L’Ape sociale estesa nel 2024: cosa cambia

-
- Advertising -

Sul sito Invalidità e Diritti si discute di Quota 103, Quota 41 e Ape sociale estesa. In ballo anche l’Opzione Donna e la Pensione di Garanzia.

All’Ape sociale estesa nel 2024 potranno accedere molte più categorie rispetto a oggi. (entra nella community di Invalidità e Diritti e scopri le ultime notizie sull’invalidità civile. Unisciti al gruppo Telegram, alla chat tematica e a WhatsApp per ricevere tutte le news direttamente sul cellulare. Entra nel gruppo Facebook per parlare con migliaia di persone che hanno i tuoi stessi interessi. Abbiamo anche una pagina Instagram dove pubblichiamo le notizie in formato grafico e un canale YouTube, dove pubblichiamo videoguide e interviste).

Il governo ha riaperto il delicato fascicolo della riforma pensionistica nel tentativo di superare la Legge Fornero, assicurare maggiore flessibilità in uscita e la sostenibilità adeguata per garantire la pensione a chi oggi è giovane.

- Advertising -

Sul tavolo anche Quota 41Quota 103 e Opzione donna, che in molti vorrebbero riportare alle origini (uscita a 58/59 anni con 35 di contribuzione).

Ma vediamo nel dettaglio quali sono le indicazioni che arrivano dal governo, gli obiettivi delle parti sociali e cosa dovrebbe cambiare nel 2024.

Riforma delle pensioni, il tempo stringe

Le discussioni sulla riforma delle pensioni sono riprese il 26 giugno, con un incontro tra governo e parti sociali. Non c’è molto tempo a disposizione dell’esecutivo: la scadenza di Quota 103 è fissata al 31 dicembre 2023, e lo spettro della “legge Fornero”, particolarmente detestata da Salvini, si profila minaccioso all’orizzonte.

- Advertising -

L’Ape Sociale estesa: una possibilità concreta

Un argomento di particolare rilievo nel dibattito è l’Ape sociale. Si tratta di un’anticipazione pensionistica, una misura di accompagnamento alla pensione introdotta nel 2017, che permette a determinate categorie di lavoratori di andare in pensione in anticipo rispetto all’età stabilita dalla legge. Questa misura include lavoratori con 63 anni di età e almeno 30 o 35 anni di contributi che svolgono lavori gravosi, disoccupati, caregiver e invalidi. La Ministra Maria Elvira Calderone ha dichiarato che l’attuale sistema legato all’Ape sociale potrebbe essere esteso, fornendo una flessibilità pensionistica più ampia

Ape sociale estesa: come?

Con la stessa operazione che è stata condotta nel 2021, quando alle prime 11 di categorie di lavori gravosi ne sono state aggiunte molte altre. L’intenzione è quella di allargare ancora il campo per rendere questo “accompagnamento alla pensione di vecchiaia” raggiungibile per platea ancora più vasta di lavoratori.

Le parole della ministra Calderone lasciano pochi dubbi: «Non ho preclusioni all’interno del sistema contributivo a ragionare su una flessibilità allargata, più ampia di quella attuale. Tutto deve basarsi sulla necessità di dare risposte in termini di sostenibilità, non solo del sistema, anche di assegno pensionistico che si riceve». Si tratta di una dichiarazione di qualche mese fa. L’Ape sociale negli anni si è dimostrata una forma di prepensionamento dai costi sostenibili per lo Stato.

Ricordiamo che l’importo massimo è di 1.500 euro (per 12 mensilità) fino al raggiungimento dell’età per la pensione di vecchiaia, quando si riceverà la pensione completa (e quindi, chi ha maturato un importo più alto avrà diritto a un assegno più consistente, comprensivo di 13esima e 14esima).

Oltre ai lavoratori che svolgono attività gravose, ricordiamo che hanno diritto ad accedere al trattamento queste categorie di lavoratori:

  • che si trovano in stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, o per scadenza del termine del rapporto di lavoro a tempo determinato a condizione che abbiano avuto, nei 36 mesi precedenti la cessazione del rapporto, periodi di lavoro dipendente per almeno 18 mesi hanno concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni;
  • lavoratori che assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 70 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni;
  • i lavoratori che hanno una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74% e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni.

Opzione donna e la Pensione di Garanzia

Non restano certo sullo sfondo altre due misure che sono ritenute centrali dal governo, perché dovrebbero tutelare due categorie ritenute fragili rispetto al sistema pensionistico: le donne e i giovani.

Sul tavolo ci sono dunque Opzione donna e la Pensione di Garanzia per i giovani. Si stanno cercando soluzioni che garantiscano un’uscita dignitosa dal mondo del lavoro, tenendo conto dell’instabilità del mercato e dei contratti discontinui che spesso caratterizzano l’occupazione giovanile.

Per Opzione donna si prova a ritornare alla vecchia misura (58, 59 anni e 35 di contributi), andando quindi oltre l’attuale misura modificata, che ha ristretto l’accesso a questo pensionamento anticipato solo a queste categorie:

  • lavoratrici licenziate o dipendenti in aziende con tavolo di crisi aperto presso il Ministero;
  • lavoratrici con disabilità pari o oltre il 74%;
  • lavoratrici che assistono, da almeno 6 mesi,  persone disabili conviventi , con handicap in situazione di gravità ex legge 104 1992.

Una restrizione così “feroce” che ha ridotto a poche migliaia le donne che nel 2023 hanno deciso di scegliere questa strada per il pensionamento anticipato.

La Pensione di Garanzia Giovani dovrebbe invece assicurare un trattamento pensionistico dignitoso ai lavoratori che oltre ad essere tutti nel calcolo contributivo per la determinazione degli importi pensionistici (più penalizzante rispetto al retributivo e al misto), rischiano di avere importi ancora più bassi a causa di carriere lavorative spesso discontinue.

Con questo trattamento sarà quindi assicurato a chi ha almeno 20 anni di contribuzione e andrà in pensione a partire dal 2030, una cifra minima di 780 euro (consentendo la cumulabilità con l’assegno sociale).

Questa misura spetterebbe in particolare:

  • ai giovani che hanno iniziato a versare i contributi dal 1° gennaio 1996 in poi;
  • ai giovani con pochi contributi versati per via di lavori atipici, precari che non gli hanno consentito di versare la contribuzione richiesta per la pensione di vecchiaia;
  • ai giovani con almeno 20 anni di contributi versati.

Su Opzione donna e la Pensione di Garanzia le discussioni sono comunque solo all’inizio. Per ora si tratta di indicazioni e obiettivi.

Il Potenziamento dei Fondi complementari

Un altro aspetto in discussione è il potenziamento dei fondi complementari. Il governo potrebbe optare per una riduzione della tassazione su queste rendite. Intanto, le organizzazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil sollecitano una nuova fase di “silenzio-assenso” per indirizzare il Tfr verso la previdenza complementare.