Dal soft landing americano alla crescita giapponese

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La fine del 2023 ha fatto segnare, negli ultimi due mesi dell’anno, il rally più importante in un contesto non recessivo della storia dei bond americani, con rendimenti in calo dell’1.2% contestualmente ad una performance dei mercati azionari del 16% sull’indice S&P. Non sorprende, quindi, che il mese di gennaio abbia fatto segnare il passo con un incremento marginale dell’1.5% sull’indice S&P e una correzione, seppur contenuta, sul fronte obbligazionario.

Anche alla luce dell’improvviso cambio di rotta della Fed del mese dicembre, ci troviamo oggi ad abbracciare lo scenario del soft landing, ovvero di un dolce rallentamento dell’economia americana rispetto ai timori di qualche mese fa di un rallentamento più marcato, se non addirittura del rischio di una recessione tecnica, definita come due trimestri di crescita negativa nel corso del 2024 negli Stati Uniti. Jerome Powell, confortato dai progressi sul fronte dei prezzi, ha ristabilito il ritorno al doppio mandato della Fed, ovvero stabilità dei prezzi e piena occupazione, dopo aver insistito a lungo sulla priorità assoluta della lotta all’inflazione.

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L’ottimismo iniziale dei mercati obbligazionari e monetari, sia sulla tempistica sia sull’entità dei tagli delle banche centrali per il 2024, è stato in parte ridimensionato alla luce delle indicazioni di fine gennaio delle banche centrali, la Federal Reserve in particolare, e a seguito dei dati macroeconomici negli Stati Uniti nel complesso migliori rispetto alle attese. Riteniamo ora più coerenti le aspettative dei tagli prezzate dai mercati, ovvero un primo taglio della Fed verosimilmente tra maggio e giugno, avendo il presidente Powell espressamente scoraggiato le aspettative di un taglio a marzo. È comprensibile la cautela della Fed nel contesto della sorprendente resilienza dell’economia americana: 3.3% la crescita nell’ultimo trimestre del 2023, e la sorpresa all’indomani della riunione della Fed del dato particolarmente forte sul mercato del lavoro nel mese di gennaio, anche se, con ogni probabilità, suscettibile a una significativa revisione al ribasso.

La stessa tempistica è ipotizzabile per il primo taglio della BCE, che, pur in un contesto di crescita debole, sembra volersi cautelare dal rischio di sorprese negative sul rientro dell’inflazione, attendendo i risultati dei negoziati salariali di fine aprile in Germania prima di procedere con il primo taglio dei tassi. Peraltro, l’esborso, nel 2024, di una quota sostanziale dei fondi del Next Generation EU e il rischio di un rincaro del petrolio nel quadro della crisi nel Medio Oriente sono ulteriori elementi di rischio nel processo di rientro delle dinamiche inflazionistiche in Europa. Di qui la prudenza manifestata recentemente da Philip Lane e Isabel Schnabel, membri influenti del direttorio della BCE.

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Spostando l’attenzione sulle dinamiche asiatiche, segnaliamo la continua delusione sul mercato cinese. La violenta correzione di inizio anno del mercato azionario ha sortito risposte dal governo centrale cinese con misure di stimolo solo incrementali, che hanno un impatto relativo rispetto alla necessità di interventi risolutivi – in gergo finanziario “bazooka” –, ovvero misure aggressive, peraltro utilizzate in passato in contesti simili, che possano dare una svolta alla crisi immobiliare e riportare la fiducia degli investitori esteri su un mercato difficilmente investibile nel contesto attuale.

Sull’altra sponda dell’Asia, in Giappone, prosegue invece il trend economico e finanziario positivo iniziato l’anno passato, attirando incrementalmente gli investimenti esteri e il rientro di quelli domestici d’oltreoceano. Gli anni, anzi i decenni, di deflazione e di crescita asfittica sembrano superati, e la Banca del Giappone appare oramai pronta ad abbandonare di qui a breve la politica dei tassi negativi. Aprile è lo scenario più probabile, senza escludere la possibilità di un anticipo a marzo.

Per quanto riguarda i mercati finanziari possiamo fare queste considerazioni: l’eccessivo ottimismo prezzato a fine 2023 dai mercati obbligazionari globali rispetto alle attese sull’entità e la tempistica dei tagli delle principali banche centrali è stato, come segnalato, parzialmente corretto. Nei mesi a venire, i mercati continueranno a prestare attenzione ai dati relativi all’inflazione, ricalibrando, se necessario, le aspettative sui tagli delle banche centrali, ma riteniamo che, incrementalmente, l’attenzione degli operatori si sposterà sul tema della crescita.

L’Europa, in questo contesto, sarà al centro dell’attenzione, laddove una crescita asfittica – 0,1% il PIL europeo nell’ultimo trimestre del 2023 – rischia di subire ulteriori contraccolpi da fattori esterni, in particolare dalle implicazioni dei rischi geopolitici e dalla debolezza della Cina. L’ottimismo dei mercati finanziari sullo scenario del soft landing è oggi sicuramente apprezzato in particolare sui mercati azionari, pur con i necessari distinguo fra i diversi settori dovuti all’esplosione del tema dell’intelligenza artificiale.

Assumendo che le dinamiche sull’inflazione proseguano nel processo di normalizzazione, saranno eventuali sorprese negative sul fronte della crescita a cui dovremo fare attenzione. Se tale scenario dovesse manifestarsi, i mercati azionari e del credito potrebbero subire perdite anche consistenti, compensate però da guadagni, anche importanti, dai bond governativi, che tornerebbero a svolgere il loro ruolo di diversificazione degli attivi rischiosi, perso a più riprese nel periodo inflazionistico degli ultimi 18 mesi.