Prelievo forzoso in Italia. Il rischio è relativo, forse nullo

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Tratto da www.i-dome.com 
di Rachele Luttazi Esperta in welfare e bonus

Il recente dibattito sul prelievo forzoso in Italia è stato chiarito dopo le preoccupazioni sollevate da Matteo Renzi. Le nuove regole enfatizzano la semplificazione delle procedure fiscali senza minacciare il saldo dei conti correnti dei contribuenti.

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L’applicazione del prelievo forzoso non è nuova per l’Italia. Risalendo al 1992, il governo guidato da Giuliano Amato aveva istituito un’imposta straordinaria sui depositi bancari e postali detenuti presso istituti di credito, un caso emblematico di questa pratica.

Il mese di luglio ha visto il ritorno dell’attenzione sul prelievo forzoso, poiché Matteo Renzi ha sollevato allarmi riguardo a una riforma fiscale che avrebbe potuto consentire all’Agenzia delle Entrate di accedere ai conti bancari per recuperare tasse e multe. Tuttavia, le sue preoccupazioni sono state chiarite nel corso dei successivi eventi.

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Maurizio Leo, viceministro dell’Economia, ha fornito spiegazioni ufficiali sulle intenzioni del governo riguardo al prelievo forzoso. Ha sottolineato che non è previsto alcun prelievo diretto dal conto corrente dei contribuenti, ma piuttosto un processo accelerato di riscossione in base alle norme esistenti.

Le modifiche legali

La discussione sulla riforma fiscale ha portato alla revisione dell’articolo 16 della Legge Delega, che inizialmente prevedeva l’automazione della procedura di pignoramento dei conti correnti. Tuttavia, la versione finale ha adottato una prospettiva più equilibrata, enfatizzando la semplificazione delle procedure e la tutela dei debitori.

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Restano le precedenti modalità: il pignoramento del conto corrente può essere notificato dalla Agenzia delle Entrate in caso di mancato pagamento di cartelle esattoriali. La legge pone due ordini di limiti al pignoramento del conto corrente con lo stipendio.
Le somme che si trovano già depositate al momento dell’arrivo del pignoramento possono essere pignorate solo per quella parte che eccede il triplo dell’assegno sociale. Le successive somme che vengono accreditate dal datore di lavoro possono essere pignorate sino a massimo un quinto.

I pignoramenti sui conti correnti sono già cambiati dopo l’approvazione della riforma Cartabia che ha modificato il processo esecutivo dei pignoramenti sui conti correnti, ma anche su case e altri beni con il nuovo sistema di ricerca telematica di beni e crediti da pignorare.

Il nuovo sistema di pignoramento sui conti correnti al via con la riforma Cartabia si basa sull’incrocio di tutti i dati in possesso delle diverse banche dati e permette agli ufficiali giudiziari di accedere alle banche dati dell’amministrazione finanziaria per cercare telematicamente i beni da pignorare, sia che si tratti di conti correnti e sia che si tratti di beni materiali.

Tuttavia, come fa notare il sito www.businessonline.it il paradosso del sistema avviato dalla nuova riforma Cartabia che avrebbe dovuto rendere più rapido e certo il pignoramento, rendendo al tempo stesso le riscossioni più rapide da parte di debitori, è che a distanza di mesi non è ancora operativo il sistema di incrocio dei dati necessari per trovare i possibili beni da pignorare.