

Il grado di impatto e dipendenza varia molto a seconda dei settori. Per esempio, nel caso dell’energia, dei servizi di pubblica utilità e dei servizi di comunicazione l’impatto generato da queste industrie supera la loro dipendenza dalla biodiversità. All’interno di ogni settore, impatto e dipendenza possono essere più evidenti per alcuni fattori (uso dell’ecosistema terrestre, uso dell’acqua, inquinanti del suolo) e servizi ecosistemici (materiali, qualità del suolo, acqua) che non per altri.

Come integriamo i criteri di biodiversità nel processo di investimento

Nonostante la scarsa affidabilità dei dati e la mancanza di un quadro normativo chiaro, in GIAM incorporiamo i rischi di biodiversità potenzialmente gravi nel nostro processo di investimento. Data la complessità del modo in cui la biodiversità influenza e interagisce con la nostra economia, riteniamo che le decisioni di investimento legate a questo aspetto non possano basarsi esclusivamente su un unico indicatore.

Dopo la mappatura degli impatti e delle dipendenze per settore, effettuiamo una valutazione della gestione del rischio di biodiversità a livello societario, per identificare i leader e i ritardatari all’interno dei singoli settori ed evitare così decisioni di investimento condizionate da preconcetti settoriali. Più nel dettaglio, il profilo ESG valutato per i singoli emittenti e settori e l’analisi delle controversie sono componenti strutturali della politica di esclusione adottata nei nostri portafogli. Questo ci consente di individuare a priori i rischi di biodiversità fra le opportunità di investimento, ma anche di gestire attentamente le posizioni esistenti in cui si manifestano i primi segnali di criticità. Gli attori che allo screening risultano in ritardo sul fronte ESG a livello settoriale (o di paese, nel caso degli emittenti sovrani), o che sono esposti a controversie importanti e strutturali (anche su temi di biodiversità), in genere vengono esclusi dall’universo investibile, ma se la tesi di investimento viene ritenuta valida, possono essere considerati come candidati per un’attività di engagement.

L’esposizione esistente a emittenti che vengono captati dai filtri di esclusione sarà azzerata per le posizioni azionarie e ridotta gradualmente nel caso dei titoli obbligazionari. In prospettiva, siamo convinti che un modello di integrazione più robusto richieda l’analisi di ogni fattore base di perdita di biodiversità: uso della terra e dell’acqua, sfruttamento delle risorse, inquinamento, cambiamento climatico e specie aliene invasive.

Stiamo anche adottando un approccio proattivo per valutare in che modo il moltiplicarsi di regole potrebbe avere ripercussioni sugli emittenti; per fare un esempio, l’UE ha varato il Regolamento sui prodotti esenti da deforestazione, la Legge sul ripristino della natura, il Regolamento sull’ecodesign e il Regolamento sull’uso sostenibile dei pesticidi. Sappiamo bene che le società hanno bisogno di tempo per adattare i modelli di business e renderli conformi alle nuove norme, soprattutto per quanto riguarda le catene di fornitura. L’assunzione di impegni quantificabili è un buon punto di partenza per identificare e aiutare gli emittenti intenzionati a ridurre al minimo sia gli impatti generati sulla biodiversità, sia gli effetti delle normative in materia di biodiversità sulla loro performance finanziaria.