FPCGI. Fondo Pensione Complementare dei Giornalisti Italiani. Rendimenti positivi

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Articolo a cura di Edmondo Rho

Consigliere d’amministrazione del Fondo 
Coordinatore della Commissione Patrimonio e Finanza 

FPCGI. Rendimenti del Fondo: positivi nel breve e lungo periodo

Dopo il difficilissimo 2022, segnato da forti perdite per tutti gli investimenti finanziari, il Fondo pensione complementare dei giornalisti italiani (FPCGI) è tornato in zona largamente positiva nell’ultimo anno. Il Fondo segna nel 2023 un rendimento, sui dodici mesi, di +7,06% per il comparto ‘Lungo Termine’, di +5,75% per il comparto ‘Medio Termine’, di +3,41% per il comparto ‘Breve Termine’ e di +0,99% per il comparto ‘Garantito’. Questi risultati netti, aggiornati al 31 dicembre scorso, si possono confrontare col Trattamento di fine rapporto (TFR) che ha reso +1,61% netto nello stesso periodo.

La buona performance del 2023

Vanno messi in rilievo due elementi: il primo, che la buona performance del 2023 si è realizzata soprattutto negli ultimi mesi dell’anno, contraddistinti dalla ripresa dei mercati azionari e obbligazionari. Il secondo elemento è che il TFR accantonato in azienda, in base alla legge italiana, è rivalutato ogni anno dell’1,5% fisso più una percentuale del 75% del tasso d’inflazione calcolato dall’ISTAT sui prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati: ciò significa, in pratica, che negli anni di bassa inflazione il TFR dovrebbe rendere di più rispetto al carovita, mentre il rendimento ‘reale’ di fatto si riduce negli anni di inflazione maggiore. Tre esempi per spiegare:

  • in un anno con inflazione al 4% il TFR rende il 4,5% (cioè 1,5% fisso più 75% del 4%, che fa 3%)
  • in un anno con inflazione al 10% il TFR rende il 9% (cioè 1,5% fisso più 75% del 10%, che fa 7,5%)
  • in un anno con inflazione al 20% il TFR rende il 16,5% (cioè 1,5% fisso più 75% del 20%, che fa 15%)

Questi risultati ‘sicuri’ del rendimento del TFR accantonato in azienda, spiegano la titubanza di molti lavoratori – e anche molti giornalisti dipendenti – a conferire il loro TFR ai Fondi pensione che investono in azioni e obbligazioni quotate sui mercati finanziari. Ma questa titubanza può essere infondata nel lungo periodo, considerando anche la quota di contribuzione aggiuntiva versata dal datore di lavoro.

Risultati positivi dopo un pessimo 2022

Prima di esaminare i rendimenti di lungo periodo, comunque, va ricordato che i risultati positivi del Fondo nell’ultimo anno sono arrivati dopo un pessimo 2022, nel quale (per l’effetto concomitante della guerra in Ucraina, dell’aumento dei prezzi dell’energia e dell’impennata dell’inflazione) sono purtroppo andati male sia gli investimenti azionari, sia quelli obbligazionari, trascinando al ribasso le quotazioni di tutti i fondi pensione. Infatti, secondo un’analisi di MF-MilanoFinanza nel 2022 i fondi pensione negoziali italiani (come il nostro) hanno segnato un risultato mediamente di -9,8% (al netto dei costi e della tassazione) mentre il TFR netto ha dato +8,3% di rendimento, sicuramente ragguardevole anche se inferiore al rialzo del costo della vita in un anno di alta inflazione. Però nell’ultimo anno c’è stato un forte anche se parziale recupero: sempre secondo l’analisi di MF-MilanoFinanza nel 2023 i fondi pensione negoziali hanno reso mediamente +6,5% battendo nettamente il TFR netto che, come detto, ha reso +1,61%.

Orizzonti temporali più lunghi

Quali sono invece i rendimenti su orizzonti temporali più lunghi, e quindi più coerenti con le finalità del risparmio previdenziale? Nel Fondo giornalisti, i rendimenti storici degli ultimi 20 anni (i nostri comparti, all’epoca chiamati ‘Mix’ e ‘Prudente’, furono creati nel 2003) confermano la bontà dell’investimento nella linea con maggiore componente azionaria: infatti il comparto dapprima chiamato ‘Mix’ e ora è il Lungo Termine segna al 31 dicembre 2023 una performance ventennale del 75,18%, pari a un rendimento annualizzato del 2,84%, mentre nello stesso periodo il TFR si è rivalutato del 63,38%, pari a un rendimento annuo del 2,48%.

Un altro vantaggio dato dall’adesione al Fondo consiste nel versamento del contributo a carico del datore di lavoro, che il giornalista dipendente invece perde se decide di non aderire al Fondo, lasciando il suo TFR in azienda: la Funzione Finanza (che è affidata all’Inpgi) del nostro Fondo ha calcolato, facendo l’esempio di una retribuzione lorda annuale media di 26.820 euro, che con un versamento a carico del giornalista dipendente di soli 27 euro all’anno, dal 31 dicembre 2003 al 31 dicembre 2023 investendo nel comparto ‘Lungo Termine’ si arriva a un patrimonio nel Fondo di 59.243 euro, con un rendimento annuo pari a + 3,95%, e si tratta di ben 8.769 euro in più rispetto al TFR lasciato in azienda che dà un totale di 50.474 euro, con un rendimento annuo pari a + 2,57%.

Questi risultati storici dimostrano che, in base alle statistiche nel lungo periodo, il Fondo pensione – in particolare nel comparto lungo termine, con un maggiore investimento azionario – batte il rendimento del TFR. Ma è opportuno spostarsi su un comparto a maggior contenuto azionario? La scelta dipende dall’età – conviene in particolare ai più giovani – e la prudenza è d’obbligo, considerando l’incertezza a livello geopolitico globale: all’attacco di Putin all’Ucraina del 2022 è seguito quello di Hamas a Israele del 7 ottobre scorso, con la successiva risposta israeliana a Gaza e con le altre tensioni e guerre in corso, in particolare tra Medio Oriente ed Europa dell’Est.

Inoltre, va ricordato che le regole del nostro Fondo permettono il passaggio da un comparto all’altro solo una volta all’anno, nel mese di maggio: quindi gli iscritti eventualmente interessati a farlo dovranno aspettare il periodo previsto nel maggio 2024. Gli uffici del Fondo restano comunque a disposizione per ogni ulteriore richiesta di chiarimento o necessità di approfondimento.

Nota aggiornata al 19 gennaio 2024