LGIM: Forza dell’economia Usa anche merito degli immigrati

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La resilienza dell’economia statunitense è stata una sorpresa per molti economisti, inclusi noi di LGIM, che sono stati presi in contropiede da un supporto fiscale enorme e, in alcuni casi, persino non voluto, da un elevato tasso di risparmio delle famiglie, dalla costante ripresa dei settori non ciclici a seguito della pandemia e dal fatto che gli shock di offerta sono stati superati piuttosto agilmente; un evento che ha consentito alla Federal Reserve di rivedere le sue prospettive sulla politica monetaria.

A questa lista di fattori bisogna però aggiungere anche l’immigrazione, che ha visto aumentare considerevolmente i flussi in direzione degli Usa, non solo a causa di un trend secolare, ma anche della ripresa del fenomeno a seguito dei lockdown e della politica adottata dal governo in carica, la quale permette anche a chi si presenta alle frontiere senza permesso di circolare sul territorio americano in attesa che un tribunale si esprima sulla legittimità del soggiorno. Questo sistema ha generato un grande ammontare di casi nelle corti e si stima che il tempo di giudizio si aggiri attorno ai quattro anni; uno scenario che ha incentivato ancora di più le partenze verso gli States.

Ma come mai questo fenomeno influisce nella crescita degli Stati Uniti? Semplicemente, perché mentre i richiedenti asilo aspettano che venga pronunciata una sentenza possono comunque cercare lavoro. Inoltre, le recenti politiche dell’amministrazione Biden hanno accelerato il rilascio dei permessi di lavoro per accelerare l’uscita dei migranti dai centri di accoglienza; ne è un esempio quanto osservato a settembre, quando le autorità americane hanno garantito protezione e autorizzazione al lavoro a mezzo milione di venezuelani, in fuga dalle difficoltà che sta attraversando il loro paese. Questa impennata dell’immigrazione, che il CBO stima a 3,3 milioni di persone nell’anno fiscale del 2023 (ma che verosimilmente sono state molte di più), ha contribuito a riportare in equilibrio il mercato del lavoro locale nonostante i dati sull’occupazione fossero molto rigidi, andando a occupare le posizioni rimaste scoperte e scongiurando quella recessione che solitamente è necessaria per ridurre la pressione salariale.

Dai valori emersi nel paragrafo precedente e facendo delle ipotesi verosimili sulla partecipazione dei migranti alla forza lavoro, si ottiene che l’ammontare complessivo delle buste paga potrebbe crescere di circa 200mila dollari al mese, ovvero il doppio di quanto gli economisti avevano precedentemente stimato. Inoltre, non bisogna dimenticare che l’aumento dei migranti non si ripercuote solamente sull’offerta di lavoro, ma anche sulla spesa dei consumatori, la quale, secondo il Brookings Institute, nel 2023 sarebbe stata inferiore di due decimi se non ci fossero stati questi flussi.

L’immigrazione sembra destinata a rimanere forte anche nel corso del 2024 ed è superfluo dire che avrà un ruolo cruciale anche nella campagna elettorale per le elezioni presidenziali di novembre. In particolare, potrebbe essere una spiegazione della scarsa popolarità del presidente uscente, Joe Biden, nonostante il paese goda di un’economia molto solida.

Se i repubblicani dovessero ottenere la Casa Bianca e la maggioranza al Congresso, possiamo attenderci provvedimenti molto più severi verso i nuovi arrivi negli Usa, ma anche dazi doganali più alti e maggiore deficit di bilancio, necessari per estendere il taglio delle tasse voluto da Trump. Tutto ciò, si tradurrebbe in una pressione inflazionistica maggiore.