Recessione, quattro rischi da monitorare

Alvaro Sanmartin, Chief Economist, Amchor IS -

Continuiamo a prevedere un atterraggio morbido per la grande maggioranza dei paesi. È molto probabile che l’economia statunitense rallenti e inizi a crescere un po’ al di sotto del potenziale prima della fine dell’anno. Continuiamo a ritenere che l’Eurozona possa ottenere una crescita positiva, anche se moderata, a partire dal quarto trimestre. La crescita leggermente inferiore al potenziale sia negli Stati Uniti che in Europa, unita ad aspettative di inflazione che rimangono ben ancorate e a un’immigrazione che sta aumentando l’offerta potenziale, creano il contesto adatto per un calo significativo dell’inflazione core entro la metà del prossimo anno su entrambe le sponde dell’Atlantico.

Tali sviluppi sia nell’attività che nei prezzi dovrebbero indurre sia la Fed che la Bce a non aumentare nuovamente i tassi di interesse in questo ciclo, anche se, come il mercato sta imparando a sue spese nelle ultime settimane, è molto probabile che i tassi rimarranno alti ancora per un po’ di tempo. Riteniamo che la Cina mostrerà un certo miglioramento nell’ultima parte dell’anno e riteniamo anche che il Giappone sia sulla strada giusta per stabilizzare l’inflazione intorno al 2%. Dopo aver preso atto di quanto sopra, approfondiremo un po’ i rischi “economici” che potrebbero far deragliare la nostra view.

I rischi da monitorare

Il primo dei rischi riguarda la possibilità che il recente spostamento verso l’alto dell’intera curva dei tassi reali finisca per generare una debolezza economica maggiore di quella che ci aspettiamo, forse al punto da spingere le principali economie più o meno immediatamente in recessione. Il secondo rischio è un eccesso di forza della domanda aggregata, in particolare nel caso dell’economia statunitense. La sequenza degli eventi potrebbe essere la seguente: la crescita potrebbe rimanere al di sopra del potenziale; stando così le cose, ci sarebbero poche ragioni per aspettarsi cali sostenuti dell’inflazione core e non sarebbe irragionevole che i salari potessero ricominciare a salire. Di fronte a tutto ciò, le banche centrali non avrebbero altra scelta che riprendere i rialzi dei tassi. Il risultato potrebbe essere una recessione a partire dalla metà del 2024. Il terzo rischio per il nostro scenario riguarderebbe un possibile shock negativo dell’offerta, magari associato a un rapido aumento del prezzo del petrolio. Infine, un altro rischio che non possiamo trascurare di menzionare è quello associato a un’eventuale perdita di fiducia del mercato nella sostenibilità del debito pubblico in alcuni paesi. Se ciò dovesse accadere, potremmo assistere a un significativo inasprimento delle condizioni finanziarie che, a sua volta, renderebbe molto difficile per le economie interessate evitare di entrare in recessione.

Market view

Obbligazioni governative: preferiamo continuare a puntare sulla parte breve della curva (fino a 2 anni), almeno fino a quando non vedremo qualche segnale di rallentamento dell’attività economica statunitense. Nell’Eurozona riteniamo che si debba mantenere un atteggiamento cauto sul debito periferico, in attesa che i Paesi più indebitati siano in grado di produrre strategie di consolidamento fiscale ragionevolmente credibili. Per quanto riguarda il Giappone, la nostra previsione rimane che il rendimento a 10 anni tenderà a salire sensibilmente tra 6-9 mesi.

Azioni: continuiamo a credere che il segmento di mercato value/ciclico (comprese le banche europee) dovrebbe fare meglio di quello growth/difensivo. Dal punto di vista geografico, alla luce di quanto sopra e dei livelli di valutazione relativi, preferiamo i mercati europei e asiatici a quelli statunitensi.

Credito: preferiamo le obbligazioni societarie perché nel nostro scenario macro i tassi di default non dovrebbero aumentare troppo. In ogni caso, dato che gli spread non sono particolarmente elevati, riteniamo sensato combinare l’esposizione al credito con posizioni ben selezionate in obbligazioni governative emergenti in valuta locale.

Valute: puntiamo solo su un’esposizione molto moderata al dollaro, perché riteniamo che il rallentamento degli Stati Uniti arriverà presto. Visti i buoni segnali che il Giappone sta generando, riteniamo che lo yen possa essere una buona copertura per il resto dell’anno. Per il resto, manteniamo una visione positiva su valute come la corona norvegese, il dollaro neozelandese e il dollaro australiano; continuiamo, inoltre, ad apprezzare le valute dei paesi emergenti con una buona governance macro e prospettive di crescita economica favorevoli.