Risparmiatore, assicurazioni e previdenza

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La recente indagine annuale sul risparmio di Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi contiene alcuni interessanti spunti di riflessione in ambito assicurativo e previdenziale. Un primo dato interessante è che la quota di ricchezza detenuta in forma liquida ha toccato nel 2023 il 48 per cento, in aumento dal 44 per cento nel 2022. L’accentuata preferenza per la liquidità , viene sottolineato, non è un comportamento coerente, in presenza di inflazione: la scelta razionale sarebbe affrontare il rischio di investimento e una migliore alfabetizzazione finanziaria formale potrebbe accelerare l’apprendimento delle strategie più idonee. Il dato può essere letto in modo combinato con l’osservazione per cui il 33 per cento del risparmio è stato effettuato a scopo precauzionale (per le varie incertezze esistenti).

Si evidenzia allora un atteggiamento sostanzialmente di autoassicurazione che trova conferma in un livello di sottoassicurazione. La maggior parte degli intervistati non possiede né unʼassicurazione per coprire spese mediche (86 per cento), né unʼassicurazione vita o pensione integrativa (68,1 per cento), dati perfettamente in linea con quanto riscontrato dallʼOCSE nel 2020, secondo cui la spesa dellʼItalia in premi assicurativi diretti risultava più bassa del 29,2 per cento rispetto alla media dei Paesi sviluppati. Pochissimi hanno stipulato una polizza di qualunque tipo; tuttavia, emerge in parte lʼintenzione di stipularne qualcuna, principalmente per perdita di immobile, responsabilità civile, copertura kasko.

Per quel che riguarda gli aspetti previdenziali l’Indagine riconosce agli italiani una buona cultura di base. Fra gli intervistati, quasi tutti conoscono la natura del finanziamento a ripartizione del nostro sistema, indipendentemente da genere, età, area geografica o livello di istruzione. Circa il 45 per cento del campione ritiene che la pensione dovrebbe basarsi sullʼ applicazione di un sistema contributivo che tenga conto anche dellʼetà di pensionamento. Si noti che il numero è sostanzialmente invariato rispetto alla precedente Indagine. Tuttavia, circa il 40 per cento è in forte disaccordo con lʼinnalzamento dellʼetà minima di pensionamento, mentre più del 90 per cento sarebbe disposto a rinunciare fino al 10 per cento del proprio assegno pur di andare in pensione con due anni di anticipo rispetto alla data prevista.

La cultura della previdenza integrativa, invece, non decolla. Solo il 15,6 per cento ha infatti sottoscritto un fondo pensione, sia esso negoziale (ossia di categoria), ovvero un fondo pensione aperto a tutti, ovvero un piano integrativo pensionistico o una forma assicurativa di tipo pensionistico. Continua a essere poco conosciuta la possibilità di impiegare nei fondi pensione fino a 5.164 euro del proprio reddito imponibile,
senza pagare imposte su questo investimento e usufruendo, al momento della rendita, di una tassazione del 15 per cento sulla futura pensione integrativa. Le motivazioni principali di coloro che hanno giudicato questa opportunità poco o per nulla interessante sono la mancanza di risparmi da destinare alla pensione integrativa (33,1 per cento), lʼavere altre priorità (22,2 per cento), lʼessere in età avanzata (21,8 per cento).