Ritorni duraturi dalle obbligazioni

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A livello globale l’inflazione sta gradualmente diminuendo, l’economia rallenta ma rimane lontana dalla recessione, e il mercato del lavoro si raffredda pur mantenendosi su livelli elevati: tutto fa pensare a un «atterraggio morbido» dell’economia dopo l’euforica fase post-COVID. A questo punto la probabilità di una recessione negli Stati Uniti appare bassa. Qualche difficoltà in più la potrebbe incontrare l’Europa, come evidenziato dagli ultimi indicatori riguardo ai servizi e dalla frenata tedesca. Anche la Cina sta attraversando una fase complessa, ma grazie agli stimoli fiscali e monetari varati di recente dovrebbe avvicinarsi a una crescita del 5%. Si tratta di uno scenario tutto sommato positivo e migliore delle aspettative di inizio anno.

In questo contesto la performance delle obbligazioni è però rimasta sotto tono, anche per via dell’aumento del prezzo del petrolio e dei conseguenti timori riguardo all’inflazione. Dall’inizio dell’anno i ritorni dei titoli di Stato sono stati inferiori all’1% per gli Stati Uniti e al 3% per la zona euro.

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I rendimenti rimangono elevati e, a mio avviso, rappresentano un’occasione da cogliere anche attraverso bond di buona qualità con scadenze a medio termine. Infatti, le obbligazioni di buona qualità hanno poche probabilità di perdere valore e, man mano che l’economia rallenta e l’inflazione scende, gli investitori inizieranno a posizionarsi per una riduzione dei tassi d’interesse, che ne dovrebbe far aumentare le quotazioni. Per quanto riguarda il mercato azionario, il forte andamento delle borse da inizio anno è stato guidato da un aumento dei multipli (per esempio
il rapporto prezzo/utili) più che da un aumento degli utili, soprattutto nel mercato statunitense e nel campo della tecnologia, che ha beneficiato delle aspettative sull’intelligenza artificiale.

Le fasi di cambiamento tecnologico schiudono sempre opportunità per gli investitori orientati al lungo termine, ma spesso si creano anche eccessi valutativi. Siamo positivi su alcuni temi specifici come il cloud e l’utilizzo dei dati e su alcuni segmenti dell’intelligenza artificiale, ma in generale vediamo maggiori opportunità nei settori più tradizionali. Abbiamo una preferenza per il settore dell’energia, in considerazione del miglioramento del quadro economico e dell’aumento atteso del prezzo del petrolio per via dell’atteggiamento di alcuni tra i principali Paesi produttori. Siamo positivi anche sui beni di prima necessità, sulle utility che rappresentano una porta d’ingresso sul tema della sostenibilità, e su alcuni titoli industriali.

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Come posizionarsi quindi nei prossimi mesi? A mio avviso, oggi è importante trovare il giusto equilibrio per un portafoglio. In gran parte degli scenari che abbiamo preso in considerazione, sia il mercato azionario che quello obbligazionario potrebbero produrre ritorni positivi nei prossimi 6-12 mesi. Tuttavia, è il mercato azionario a presentare maggiori rischi e per questo
preferiamo le obbligazioni di buona qualità. Di certo non mancano le aree di incertezza: la geopolitica, l’inflazione che risulta ancora superiore ai target delle banche centrali, i possibili rialzi del
prezzo del petrolio e il posizionamento stesso degli algoritmi di trading, per citarne alcuni.
Infatti, negli ultimi mesi, il mercato azionario ha mostrato un livello molto basso di volatilità. Dato che la volatilità è il principale elemento che determina il posizionamento degli algoritmi, è probabile che questi automatismi abbiano accumulato un’elevata esposizione al mercato azionario. Tuttavia, questa esposizione potrebbe essere ridotta in risposta a eventi imprevisti, con il consueto effetto (temporaneo) a cascata.

Ma le opportunità di costruire ritorni duraturi per i prossimi anni non mancano e, con il giusto equilibrio tra le diverse asset class, questi rischi dovrebbero essere gestibili in un’ottica di medio termine.