I rendimenti dei Titoli di Stato USA crescono, ma è solo l’inizio

-

A ottobre le azioni globali sono calate per il terzo mese consecutivo, mentre l’oro ha guadagnato terreno in un clima caratterizzato da rischi geopolitici, una stagione degli utili sotto pressione e tassi in aumento. I rendimenti dei Titoli di Stato statunitensi hanno avuto l’ennesimo incremento, trainato però dal tratto a lungo termine della curva.

Tassi USA: siamo già alla fine?

A nostro parere, il sell off è stato dovuto alla costante forza dimostrata dall’economia statunitense, evidenziata da dati molto solidi sull’occupazione, robuste vendite al dettaglio e una crescita che ha superato le aspettative, con un incremento annualizzato del PIL pari al 4,9% nel terzo trimestre, così come un premio a termine più elevato. Data l’incertezza riguardo l’inflazione e i timori sull’offerta, gli investitori hanno richiesto una contropartita maggiore. Ma la scorsa settimana, questi fattori di inquietudine si sono in parte attenuati, grazie ai dati pubblicati a inizio novembre che si sono dimostrati più deboli del previsto. Vi è stata anche una sorpresa positiva in termini di emissioni, con il Tesoro che ha infatti deciso di concentrare le sue maggiori esigenze di offerta sulla parte anteriore della curva. Inoltre, la soglia psicologica del 5% ha finora agito come una sorta di barriera.

Riteniamo che gli attuali rendimenti dei Titoli di Stato statunitensi siano interessanti in un’ottica di medio termine. Dopo quello che è stato il ciclo di inasprimento più aggressivo degli ultimi decenni, è nostra opinione che la politica monetaria non abbia ancora finito di dare tutti i suoi frutti, per cui il percorso disinflazionistico proseguirà anche nei prossimi mesi. Per quel che riguarda l’evoluzione della curva, tradizionalmente questa si è spesso irrigidita dopo l’ultimo rialzo da parte della Fed. Crediamo che sarà così anche in questo ciclo e, sebbene sia già avvenuto un significativo irripidimento (sovraperformance della parte anteriore) dopo l’ultimo rialzo (ad oggi), crediamo che tale dinamica possa strategicamente continuare. Sul breve termine siamo più cauti dopo la recente sottoperformance del tratto più a lungo termine, poiché alcuni di questi movimenti potrebbero invertirsi.

Tuttavia, la volatilità si conferma elevata e, per un rally più sostenuto, potrebbe essere necessaria una distensione su tale fronte.

Debolezza strutturale del dollaro USA

Tradizionalmente, il contesto più negativo per il dollaro statunitense è quello di un irrigidimento al rialzo del segmento a 2-10 anni, che a nostro avviso è lo scenario più verosimile. Anche un appiattimento rialzista è di solito un fattore sfavorevole per il biglietto verde. Poiché, al momento, ulteriori sorprese restrittive sembrano essere sempre meno probabili, riteniamo che questo sia un interessante punto di ingresso in quella che è (ancora) una posizione leggermente contrarian, con il dollaro che è diventato molto ricercato negli scorsi mesi.

Per quanto le metriche di valutazione siano in genere indicatori poco affidabili della performance valutaria a breve termine, una sopravvalutazione in termini di PPA avvalora comunque la nostra visione di lungo periodo. A nostro parere si tratta di un trade strutturale di più lungo termine. Al momento, ci stiamo posizionando sul dollaro rispetto all’euro o allo yen, con la BoJ verosimilmente in procinto di procedere a una graduale normalizzazione e il biglietto verde che ha perso slancio rispetto alla valuta dell’Eurozona, in seguito alle dichiarazioni del FOMC e ai dati economici più deboli.

Più costruttivi sul credito

Siamo diventati più costruttivi sul credito investment grade europeo e statunitense e sull’high yield credit europeo, ma rimaniamo molto prudenti sull’high yield credit USA. In uno scenario di soft landing, con i tassi obbligazionari che performano bene la volatilità che si è stabilizzata, il credito Investment Grade dovrebbe registrare un rally. L’asset class dovrebbe essere sostenuta da valutazioni interessanti, con spread leggermente superiori alle medie quinquennali, rendimenti complessivamente interessanti, una buona qualità del credito e fattori tecnici favorevoli (minore offerta nelle prossime settimane e maggiore domanda di carry da parte degli investitori).