Le parole dell’anno: pragmatismo, semplicità e multi-asset

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Il nuovo anno finanziario è cominciato sotto il segno del realismo, i tagli attesi della Fed sono passati da sette a cinque, i rendimenti sono saliti, i corsi azionari sono scesi, si è rafforzato il dollaro. L’inflazione è più o meno dove ci si aspettava che fosse e fa un po’ meno notizia, l’attenzione si è ora spostata al mercato del lavoro, il dato dei nuovi occupati rilasciato venerdì scorso ha scosso la narrativa di fine anno. In dicembre i 216.000 nuovi posti di lavoro creati hanno superato le attese di 168.000, probabilmente il dato verrà corretto al ribasso come nei due mesi precedenti, in ogni caso il mercato del lavoro non sembra spingere la Federal Reserve ad accelerare verso il primo taglio dei tassi. Anche l’inflazione salariale non aiuta, la retribuzione oraria media è aumentata dello 0,4% mese su mese e non mostra segni di rallentamento. Se con il mercato del lavoro dovessero “tenere” anche i consumi, non ci sarebbero le condizioni per una inversione a breve della politica monetaria, i mercati obbligazionari, molto ottimisti nelle ultime settimane dell’anno, dovranno riconsiderare la situazione.

L’ampiezza dei movimenti dei rendimenti del 2023 potrebbe continuare nel 2024; nei portafogli sono tornate, a buon diritto, le obbligazioni di qualità a lunga scadenza nella prospettiva di un calo dei rendimenti ma è bene essere preparati alla fragilità delle aspettative e, come nell’anno appena trascorso, al veloce cambiamento delle narrazioni. Il mercato sconta tagli aggressivi dei tassi ma ciò che farà davvero la Fed è tutt’altra cosa.

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La volatilità dei mercati sarà alimentata anche dal grande ciclo elettorale globale del 2024. Andranno alle urne oltre quattro miliardi di persone, circa il 54% della popolazione mondiale, 76 paesi che rappresentano quasi il 60% del PIL globale. Saranno vere e libere elezioni in 43 paesi. La polarizzazione e le tendenze nazionaliste e populiste in corso da anni complicano il quadro politico generale e avranno implicazioni di lungo termine per i singoli paesi, per le alleanze sovranazionali, per lo scenario economico globale, per le politiche di contrasto al riscaldamento del pianeta. Il super ciclo elettorale comincerà in gennaio a Taiwan, la posta in gioco è naturalmente il rapporto con la Cina che ritiene la riunificazione con l’isola “storicamente inevitabile”. Le elezioni più grandi si terranno in primavera in India, paese con 1,4 miliardi di abitanti, ma quelle più importanti saranno le presidenziali negli Stati Uniti. Trump è avanti nei sondaggi, la sua eventuale affermazione cambierebbe radicalmente le prospettive della guerra in Ucraina e in Medio Oriente, le relazioni con i paesi europei e con la Nato.

Delle “parole dell’anno” commentate nel primo numero dell’Alpha e il Beta del 2023, un paio possono valere anche per il 2024: pragmatismo e semplicità. Il pragmatismo rimandava al necessario controllo delle emozioni e, tra tutte, dell’emozione più potente che è la paura. La paura è un’emozione primaria che ha consentito l’evoluzione di uomini e animali, l’esperienza del pericolo affina le reazioni per la sopravvivenza. Però, ricordavamo, quando si tratta di investimenti bisogna distinguere le paure “giuste” dalle paure “sbagliate”. La paura induce a non rischiare e, ad esempio, a tenere ampie porzioni di risparmio in liquidità, scelta che nel lungo periodo si rivela fallace.

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L’altra parola del 2023 era “semplicità”. Semplicità non nel senso di faciloneria o di “farla facile”, nella gestione dei risparmi non esistono scorciatoie: semplicità significa prepararsi a qualsiasi evenienza, entriamo in un anno in cui, come sempre, non sappiamo cosa accadrà ma sappiamo che qualcosa accadrà. Semplicità è ricordare che nel lungo periodo la superiorità dell’investimento azionario è formalizzata nella “costante” di Jeremy Siegel, semplicità è ricordare anche quello che diceva Graham, che “il peggior nemico dell’investitore è lui stesso”.

La terza parola del 2024 potrebbe essere “multi-asset”. I portafogli bilanciati multi-asset sono stati randellati nel 2022 dalle cattive performance di azioni e obbligazioni, battuti nel 2023 dalla performance concentrata delle azioni, il 2024 potrebbe essere l’anno del riscatto, del ritorno del valore della diversificazione, efficace antidoto contro l’incertezza. Il ciclo di rialzi dei tassi è probabilmente terminato ma la cabala dei tagli attesi è appena iniziata e, come ricordavamo sopra, se consumi e mercato del lavoro negli USA resistono, i tassi potrebbero restare alti più a lungo di quanto si pensi oggi. Sono tornati i rendimenti reali, l’inflazione in discesa e la fine dei rialzi dei tassi dovrebbero generare rendimenti più bassi, le obbligazioni tornano preferibili alla liquidità.

Le condizioni finanziarie stanno tornando verso la normalità dopo due decenni di politiche monetarie straordinarie che hanno schiacciato i rendimenti obbligazionari. A rendimenti più alti corrispondono premi al rischio delle azioni ai minimi storici, almeno negli Stati Uniti. Ma se consideriamo l’effetto concentrazione, e togliamo le Big Seven dall’indice, anche le valutazioni azionarie appaiono in linea con la loro media. In definitiva, il portafoglio multi-asset si presenta con le carte in regola per gestire le aree di incertezza che abbiamo ricordato e fare leva sulle condizioni finanziarie che si stanno delineando:

  • si attenuano le pressioni sui prezzi, le banche centrali si apprestano a invertire la rotta delle politiche monetarie, la liquidità smette di essere una possibile opzione;
  • le obbligazioni sono tornate competitive; la crisi delle banche regionali negli Stati Uniti e la vicenda del Credit Suisse sono stati duri colpi alle obbligazioni societarie e subordinate tornate a loro volta attraenti;
  • prosegue il momento favorevole delle azioni sostenute dall’ipotesi dell’atterraggio morbido, dal contesto dei tassi e dalle prospettive degli utili, i settori favoriti sono ancora la tecnologia e il lusso (megatrend).