Cina: L’anno del drago

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Per l’economia cinese l’anno del drago è iniziato con qualche difficoltà. Probabilmente lariduzione dell’indebitamento nel settore privato cinese proseguirà, frenando la crescita del Paese e minando la stabilità dei prezzi. La decisione del governo centrale, nel 2021, di dare un giro di vite al settore estremamente indebitato delle società di sviluppo immobiliare, ha decretato la fine del modello di crescita basato sul debito e trainato dagli investimenti, che la Cina aveva adottato nel 2008 con il varo di un pacchetto di stimoli da 4.000 miliardi.

Non riteniamo che il real estate potrà stabilizzarsi nei prossimi 12-18 mesi in assenza di misure fiscali e monetarie importanti. Di conseguenza persisteranno le pressioni sia per le imprese, in particolare per le società private di sviluppo immobiliare, che per le famiglie, a vendere le rispettive proprietà per ridurre l’indebitamento, provocando un indebolimento della domanda complessiva e pressioni deflazionistiche sull’economia.

Il governo centrale ha aumentato l’emissione di obbligazioni e si è assunto una quota maggiore della spesa per infrastrutture e progetti di riqualificazione urbana, ma l’attuale portata degli investimenti ci sembra inadeguata. Per stabilizzare il comparto immobiliare e arrestare il processo di deleveraging del settore privato potrebbero servire un incremento dei finanziamenti e un maggiore allentamento delle politiche macroeconomiche da parte di Pechino.

Ad un primo sguardo gli attuali problemi della Cina presentano delle analogie con quelli delGiappone all’indomani dello scoppio della bolla immobiliare degli anni ‘90, ma ci sono delle differenze sostanziali.

In primo luogo, in Giappone i prezzi degli immobili hanno evidenziato un vero e proprio boom per poi crollare, danneggiando i bilanci aziendali. In Cina, i prezzi del real estate sono in fase di correzione ma restano elevati, e le aziende più colpite dalla crisi sono prevalentemente le società private di sviluppo immobiliare maggiormente indebitate.

In secondo luogo, le ingenti perdite delle società giapponesi avevano gravemente intaccato la qualità degli asset e la base di capitale del sistema bancario nazionale, provocando una crisi sistemica durata diversi anni. Il sistema bancario cinese si protegge da tempo contro l’esposizione al real estate derivante dai prestiti a famiglie e imprese.

Sebbene si preveda una diminuzione della qualità degli asset, la situazione dovrebbe essere gestibile e non rappresentare un pericolo per l’intero sistema bancario.

La settimana prossima

La prossima settimana conosceremo i dati più recenti sull’inflazione nelle economie dei G3. Si inizia martedì con l’indice dei prezzi al consumo (CPI) di gennaio relativo al Giappone, giovedì sarà la volta del deflatore dei consumi personali (PCE) degli Stati Uniti per il mese di gennaio e venerdì si conclude con le stime del CPI di febbraio per l’area euro.

Lunedì conosceremo l’andamento delle vendite di case nuove negli USA a gennaio, per il quale il mercato si attende un incremento mensile del 2,4% dopo l’aumento dell’8% del mese precedente. Sarà inoltre pubblicato l’indice dell’attività manifatturiera USA della Federal Reserve di Dallas per il mese di febbraio, utile per valutare la recente robustezza del settore manifatturiero negli Stati Uniti.

Martedì usciranno il CPI e CPI core del Giappone per il mese di gennaio, che daranno un’idea della resilienza delle pressioni sui prezzi in seno all’economia nazionale. Si tratta di dati molto importanti per fare congetture sulle tempistiche della normalizzazione della politica monetaria da parte della Banca del Giappone. Negli Stati Uniti sarà comunicato l’andamento mensile preliminare degli ordini di beni durevoli di gennaio, per il quale il mercato prevede un calo del 4% contro la crescita dello 0% del mese precedente. Conosceremo inoltre l’indice della fiducia dei consumatori USA del Conference Board per il mese di febbraio, che in base alle previsioni dovrebbe scendere di 0,1 punti percentuali (pp) a quota 114,7.

Sempre negli USA, per giovedì sono attesi il deflatore del PCE complessivo e core di gennaio, per il quale il mercato si aspetta una crescita mensile resiliente, rispettivamente dello 0,3% e dello 0,4%. Tali dati saranno determinanti per capire quando la Federal Reserve potrebbe iniziare a tagliare i tassi. In Giappone usciranno inoltre i dati di gennaio su vendite al dettaglio e produzione industriale.

Venerdì nell’Eurozona saranno pubblicate le stime per il CPI di febbraio, a nostro parere rilevanti per valutare i prossimi interventi sui tassi della Banca Centrale Europea. Negli USA sarà invece reso noto l’indice manifatturiero ISM di febbraio, che secondo il mercato resterà invariato a quota 49,1.